La crisi senza fine

16 Luglio 2008

Anniversario
Cenzo Defraia

Con l’avvicinarsi dell’autunno le tre confederazioni sarde si preparano a lanciare un nuovo sciopero generale. L’ultimo mi pare sia stato fatto in dicembre 2007, di sabato! Le richieste generiche e molteplici riguardavano, allora, le problematiche del sistema industriale sardo: la crisi del tessile, di quel che rimane della chimica, dell’energia per la produzione delle fabbriche di Carbonia, della crisi del porto industriale, dello sviluppo della cosiddetta cantieristica in Arbatax, la lotta alla povertà. Le rivendicazioni erano già state avanzate nel ’97 senza che si trovasse alcun accordo né col Governo, né con la Giunta regionale. Ora si ricomincia, le richieste sono sempre le stesse ma, gli undici anni passati, non sono trascorsi invano. Il tessile è sull’orlo del fallimento, la chimica idem, sulla mancata riduzione dei prezzi dell’energia per le industrie energivore bisogna superare i veti dell’Europa. Secondo il Segretario regionale della CGIL, dichiarazioni all’Unione sarda del 12 luglio u.s., “E’ chiaro che siamo di fronte al rischio concreto della chiusura del ciclo d’industrializzazione iniziato nel ‘70” …. . La richiesta del Segretario è “ chiedo che ci s’incontri per discutere…”. Tutte problematiche che avrebbero dovuto incontrare lotte ben superiori e continue di uno sciopero annuale. Comunque si riparte. Il segretario generale della CISL chiede uno sciopero generale contro la povertà. Secondo uno studio della Caritas il 67% dei poveri sono tali perché disoccupati. Contro la povertà si sono fatte, in Sardegna, quattro marce. La povertà continua a crescere. Rifondazione comunista ha ripetuto, una marcia per il lavoro, dico ripetuta perché, il 13 aprile 1984, undici lavoratori erano partiti per una lunga marcia per il lavoro da Tortolì a Cagliari. Vi giunsero il 12 maggio, accolti da Luciano Lama e da oltre ventimila persone. Manifestazioni per il lavoro e scioperi generali per lo stesso non sono mai mancati in Sardegna. Il Segretario regionale della CGIL, pur riottoso,sembra alfine deciso a partecipare. La Giunta regionale ha l’8 luglio stanziato 26 milioni di euro (circa ventitré miliardi delle vecchie lire) per combattere la povertà. L’anno precedente lo stanziamento era stato di circa sei milioni di euro. Negli anni che vanno dal 1980 al 1990, sono stati fatti uno sciopero generale all’anno con relative manifestazioni a Cagliari. La Sardegna continua a non avere sviluppo e ai problemi antichi si aggiunge il dramma del precariato che nelle dichiarazioni dei segretari delle tre confederazioni è dimenticato. Sindacati e sinistra politica dimentichi del conflitto di classe, ci consolano con gli scioperi generali. Quel che rimane del fallimento del Piano di Rinascita sono i frammenti di uno sviluppo industriale imposto. Si pensi alla chimica, al tessile, all’energia, alla stessa chiusura dello stabilimento dell’Algida, alla crisi del porto industriale per il quale si sono spesi miliardi di euro. Una classe dirigente padronale renditiera ha fatto della Sardegna, con la complicità delle forze politiche e la subalternità dei sindacati, una terra di rapina. Il Presidente Soru e la sua Giunta non hanno mai avuto un progetto di sviluppo industriale e del lavoro. L’assessore all’industria, nonostante la sua specializzazione in politiche industriali distrettuali, non è stata in grado di sviluppare né il distretto tessile, né quello della chimica, né quello dell’alluminio. I sindacati sardi non sono mai stati capaci, dopo l’approvazione del piano di rinascita e il loro diretto coinvolgimento nel comitato di programmazione, di sviluppare e indirizzare con le lotte uno sviluppo economico e sociale diverso. Una volta ottenuta la cassa integrazione, e questa giunta ne ha elargito molto, i problemi passavano allo sciopero annuale. Sarà quindi quest’ultimo l’ennesimo sciopero generale che si svolgerà con un seguito d’iniziative locali concordate e continue sino al raggiungimento degli obiettivi o si darà una mano al nuovo idolo del turismo di massa o di lusso? L’unanimità attorno al G8 della La Maddalena non è incoraggiante. Il consenso della sinistra politica e di quella sindacale sono rivelatrici della loro subalternità.

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