21 ottobre. Statutaria da abrogare

1 Settembre 2007

Marco Ligas

Dopo anni di discussioni e rinvii, è stata approvata recentemente dal Consiglio regionale la legge statutaria che disciplina la forma di governo della Regione, le modalità di elezione dello stesso Consiglio, del Presidente e dei componenti della Giunta, nonché i rapporti fra gli organi della Regione. Questa legge indica inoltre le modalità attraverso le quali può essere sfiduciato il Presidente, i casi di ineleggibilità e incompatibilità, l’esercizio del diritto di iniziativa legislativa popolare e i referendum regionali. Considerati i tempi impiegati per la sua definizione, si deduce che la fase preparatoria non sia stata facile così come non è stato lineare il comportamento di alcuni consiglieri che prima hanno approvato in aula la legge e successivamente hanno promosso un referendum abrogativo, referendum che è stato accolto per cui si andrà al voto il 21 ottobre prossimo.
Non intendiamo qui esprimere valutazioni sui comportamenti di chi, da presidenzialista, si è fatto promotore di referendum abrogativi di leggi presidenzialiste ma più semplicemente ribadire e argomentare la nostra posizione già espressa in altre occasioni. Diciamo subito e senza mezzi termini che siamo favorevoli all’abrogazione della legge statutaria innanzitutto perché avversiamo il presidenzialismo, in qualunque forma si manifesti. Non riteniamo convincente l’idea che essendo questa la forma di governo più diffusa in occidente sia perciò la più democratica. Pensiamo che col presidenzialismo settori sempre più ampi delle popolazioni non solo disertino le scadenze elettorali che da sole rappresentano già un impoverimento del concetto di democrazia, ma si allontanino anche dalle esperienze partecipative,. Non a caso si è diffusa ulteriormente una sfiducia nei confronti delle istituzioni ritenute sempre più luoghi dei poteri, funzionali agli interessi di gruppi che poco si occupano dei bisogni dei cittadini, soprattutto di quelli che attraverso il loro lavoro, stabile o precario che sia, stentano a condurre un livello di vita dignitoso. È col presidenzialismo inoltre che si sono consolidati i privilegi di chi governa, a tutti i livelli, nazionale e locale. E i così detti costi della politica, in continua crescita, confermano questa tendenza. Insomma l’idea di dar vita a rapporti leggeri tra partiti e cittadini, delegando a élites sempre più esigue l’esercizio del governo, non è stata una scelta che ha potenziato la democrazia. Per un altro verso vediamo come anche la governabilità non sia affatto garantita dal presidenzialismo, e l’esperienza del nostro paese, dove c’è stata una moltiplicazione di gruppi e partiti anziché l’auspicata formazione di due formazioni tra loro alternative, lo conferma. Sappiamo bene che sostenendo questa posizione ci esponiamo alla critica di passatismo, sempre più ricorrente davanti alle mode emergenti, come se qualunque nuovo fosse di per sé espressione di rinnovamento o di crescita culturale.
Ma nel rifiuto della legge statutaria non c’è solo una ragione di principio; la contrarietà nasce anche dal contenuto specifico della legge, da quello che alcuni hanno definito un presidenzialismo forte, ossia un presidenzialismo che attribuisce al governatore un potere sproporzionato, non bilanciato da contrappesi adeguati. Se la direzione della politica generale della giunta e il coordinamento delle attività degli assessori rappresentano un compito connaturato al ruolo del presidente, la nomina e la revoca degli assessori senza adeguati confronti tra organi della regione e senza la manifestazione di condivisioni, delineano relazioni di dipendenza tra i membri dell’esecutivo e il venir meno del principio di collegialità che dovrebbe caratterizzare il funzionamento di un organismo democratico. Come potrebbe un assessore lavorare con serenità e autonomia (naturalmente all’interno di un organo che rispetta e pratica la collegialità) se si sente incalzato dal controllo di un presidente autorizzato ad escluderlo nel caso di diversità di opinioni? E il consiglio che ruolo dovrebbe svolgere all’interno di queste relazioni? Insomma ci sembra evidente in questa legge uno squilibrio che riteniamo debba essere corretto senza esitazioni. I vecchi saggi suggeriscono sempre prudenza e attenzione nelle interpretazioni delle leggi e invitano a tener conto del campo di variabilità delle interpretazioni. Ebbene nel corso di questo ultimo anno abbiamo avuto esempi concreti di dimissioni/licenziamenti di assessori regionali decisi dal presidente nel silenzio complice di chi è rimasto in giunta e nella impotenza dell’organo legislativo. Ci sembrano esempi concreti di ciò che potrebbe verificarsi ancora con una legge così concepita. Il fatto è che quando si attribuiscono poteri eccessivi al capo di un esecutivo non si fa un buon servizio alla democrazia perché vengono immediatamente ridimensionati valori come la collegialità e il consenso. C’è un altro aspetto importante su cui riteniamo opportuna una riflessione e riguarda il conflitto di interessi. Spesso le forze di sinistra conducono in modo incredibile le loro battaglie di principio: le indicano nei programmi elettorali e le dimenticano quando governano. L’esempio del conflitto di interessi che riguarda Berlusconi è clamoroso. Ebbene nella legge statutaria che discutiamo il caso Soru non si allontana poi tanto da quello nazionale. Il problema che coinvolge Soru viene affrontato con una soluzione dubbia e al tempo stesso poco rassicurante in quanto al presidente viene consentito di trasferire tutti i diritti e i privilegi connessi alle azioni di sua proprietà a un fiduciario, il quale acquista il controllo e la disponibilità delle azioni stesse senza che possa procedere però all’alienazione, divisione, ipoteca, vendita o modifica sostanziale delle azioni. C’è da chiedersi, e la risposta ci sembra negativa, se nella realtà un fiduciario possa davvero agire senza sentire il condizionamento del proprietario il quale, proprio in virtù del ruolo pubblico ricoperto, può orientare oggettivamente la gestione dei suoi beni.. Ecco, queste ragioni ci sembrano più che sufficienti per cancellare dal nostro ordinamento regionale la legge statutaria. Noi ci impegneremo attraverso l’informazione perché questo avvenga pur ritenendo limitato il tempo perché di queste cose si possa discutere diffusamente nella nostra Isola da qui al 21 ottobre.

