Europa. E’ possibile cambiare?

16 Maggio 2014
Manifestazione
Gianfranca Fois

Non sempre la coerenza è una virtù. Anzi nel momento in cui l’informazione radiotelevisiva si “occupa” dell’Europa la coerenza con cui continua a disinformarci è un vizio, un danno per tutti i cittadini. Gli esempi sono molteplici. Pensiamo allo spazio dato ai così detti euroscettici, lega, Movimento cinquestelle e Grillo in Italia e il movimento di Marine Le Pen in Europa e pensiamo invece allo scarsissimo spazio dato a chi crede nell’Europa, al suo mantenimento o al suo radicale cambiamento. Sfido qualunque lettore medio a ricordare un motivo per cui valga la pena andare a votare o a continuare a credere nell’idea di Europa, gli torneranno invece subito alla mente gli slogan antieuropeisti.
Sicuramente uno dei motivi è che gli slogan si ricordano più facilmente perché più semplici e perché, spesso, parlano alla pancia più che alla ragione e al cuore.
Sicuramente inoltre, a “sinistra”, l’arte della comunicazione è quasi sconosciuta ma molto è dovuto al fatto che i mezzi di informazione non hanno dato lo stesso spazio alle diverse posizioni. Discorso uguale per quanto riguarda i social network: facebook inondato da slogan antieuro e antieuropa, ma soprattutto twitter dove la numerosa presenza di politici e giornalisti accomunati da scarsa preparazione economica e finanziaria sta facendo sì che anche a sinistra circolino e si rafforzino sempre più idee diffuse ad arte che vedono nell’euro la causa di ogni male.
Ancora, vengono trasmessi in questi giorni dalle reti radiotelevisive alcuni spot sull’Europa con l’invito ad andare a votare, ma sono generici, non danno risposta al cittadino infelice, impaurito e frastornato da  informazioni che addossano la colpa dei suoi problemi all’Europa, ad alcuni paesi, particolarmente la Germania, e non a determinate scelte, vedi l’austerità e i sacrifici imposti dall’ideologia neoliberista, di determinati governanti, un esempio A. Merkel il cui partito appartiene, nel parlamento europeo, al gruppo popolare di cui fanno parte anche Forza Italia e Nuovo centrodestra.
Fortifica questo sentimento di solitudine e di sfiducia la mancata seria opposizione del gruppo socialista di Schulz di cui fa parte il PD. Senza contare che ci si è dimenticati che la crisi è arrivata soprattutto dagli Stati Uniti grazie ad una finanza rapace che una serie di leggi ha reso priva di controllo e di limiti.
Di questa mancanza o carenza di informazione si servono i movimenti euro scettici per chiedere un ritorno ai bei vecchi tempi degli stati nazionali con confini ben delineati e invalicabili, battenti una propria moneta, insomma una età dell’oro mai esistita.
Non solo ma nei vari paesi dell’Unione europea si stanno affermando movimenti di ispirazione fascista e nazista che a fianco a proposte propagandiste che fanno facilmente presa sugli elettori propongono interventi razzisti, spesso antisemiti e/o antizigani, disegnano un’Europa escludente, contraria alle tradizioni di tolleranza e di affermazione dei diritti di ogni persona, a qualunque sesso, lingua, gruppo etnico, religione, orientamento sessuale appartenga.
Contrastare questa tendenza è uno dei motivi principali che rendono importante andare a votare, anche per noi Sardi che siamo stati defraudati del diritto ad eleggere un nostro rappresentante, perché la posta in gioco è troppo alta. L’Europa potrà cambiare se noi manderemo a Bruxelles donne e uomini che abbiano un’idea d’Europa viva, includente, aperta alla modernità ma fedele ai propri irrinunciabili principi di uguaglianza, libertà e solidarietà.
Perciò ritengo importante, per sottolineare un impossibile e antistorico ritorno indietro agli stati nazionali di impronta otto-novecentesca, affrontare in modo sintetico proprio il tema dei diritti della persona.
I diritti che si sono affermati in Europa per poi estendersi in altri continenti nascono legati agli stati nazionali che li fanno propri e li inseriscono, in momenti differenti, nei propri ordinamenti costituzionali. Oggi però i problemi da affrontare non sono legati a un determinato territorio ma sono sovranazionali. Pensiamo soltanto al capitalismo finanziario e/o mafioso, alla rete, ai cambiamenti climatici.
In un sistema così globalizzato da alcuni anni si sta affermando la tendenza a costruire la rete dei diritti intorno alla persone e non ai cittadini di ogni singolo stato. E’ il fatto di essere una persona e non il cittadino di una nazione che dà il diritto di avere diritti, essi così non possono essere determinati dalle diverse legislazioni. E proprio in un’Europa organizzata in modo radicalmente differente l’osservanza dei diritti potrebbe avere maggiori possibilità di estensione a tutti i cittadini degli stati dell’Unione che vivrebbero più liberi e sicuri.
Tanti sono i temi discussi in Europa ma scarsamente affrontati in Italia. Fra questi mi sembra interessante la riflessione portata avanti dalle femministe italiane e, soprattutto, da quelle di area germanica riguardanti la cura.
La cura è “il lavoro del vivere” e interessa quindi tutte le attività, è creare relazioni tra le persone, tra donne e uomini che diano un senso al come si vive e ricerchino pratiche politiche che rispondano ai bisogni degli individui, rifiutando di essere sottomessi acriticamente alle leggi dell’economia di mercato. Si agisce così in prima persona, come dovrebbe avvenire in una democrazia sostanziale e come non succede quando il nostro unico momento di partecipazione democratica è quello del voto. L’idea di cura, che è molto più complessa e articolata, si apre anche all’accoglienza, perché un mondo che esclude, che rifiuta, fa nascere egoismi, razzismo, risentimento sociale, ingiustizia. L’Europa perciò deve farsi carico delle richieste che provengono dai suoi abitanti e non governarli in modo ottuso e miope chiedendo sacrifici e riforme che non migliorano la qualità della vita ma servono solo a difendere gli interessi del mondo finanziario.
Mi sembra una sfida per cui valga la pena confrontarsi e lavorare, per un’Europa che accetta l’alterità, si arricchisce con il pluralismo culturale, consapevole che ormai le questioni culturali, politiche ed economiche si intrecciano richiedendo nuovi equilibri, nuove risposte a questo mondo che, ci piaccia o no, è in continuo cambiamento.

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