Tiraccampare – A volte ritornano

16 Gennaio 2012

Raffaello Ugo

In quel tempo Biscottino, il saggio sovrano di centrosinistra di Tiraccampare, viveva nel grande palazzo al centro del regno e da lì governava con lungimiranza e prudenza. Quella mattina aveva a lungo riflettuto sul fatto che in tutti i casi della vita c’è sempre una logica superiore alla quale dobbiamo riferirci per essere in armonia col creato. Per questo aveva fatto trasferire  le ultime sei annate di Tex al ripiano sottostante della libreria in modo che stessero vicino alle precedenti sei annate. I servi erano ancora impegnati a spolverare e rassettare secondo le oculate indicazioni del sovrano quando all’improvviso nel palazzo di Via Roma entrò trafelato un messaggero che portava un’ambasciata del re Selargio I di Selargia, il regno confinante con Tiraccampare. Il re Selargio era conosciuto come uomo crudele e doppio e, in effetti, era proprio una bella carogna. Quando incontrava un albero per strada ci sputava sopra, poi ci faceva la pipì e quindi lo faceva strappare dai suoi sgherri proprio come hanno fatto davanti al Brotzu.
Biscottino conosceva la fama di Selargio e aveva anche letto il libro che Selargio aveva scritto da giovane intitolato “La pesca d’altura con le bombe a mano” e tutto avrebbe voluto tranne avere a che fare con lui. Ma Selargio era anche molto amico di Murjia, la muffa del palazzo, e spesso si incontrava con Gnagnoff, l’agronomo del regno, per organizzare oscure trame contro gli esseri viventi. Nella missiva Selargio consigliava Biscottino di dare immediatamente l’ordine di strappare dal parcheggio del Brotzu gli alberi che ricadevano nel regno di Tiraccampare poiché gli davano noia e che se non lo avesse fatto in fretta se ne sarebbe occupato lui stesso e a modo suo.
Biscottino era molto coraggioso ma erano le sue ginocchia che non ne volevano sapere di smettere di tremare. Fece chiamare la muffa e quando questa si presentò così disse:
– Murjia, amico mio, mi è giunto or ora questo dispaccio del Re Selargio, gran brav’uomo che Dio l’abbia in gloria, che mi chiede di effettuare l’eliminazione di questi alberi. Ma non li avevamo già giustiziati un paio di mesi fa davanti al popolo nella piazza di San Benedetto? Com’è che ce ne sono altri?
Murjia strisciò lungo il muro nella parte più in ombra della stanza emettendo un lungo  lamento:
– Maestà stiamo facendo il possibile ma gli alberi non collaborano, si spostano nottetempo sulle loro rotelle spalleggiati da bande di ambientalisti, è difficile fare un censimento preciso. Inoltre gli ambientalisti ci mettono sopra certi cartellini facendo credere ai sudditi che gli alberi servono a qualcosa e che sono in pericolo. Arrivano a scrivere che moriremo tutti per via delle polveri sottili.
– Anatema su di loro! tuonò Biscottino che aveva capito poco ma che comunque voleva dare l’impressione di tenere sotto controllo la situazione. Abbatteteli insieme agli alberi gridò agitando in aria un pugno minaccioso mentre con l’altra mano si teneva la corona che ballava un po’.
– Sarebbe un’ottima cosa, maestà, ma questo potrebbe creare qualche problema con gli animalisti.
– Chiamate immediatamente Gnagnoff! Disse il re con piglio risoluto.
Il kirghiso Gnagnoff, che era rimasto per tutto il tempo ad origliare dietro la porta, attraversò veloce lo sportellino del gatto e si sedette, cercando di incrociare le gambe, davanti al re.
– Mio fido Gnagnoff tu sei un agronomo e quindi anche un uomo colto disse Biscottino battendo affettuosamente sulla testa del kirghiso che lo osservava ansimante e con la lingua leggermente estroflessa, riunisci gli assessori competenti, andate a vedere di che si tratta e torna al più presto a portarmi buone notizie. L’agronomo si voltò rapido, attraversò nuovamente lo sportellino del gatto e scese di corsa le scale in parte saltando i gradini e in parte rotolando, riunì diversi assessori, all’urbanistica, al verde pubblico, all’urbanizzazione e mobilità, all’ambiente e tanti, tanti altri e li portò tutti col pulmino a vedere gli alberi rimasti al Brotzu.
– Orrore! disse l’assessore all’urbanistica.
– Orrore! Ripeté quello dell’ambiente.
– Santo Cielo! Esclamò quello del verde pubblico.
– Perbacco disse l’urbanizzatore.
Gnagnoff tornò quindi di corsa dal re e gli raccontò trafelato e felice che gli assessori avevano già fatto tutti la pipì sugli alberi, ci avevano sputato sopra e tutti insieme avevano cominciato a legare le funi per tirarli giù nel tripudio generale dei sudditi. Dalle stanze del Brotzu i degenti si affacciavano e lanciavano su di loro fiori e carta igienica in segno di giubilo perché non sopportavano tutto quel verde ché gli ricordava i camici della sala operatoria e chiedevano a gran voce anche di aumentare il ticket per il parcheggio perché non volevano che i parenti e gli amici venissero a trovarli gratis e in continuazione.
Biscottino, che era buono, era così commosso dal racconto di Gnagnoff che quasi gli scendevano le lacrime dagli occhi, pensava agli alberi perché lui voleva bene a tutti e allora anche agli alberi e alle tartarughe di mare e ai carciofi senza spine e mai e poi mai avrebbe fatto qualcosa contro di loro.
E questa storia è comunque la dimostrazione lampante che per fortuna anche nel regno di Tiraccampare c’è un bel governo di professori eppoi l’assessore di centrosinistra ce l’ha detto anche a voce che tanto ne pianteranno altri di alberi lì, lì e anche lì… e anche più in là… e, sopratutto laggiù, in fondo a destra.

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