3 Commenti a “21 ottobre. Statutaria da abrogare”

  1. Francesco Cocco scrive:

    Caro Marco, argomentazione chiarissima e puntualissima Credo sarebbe opportuna una buona dose d’indignazione, anche se non manca nel tuo articolo. Qui non è in discussione solo la formula di governo, ma la sfrontetezza di quei sedicenti “legislatori” che blindano i loro privilegi, consentono le scorribande nella cosa pubblica, aumentano il numero dei componenti la “casta”. Il Manifesto Sardo sta compiendo il suo dovere di strumento di democrazia. Il 21 ottobre dobbiamo dare una sonora sberla politica ai nuovi baroni dell’autonomia.

  2. Andrea Pubusa scrive:

    Cari compagni/e, amici/amiche,

    Nasce il comitato per il NO alla statutaria con l’impegno ideale di rilanciare una stagione di reali riforme democratiche di sviluppo e progresso per la Sardegna, per aprire anche sul fronte istituzionale un confronto aperto e partecipato sul futuro della nostra isola perché siano tutti i Sardi a governare e non un uomo solo al comando.
    Si può aderire semplicemente comunicando l’adesione a
    [email protected].

    Cordiali saluti.

    Per il Comitato per il No
    Andrea Pubusa

  3. Roberto Copparoni scrive:

    Sono molte di più le ragioni per dire no rispetto a quelle circoscritte, possibili e positive ragioni per dire il contrario.
    Roberto Copparoni
    Verdi Cagliari

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