Bellas mariposas

15 Settembre 2011

Francesco Mattana

Siamo veramente curiosi di scoprire come Salvatore Mereu ha reso in immagini la poesia di Sergio Atzeni. Di Mereu, finora, abbiamo avuto un’impressione positiva: un discreto e onesto artigiano, umile quanto basta per non dimenticare mai la sua terra, e ambizioso quanto basta da voler trasmettere anche oltre Tirreno i suoi messaggi in bottiglia. A questo punto vogliamo davvero metterlo alla prova: se riuscirà a superare un esame impegnativo come accostarsi con profitto alla scrittura di Atzeni, allora sì, godrà della nostra fiducia a tempo indeterminato.
Però deve sapere, caro Mereu, che noi del Manifesto sardo saremo dei giudici particolarmente severi. Innamorati come siamo del bardo di Capoterra, lei capisce che l’amore rende ciechi, possessivi, pure un tantino acritici. Comunque, le promettiamo che vedremo il film senza gli occhiali del pregiudizio, quel pregiudizio da innamorati che ci porterebbe a dire ‘Atzeni è unico e inimitabile, e guai a chi ce lo tocca’.
Poi con Bellas mariposas siamo particolarmente suscettibili, lo ammettiamo.
Queste farfalle (mariposas) del titolo, nel fiore della loro prima adolescenza piena di sogni, di paure, di titubanze, ci sono rimaste nel cuore, dal primo momento che abbiamo letto il racconto. Portiamo tra i nostri ricordi più belli queste due creature, Cate e Luna, e la loro dolce schiettezza di adolescenti che si affacciano alla vita, riuscendo a sognare nonostante la bruttura della periferia in cui vivono. O forse è proprio il fatto di vivere in quel degrado, umano e materiale, che le spinge a un sentimento di riscossa, di fuga, di ribellione. Sono due creature pure, di quella purezza che ci si può permettere solo a dodici, tredici anni.
Ma quando la genuinità di due adolescenti si scontra con una periferia piena di problemi, soltanto una penna talentuosa riesce a rendere efficacemente questo connubio. Ci voleva, insomma, la sensibilità di Atzeni. L’anima bella di Atzeni, scrittore orgoglio dell’Italia intera; che però, a pensarci bene, non poteva che finire la sua avventura terrena nel suo mare, nel mare che lui amava alla follia, e che tanto lo aveva ispirato. La morte è sempre una gran fregatura, ma la soddisfazione di aver realizzato, in poco più di quarant’anni di vita, capolavori come ‘Il figlio di Bakunin’ e ‘Passavamo sulla terra leggeri’, questa è una soddisfazione che in pochi hanno. Anzi, ce l’ha soltanto lui.
Ora capisce, caro Mereu, perché ci teniamo davvero che il suo film sia ben riuscito. Del resto lei queste cose le sa benissimo, è perfettamente cosciente della grandezza del modello con cui fa i conti.
Viviamo un periodo particolarmente felice per la narrativa sarda: i ‘continentali’leggono Milena Agus, leggono Niffoi, e si emozionano. Vogliamo davvero che a Roma, a Torino, a Canicattì, gli spettatori vedano il suo film, e scoprano che il linguaggio di Cate e Luna è un linguaggio universale, in cui anche loro possono identificarsi.
Vogliamo che i quartieri che lei ha scelto per le riprese – Sant’Elia, San Bartolomeo, Poetto, Piazza Repubblica -vengano valorizzati a pieno. E pazienza se un esercito di bagnanti le ha lanciato un po’ di maledizioni, per via del blocco del traffico che il suo film ha creato a metà agosto.
E’ tutta gente che, per quanto si sforzi di sciogliersi al solleone, continuerà ad avere il cervello come un gelone. Gente irrecuperabile, insomma: vorrà dire che il film loro non lo vedranno mai, e ce ne faremo tutti una ragione. La sfida è importante, caro Mereu: riuscire, forse per la prima volta, a restituire in tutta la loro bellezza e fotogenia queste piazze cagliaritane.
Del resto, se il lido di Ostia è stato in tante occasioni teatro per le riprese, forse il nostro Poetto ha qualcosa da invidiargli? E le periferie di Napoli, quella allegra vivacità delle strade, dove il ‘pazzariello’Totò incantava i bambini al grido di ‘attenziò, battagliò!’..Ecco, in una periferia come Sant’Elia non si respira forse un po’ di quella atmosfera festosa e fracassona?
E allora suvvia, facciamo lo sforzo noi sardi, una volta tanto, di non sottovalutarci sempre. Questa faccenda che loro sono i migliori, e noi al massimo possiamo ambire a una brutta copia, deve finire una volta per tutte. Parlavamo prima del successo della narrativa sarda oltre i confini isolani. Ebbene, se questa narrativa, in particolare nell’ultimo decennio, ha dimostrato con la forza dei numeri di essere protagonista indiscussa dell’editoria nazionale, proviamo a credere che anche il cinema possa seguire questa scia fortunata.
Gettiamo il cuore oltre l’ostacolo, perché forse è arrivato davvero il momento. Sono lontani ormai i tempi in cui gli impiegati indisciplinati per punizione venivano sbattuti in Sardegna. Ora, se un superiore ventilasse un’ipotesi simile, all’impiegato verrebbe l’acquolina in bocca per la voglia di andarci subito!
In conclusione, caro Mereu, ci perdoni se le abbiamo elencato una serie di cose che lei conosce a memoria. Però repetita iuvant. E poiché siamo sicuri che lei ama Atzeni quanto lo amiamo noi, siamo altrettanto sicuri che accetterà volentieri i nostri consigli. Consigli di gente forse un po’ all’antica, perché ci piace ancora il buon cinema e la buona letteratura. E ci mettiamo pure il dolo, perché siamo addirittura orgogliosi di essere all’antica

2 Commenti a “Bellas mariposas”

  1. Antioco Floris scrive:

    Un solo commento alla premessa. Perché stimo il regista Salvatore Mereu spero che sappia – e sono sicuro che lo farà – tradire abbastanza Atzeni per fare un buon film alla Mereu. Di Atzeni abbiamo già il bel racconto e questo ci basta. Non ci servono doppioni, né tanto meno imitazioni. Il film sarà bello se “funzionerà” come film, non se manterrà il contatto con Atzeni.

  2. Michele Cerusico scrive:

    abbiate fede lasciate lavorare Mereu e vedrete che ci sorprenderà andrebbe elogiato per il coraggio che ha nell utilizzare e dirigere interpreti alla loro prima esperienza

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