Decibel di lotta e di governo

1 Agosto 2012
Joan Oliva

Sognavamo
la fine prossima di questo mondo
e per affrettarne la sorte
abbiamo gridato per le strade,
urlato nelle piazze
parole bellicose,
fino al tramonto.
E reso inquieti i sonni dei borghesi.
Ma nel buio della notte,
cospirando sotto voce,
abbiamo perso la nostra battaglia.
All’alba, costretti al risveglio,
ci hanno catturato altre urgenze.
Ora ci accontentiamo dei tempi lunghi,
augurandoci magari
di goderne anche noi.
Tornati al nostro piccolo borgo natio
per ritrovare un po’ di pace
rivendichiamo la forza rivoluzionaria della quiete,
predichiamo la potenza costituente del silenzio,
poeticamente e politicamente,
vorremmo si facessero grandi le ore piccole.
Ma abbiamo diritto al riposo
noi guerrieri sconfitti?
Noi che siamo stati turbe nel sonno dei potenti?
Oggi espiamo la colpa in pubbliche veglie notturne.
I nostri sogni sono messi alla gogna.
La forma del massimo dileggio
ha preso un nome esotico: karaoke.
Per strada e nelle piazze si festeggia ancora
la vittoria del mondo sopravvissuto
ai nostri confusi sogni di un tempo.
E lo sgomento aumenta nel constatare
che i sogni per cui non si dorme
oggi sono lucidamente forniti
di una buona ragione economica.

Se ci mettessimo in viaggio
tutti insieme, clandestini
alla ricerca di un nuovo utopico approdo?

… sciabordio delle onde …

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