Notti padane. Papaveri e papere

16 Maggio 2011

Valeria Piasentà

Elezioni amministrative: Bossi a Varese e Bologna dichiara «la Lega ha il Paese quasi completamente nelle sue mani». E’ vero. I politici della Lega Nord hanno saputo far fruttare il gruzzolo di voti moltiplicandolo ben oltre i numeri effettivi, occupando – come un esercito silenzioso – i posti del sottogoverno locale e romano e hanno saputo imporre la propria ideologia forte agli aspetti più sensibili del sistema Paese, come la giustizia e la scuola. La Padania del 12 maggio titola a caratteri cubitali «Bossi: vinceremo ovunque», per raggiungere l’obiettivo l’esiguo esercito leghista deve strategicamente sommare diversi incarichi (e stipendi). E ora, dopo aver insediato le grandi regioni del Nord, mira ad aggiudicarsi quella che  definisce  come ‘quarta gamba’: l’Emilia, per spandersi verso sud con un movimento di colonizzazione del territorio agito con costanza e metodo, dilagando con pazienza e perseveranza come un male oscuro.
Attivando la solita strategia ‘a tenaglia’ che alterna poltrone a gazebo. Alzando presidi nelle piazze dei paesi, come in tutto il cuneese per spiegare il federalismo al popolo. Così a Macerata, dove Luca Rodolfo Paolini parlamentare e segretario delle Marche, ha mostrato indubbie abilità fisiche in una maratona elettorale di 24 comizi, della durata variabile dai 10 ai 30 minuti, tenuti in 24 ore nei paesi della provincia. 
E chi era a Bologna sul palco con Bossi? il ministro Tremonti, un pdiellino che ora fa campagna elettorale con la Lega preparandosi per nuovi e più prestigiosi incarichi istituzionali? che si stacca dal suo partito e si adegua al linguaggio xenofobo leghista:  «Quando ho saputo che le primarie del centrosinistra le aveva vinte uno che si chiama Merola ho pensato di essere non a Bologna ma a Napoli. Bologna è sempre stata un crocevia, ora troppe persone vengono da fuori e un prossimo sindaco potrebbe chiamarsi Alì. Anzi, Alì Babà così i babbaà li dà a Merola». Napoli e il suo popolo, sui quali Borghezio recentemente ha detto «Buttiamo Napoli: dobbiamo stare lontani da quello schifo di città ».
Per non soccombere insieme al berlusconismo, la Lega ora si smarca dal Pdl presentandosi dove può con liste autonome; o dissociandosi da alcune dichiarazioni come l’attacco di Letizia Moratti al candidato del centrosinistra Pisapia. L’eurodeputato Matteo Salvini, che se vince il centrodestra a Milano potremmo trovare nel ruolo di vicesindaco, ha dichiarato «quello che mi preoccupa di Pisapia non e’ il passato ma il futuro, ovvero dove vorrà costruire la Moschea», e Bossi dichiara che non appoggerà l’ambiziosa candidatura di Berlusconi alla presidenza della Repubblica. Nel gioco del poliziotto buono e del poliziotto cattivo, i leghisti si sono messa la casacca dei moderati.
Anche Massimiliano Bastoni, amico di Borghezio e candidato al consiglio  milanese, con un manifesto che riprende l’asse di bastoni delle carte napoletane (ma qui è vagamente fallico), però ricordiamo tutti lo slogan del suo precedente manifesto elettorale: Bastoni contro l’immigrazione. Il ministro Maroni a Gallarate (Varese), in appoggio al candidato locale che si presenta contro il Pdl e alleato con i futuristi, avvalla la strategia politica locale giustificandola come un ritorno alle origini e una strada per il futuro. Lo stesso capita a Desio, dove la Lega brianzola si è dissociata dagli alleati  in  un  Comune  inquinato dalla ‘ndrangheta: «La Lega Nord ha scelto di correre senza certi alleati perché c’è da avere vergogna a stare ancora con loro» (Salvini). Intanto imperversa la cultura dell’odio: la magistratura ‘è un cancro’; agli insegnanti della scuola pubblica è aperta la caccia a carabina; il ministro Brunetta ribadisce «La sinistra mi fa schifo», qualcuno deve avvisarlo che il sentimento è reciproco e non solo il ministro è inviso al popolo schierato politicamente, ma anche a tanta gente comune come i concittadini di Venezia, che non l’hanno voluto sindaco della sua città.
La domanda cruciale è: come liberiamo l’Italia da questo stizzoso animale da poltrona politica? Anche la Lega non perde il vizio dell’insulto. Il candidato sindaco di Finale Emilia, Francesco Bellentani, denigra Rosy Bindi con un manifesto osceno corredato da fotomontaggio. Insulti su lenzuola stese hanno accolto 31 profughi nella piemontese Forno. Ma la Lega non si limita alla cultura dell’insulto, ora promuove quella del pugno in faccia. Nella sala consigliare  di Vigevano (Pavia), dopo aver cantato in coro l’affratellante  Inno di Mameli, sono volate bottiglie d’acqua fra rappresentati del Pdl e della Lega, poi un cronista locale è stato attaccato  nell’intento di espellerlo perché stava riprendendo la scena.
A Pavia, ancora nella sala del consiglio comunale, due leghisti si sono scazzottati e finiti in  ambulanza verso il pronto soccorso, scortati dai carabinieri. Dopo qualche ora uno dei due si ripresenta in ospedale: si è sentito male per le minacce e un nuovo tentativo di aggressione, questa volta del padre dell’avversario che un volantino anonimo indica colluso con la ‘ndrangheta lombarda. Si annunciano querele.  La nuova strategia leghista intercetterà molti voti in fuga dal Pdl a compensazione di quelli che  perderanno perché la base del partito non  accetta più  l’appoggio a Berlusconi e ai suoi vissuti come simbolo di corruzione politica e morale; e non ha gradito gli episodi di corruzione e nepotismo che hanno colpito alcuni  componenti della Lega in Lombardia.
La sinistra saprà approfittare dei disagi che agitano i partiti governativi? ricordiamoci che Mercedes Bresso ha perso in Piemonte anche (ma non solo, qui come in Lombardia stiamo sempre aspettando chiari pronunciamenti legali e politici sui clamorosi brogli elettorali del centrodestra) per la presenza del movimento dei grillini, che col suo 5% di voti ha fatto la differenza. Come la sta facendo ora Grillo in giro per il Paese. Ha mobilitato 20.000 persone a Torino, una folla mai vista a un comizio elettorale. La campagna elettorale del Movimento novarese è costata 2000 euro (a fronte dei 20 milioni spesi dalla Moratti a Milano) e il 1° Maggio Grillo ha portato davanti al castello 3000 novaresi – lo stesso numero del comizio di Bossi a Bologna, ma la differenza demografica fra le due città è evidente  – fra cui moltissimi giovani, riempiendo la piazza come nessun altro politico è riuscito a fare, in questa come in altre campagne elettorali.
A Milano il Movimento 5 stelle candida Mattia Calise, un ragazzo di 20 anni, e i ventenni votano.
Ma chi fra i nostri politici ‘tradizionali’ sa parlare con la stessa efficacia ai giovani e a tutto quel popolo, spesso in uscita dalla sinistra e comunque scontento come nei paesi della Val di Susa, che negli ultimi anni ha abbandonato i seggi?

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