Per il manifesto

16 Febbraio 2012

Marco Ligas

Fateci uscire’, puntualmente potete leggere queste parole su ogni numero del manifesto sardo. Il riferimento è chiaro, parliamo del quotidiano e chiediamo ai nostri lettori, ma anche a coloro che si battono per la libertà di informazione, di sostenere il manifesto.  La crisi che attraversa attualmente è la più difficile della sua storia: il quotidiano rischia davvero la chiusura.
Più volte in passato ci siamo rivolti ai nostri sostenitori parlando delle difficoltà del giornale, dei pericoli di chiusura: pessima distribuzione, vendite modeste, accesso limitato ai canali della pubblicità, ritardi o rifiuti governativi nel versamento dei contributi previsti dalla legge sull’editoria. Senza dubbio anche noi ci abbiamo messo del nostro sottovalutando aspetti importanti. Oggi tutte queste complicazioni si sono accentuate, dall’indebitamento verso le banche ai ritardi con cui vengono pagati gli stipendi ai redattori. 
Tuttavia, nonostante le molteplici difficoltà, registriamo un aspetto incoraggiante: la determinazione con cui tanti amici e compagni ci invitano a non abbandonare il campo, a continuare l’impresa iniziata più di 40 anni fa. Ci viene ricordato che il manifesto è ancora uno strumento di grande interesse, autorevole e prestigioso e soprattutto libero; non deve rendere conti a nessun editore di quel che scrive e propone, deve farlo solo verso i suoi sostenitori. 
Queste valutazioni non sono di per sé sufficienti per uscire dalla crisi ma incoraggiano e suggeriscono un percorso che è opportuno seguire: ci dicono che non è ancora arrivato il momento di interrompere la pubblicazione del quotidiano e che bisogna trovare, anche inventandole, occasioni per coinvolgere nuovi lettori. 
Perciò è indispensabile allargare le aree di ascolto, incalzare di più tutte le associazioni e le organizzazioni di massa che apprezzano il manifesto ed esprimono nei suoi confronti giudizi lusinghieri, ricordare loro che gli apprezzamenti diventano evanescenti se non sono accompagnati da sostegni concreti come gli abbonamenti, l’acquisto giornaliero del quotidiano, le sottoscrizioni anche modeste (meglio naturalmente se consistenti!).  Consolidiamo, o creiamolo ex novo, il rapporto con le istituzioni democratiche e rivendichiamo una distribuzione più equilibrata della pubblicità.
Diciamo queste cose consapevoli di come non si possa parlare di libera concorrenza e al tempo stesso praticare forme di oligopolio che assegnano ai quotidiani più forti le percentuali più alte della pubblicità. Sollecitiamo i rappresentanti dei partiti democratici perché si impegnino con più determinazione, dentro e fuori le istituzioni, affinché vengano applicati questi criteri di equità. La stessa legge sull’editoria non può restare perennemente in sospeso costringendo le testate che si trovano in condizioni di precarietà alla cessazione delle attività. Contribuiscano gli stessi parlamentari, anche quelli in pensione, aderendo alla proposta di Valentino Parlato (mille per mille, mille euro da mille sottoscrittori).
Ci sono diverse ragioni per cui vale la pena non arrendersi. Ne indico solo alcune che ritengo fra le più gravi e che vengono ignorate o messe ai margini dai grandi mezzi di comunicazione sia della carta stampata sia della televisione. 
1) La rappresentanza operaia alla Fiat. I lavoratori iscritti alla Fiom non hanno più diritto di cittadinanza nelle fabbriche Fiat. Lo ha deciso Marchionne, la Costituzione esclude questo sopruso ma che importanza ha? L’uomo nuovo della globalizzazione ha deciso così perciò nessuno contesti!
2) Il numero dei disoccupati è in continua crescita, le aziende chiudono e investono dove i costi del lavoro sono più bassi, intanto aumentano i lavoratori precari. Quali sono le considerazioni del Governo sobrio? C’è troppa disparità tra i giovani e gli anziani, dicono, e l’articolo 18 alimenta questo divario, perciò aboliamolo! Forse ci è sfuggito che in Sardegna la Vynils e l’Alcoa sono state chiuse a causa dell’articolo 18. 
3) In diverse aziende le condizioni di sicurezza sono precarie. Talvolta è a rischio la salute dei lavoratori, in alcuni casi anche quella di intere popolazioni (Porto Torres, Porto Vesme, Quirra, ecc.). 
il manifesto è uno dei pochi giornali, talvolta l’unico, che dà notizia di queste vicende commentandole con puntualità e senza il timore dell’ostracismo dei poteri forti.  Solo per queste ragioni non può chiudere, perciò sosteniamolo.

Ecco la proposta (per abbonamenti o sottoscrizione) della redazione del manifesto con le modalità di pagamento:
Versamenti su Banca Sella, IBAN IT18U0326803200052879687660o c/c postale 708016 intestati a “il manifesto coop. ed. a r.l.”, Via A. Bargoni 8, 00153, Roma

LA LIBERTÀ IN POCHE BATTUTE

mille per mille
Mille per mille fa un milione. Di euro. L’obiettivo è ambizioso eppure è il minimo che dobbiamo tentare vista la situazione. Grazie ai nostri generosi lettori possiamo farcela. L’inizio è confortante. Noi ci siamo e anche voi ci siete. La sottoscrizione lanciata venerdì scorso è rivolta a mille lettori speciali che hanno la possibilità di regalarci mille euro a testa. Con un milione i nostri problemi non sarebbero risolti, ma avremmo fatto un grosso passo in avanti, probabilmente decisivo. Naturalmente nessuna obiezione da parte nostra a chi volesse sottoscrivere più di mille euro, e a chi l’ha già fatto mandiamo da subito un doppio – o triplo – grazie. Daremo conto ogni giorno dell’andamento della campagna. Che si affianca alla richiesta ai lettori «infedeli» di comprare il giornale quotidianamente in edicola (chi già lo fa può sempre regalarne una copia o lasciarla sul tram). E resta la possibilità di abbonarsi: per noi vuol dire poter contare su risorse certe, per voi è una grande prova di fiducia.

2 Commenti a “Per il manifesto”

  1. Andrea Pubusa scrive:

    Caro Marco,

    col pieno consenso di Gianna, Francesca e Paolo, ho deciso di partecipare alla “spedizione dei mille”.

  2. Marco Ligas scrive:

    Grazie Andrea,
    i compagni del manifesto apprezzeranno a partire da Valentino.

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