Ce lo meritiamo Nanni Moretti?

1 Maggio 2011

Francesco Mattana

Verrebbe da chiedersi, parafrasando la sua famosa invettiva in Ecce bombo: ‘ce lo meritiamo Nanni Moretti?’. Può essere che non ce lo meritiamo, ma intanto meno male che c’è. Ora, non c’è bisogno che anche noi facciamo il peana di Moretti, dal momento che l’uomo non difetta certo di autostima. Però, a costo di accrescere il suo ego già strabordante, facciamoglielo sapere che a noi del Manifesto Habemus papam è piaciuto. Ci è piaciuta senz’altro l’originalità del soggetto, il modo in cui ha diretto gli attori, la scelta delle inquadrature e delle location. Ma soprattutto, ci è piaciuta la delicatezza con cui, da laico, si è accostato a un tema religioso così incandescente.
Si parla infatti in questo film di un Papa che, terrorizzato dal peso che sta per gravargli sulle spalle, non se la sente e scappa. Scappa proprio in senso fisico, scappa da quel balcone in cui di lì a poco si sarebbe presentato a una folla osannante. Ed è la fuga di un uomo, quella che vediamo nel film. Prima che la pellicola uscisse nelle sale, erano uscite molte indiscrezioni su questo film, quindi si sapeva più o meno di che parlava. Da laici, abbiamo sorriso immaginando che Moretti avrebbe imbastito sopra una situazione molto comica. Invece dopo aver visto il film, e aver scoperto che nell’insieme il dramma prevale sul comico, da laici abbiamo provato empatìa con questo Papa Melville, interpretato da un magistrale Piccoli.
Il volto dolente, ma pieno di dignità e tenerezza di Michel Piccoli, ci ha fatto commuovere. Proprio così, commuovere, un verbo che noi laici usiamo con parsimonia. Stavolta però è successo che ci siamo un pochino immedesimati nel protagonista. Protagonista che fisicamente ricorda Roncalli, ma che di Roncalli non possiede quello spirito genuino che lo spinse a dire subito di sì alla chiamata del Signore. Il Papa di Moretti, invece, è una figura psicologicamente più complessa. E noi, da laici, preferiamo sempre gli uomini che coltivano il dubbio, ai dispensatori di certezze. Ora, che ai laici piaccia una trama di questo tipo pare abbastanza scontato. La sorpresa è che anche ai piani alti della Chiesa, in molti hanno messo la faccia per dire ‘sì, mi è piaciuto’. Una piacevole sorpresa, intendiamoci, piacevole come ogni qualvolta si crea un fertile ponte di dialogo coi cattolici. Cosa dobbiamo concludere quindi, che alcuni cardinali stanno perdendo la testa, oppure che questo film ha la capacità di farsi apprezzare da persone con formazione culturale, e umana, differente?
Ovviamente la seconda conclusione. Il fatto è che Moretti la sa lunga, è una vecchia volpe che sa usare la chiave comunicativa giusta: con gli anni poi, ha affinato quell’intuito che gli permette di capire qual è la scelta artistica migliore da fare.
E così, in un’epoca di neocrociate in cui credenti e non-credenti si azzannano spesso fra di loro, il regista di Brunico ha capito che questo Papa sofferente, investito da una responsabilità che lo atterrisce, poteva dare emozioni anche agli spettatori credenti. Sì, poi ci sarà sempre qualcuno che dalle colonne dell’Avvenire scrive ‘boicottiamo questo film’. Ma il fatto che poi lo stesso direttore dell’Avvenire si sia affrettato a correggere il tiro, è la dimostrazione che anche fra i credenti praticanti nessuno trova una motivazione sensata, una sola, perché questo film debba essere boicottato! I film di Moretti fanno rumore ancor prima di uscire, ma lui si dimostra vero stratega della comunicazione quando poi, in sala, ti ritrovi davanti un film diverso da come te lo immaginavi.  Era già accaduto col Caimano, del resto. Ci si aspettava chissà quale feroce filippica contro il premier, e invece anche in quel caso tutta la trama era incentrata su un uomo in difficoltà, un artista che ha fra le mani un soggetto spinoso (la vita di Berlusconi), e cerca dentro di sé il coraggio per farlo diventare un film. Insomma i grandi temi-la Morte, la Politica, la Religione-sembrerebbero solo un pretesto che Nanni usa per parlare dell’Uomo. L’Uomo di fronte all’abisso: nella ‘Stanza del figlio’, l’abisso della perdita del figlio maschio; nel Caimano, l’abisso di una carriera artistica sull’orlo del fallimento; In Habemus papam, l’abisso più profondo di tutti: un uomo che non se la sente di diventare Vicario di Cristo. Un uomo che, dentro di sé, si sente ancora ‘umano troppo umano’.
E le spalle di un uomo solo sono troppo gracili per caricarsi il peso di una tradizione cattolica millenaria. Da quel che abbiamo detto fin qui, l’impressione è che questo film sia solo una seria disamina di temi filosofici alti. La verità invece è che Moretti è Moretti, per cui i momenti comici sono tanti, e spalmati nella maniera giusta: il sarcasmo con cui sono descritti i cardinali strappa più di un sorriso.
Ma attenzione, è un sorriso che serve a controbilanciare l’insopportabile amarezza della situazione. Non è nello stile di Moretti far piangere gli spettatori a singhiozzi: quindi l’allegria di certe scene, come quella del torneo di pallavolo fra cardinali, è una scelta drammaturgica ben precisa, per farci uscire dalla sala felici di aver visto un film completo, in cui la tragedia e la farsa palleggiano fra di loro (per usare una metafora cara al regista). E in questo alternarsi di commedia e dramma, la presa di coscienza di Papa Melville, che nella vita Todo cambia. Come recita la bellissima canzone della colonna sonora. Cambia la Chiesa, cambiano gli uomini che vivono dentro la Chiesa.
E cambia anche Moretti. Che ora sì, vicino a un traguardo anagrafico importante, può gridarlo mentre passeggia con la sua Vespa: ‘sono uno splendido sessantenne’. Soprattutto dopo Habemus papam, ha tutte le ragioni per gridarlo.

2 Commenti a “Ce lo meritiamo Nanni Moretti?”

  1. Lucio Salis scrive:

    Bel pezzo. Complimenti.

  2. Tiziana Fois scrive:

    Io sarei tentata di dire che – no! Alcuni di noi Nanni Moretti non se lo meritano proprio – Uno che pensa! Uno che costruisce frasi semplici ma dense, sensate, in un’epoca nella quale si costruiscono periodi lunghi e vuoti, pieni di parole perdute al senso. Questo film di Nanni Moretti è colorato innanzitutto, e tenero, aggiungerei, non per la tenerezza che suscita un Papa poco adatto ma per la tenerezza che suscita “l’uomo” consapevole e solo. Dice Roberta De Monticelli in un articolo su il manifesto di domenica scorsa a proposito di questo film e del suo protagonista: “E’ l’uomo inutile e, insieme, limpido, oggettivo. […] Capisce lo stesso suo tormento di uomo inutile negli altri, nei bambini, nei ragazzi […] e nel capire tutto è come Cechov: divino per obiettiva pietà, cristiano senza saperlo, data questa sua tenerezza per il gabbiano ucciso in ciascuno di noi.”

    E’ un bellissimo film, belli e bravi (belli nel senso di bravi) gli attori scelti.
    Consigliata la lettura de “Il Gabbiano” di A. Cechov, al quale il regista pare si sia liberamente ispirato.

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