Una campagna senza frutti

1 Settembre 2012
Gianni Loy
A volte, immagino che i fatti si siano svolti secondo il dettame della Costituzione italiana, di quella del secolo scorso, che afferma che tutti i cittadini sono uguali indipendentemente dalle loro caratteristiche personali, quali razza, religione, opinioni politiche, tendenze sessuali, etc.
Magari non tutti, ma la grande maggioranza delle persone sa che nessuno, neppure l’autorità pubblica, ha il diritto di esigere informazioni relative a tali personalissime caratteristiche. Immaginate che un poliziotto, o un giornalista, vi chieda quale religione praticate, se siete omosessuali, a quale razza appartenete o magari, semplicemente,  per chi avete votato alle ultime elezioni politiche. La Costituzione, ovviamente, non si limita a proteggere la nostra sfera privata ma impedisce che anche laddove, per qualche motivo, alcune informazioni riservate siamo trapelate, di queste si possa tener conto.
Certo, nella realtà, non tutto fila così liscio. Della razza (cioè della etnia), ad esempio, non si dovrebbe ma, qualche volta, se ne tiene conto.  Un giudice tedesco, qualche anno fa, ritenendo che gli appartenenti all’etnia sarda possiedano una sorta di vocazione a delinquere, ha concesso, per questo motivo, le attenuanti al responsabile, sardo, di un delitto con conseguente  riduzione della pena.  Ricordo che il fatto ha provocato sconcerto, in Sardegna, molti sardi onesti si son sentiti offesi. Più recentemente, qualche giornalista, inavvedutamente, ha fornito su di un quotidiano tracce utili ad identificare l’abitazione di alcune famiglie appartenenti ad una etnia famosa per aver dato al mondo grandi artisti soprattutto nel mondo della musica, della recitazione, della danza e recentemente anche dello sport, grazie ad un formidabile regista che ha trascinato la propria nazionale  verso lusinghieri successi.  Magari con il rischio che centinaia di cittadini, mettendosi in fila per chiedere un autografo, potessero molestarle.
Ma la Costituzione italiana tutto questo non lo ammette e non lo tollera.
Ma ritorniamo ai fatti. Poco più di un mese fa, è stata dichiarata inagibile, per motivi sanitari,  un’area  della periferia cagliaritana dove abitavano, prevalentemente in roulotte, diverse famiglie di residenti nella citta di Cagliari. Oltre cento persone tra cui numerosi bambini e adolescenti quasi tutti nati in quell’agglomerato di abitazioni.
Devo subito dire che si è trattato di una scelta giusta, coraggiosa ed obbligata. Ogni aggettivo ha il suo significato. Giusta perché i principi del diritto (ed anche i suoi dettagli) non  consentono che persone (esseri umani portatori di diritti fondamentali, tra cui quello alla salute e ad una vita dignitosa) possano vivere dove questi diritti sono gravemente messi in pericolo. La logica, a ben vedere, è la stessa che ha interessato l’Ilva di Taranto e tante altre situazioni. Coraggiosa perché, sino ad ora, autorità di diversi ambiti (Comune di Cagliari in testa), pur “verosimilmente” al corrente della assoluta inidoneità abitativa di quell’area, (che non è mai stata neppure collaudata  al termine dei lavori, una ventina d’anni fa, per il semplice motivo che non avrebbe mai potuto essere dichiarata abitabile per insanabili vizi di costruzione) hanno messo la testa sotto la sabbia, nel migliore dei casi, o hanno speculato su tale situazione che, neppure questo si dimentichi,  favoriva l’affidamento di attività remunerate a società o associazioni che, spesso inutilmente, venivano chiamate ad intervenire. Coraggiosa, quindi, anche perché era certo che tale scelta avrebbe suscitato un vespaio. Ed anche obbligata, ma forse questa è una licenza poetica, perché credo che esistano autorità, a partire dalla magistratura, che hanno il dovere di far rispettare le leggi senza guardare in faccia nessuno. Ed io queste autorità, pur sapendo che potrebbero anche sbagliare, le rispetto e mi auguro che conservino soprattutto autonomia.
Del resto, non ho neppure affermato che il Comune non abbia sbagliato, credo che di errori ne abbia commesso, nondimeno la scelta rimane giusta e coraggiosa.
Evidentemente, se da un giorno all’altro (o da una settimana all’altra) si crea un’emergenza abitativa, come in questo caso, il Comune, come sempre è avvenuto, si preoccupa di trovare una soluzione abitativa transitoria ai propri “cittadini”. Immagino i lettori conoscano la differenza tra cittadinanza  e residenza.  La residenza, indipendentemente dalla cittadinanza, crea obblighi ed impone doveri a tutti coloro che abitano nel Comune (dal pagare le tasse a rispettare, tutte ed indistintamente, le regole vigenti nel Comune). A fronte di ciò comporta anche alcuni vantaggi, come quelli di godere dei servizi comunali, inclusa l’assistenza, soprattutto nell’emergenza, indipendentemente dalle situazioni  personali, dalla religione professata, dalle propensioni sessuali, dall’etnia etc.
Il Comune ha fatto ciò che doveva fare. Altre volte ha ospitato famiglie rimaste sulla strada, anche per anni, in locande. Questa volta ha cercato di trovare una soluzione rivolgendosi al mercato delle case sfitte (una montagna) scoprendo che per una incomprensibile ragione, i proprietari di case sfitte preferiscono tenerle tali piuttosto che affittarle al Comune o con la mallevadoria del Comune. Avrà sbagliato anche nell’approccio al tipo di ricerca, ma questo non è importante per comprendere il perché degli incendi che hanno infiammato la città ed il suo hinterland in questa calda estate.
Di fronte alla evidente difficoltà, ma quell’aerea era stata ormai sigillata e diverse famiglie si trovavano per strada, ha chiesto l’aiuto della Caritas, immagino per la pregressa esperienza di questa organizzazione nel trovare delle sistemazioni per i richiedenti asilo politico. Intanto mi pare apprezzabile osservare che l’8 per mille non va solo per il mantenimento del clero e vedere la conferma dell’impegno a tutto campo profuso da questa formidabile organizzazione di aiuto sociale che, per aiutarti,  non ti chiede neppure la conversione al cattolicesimo. Vangelo e Costituzione, in questo di non tener conto delle condizione personali per garantirti dignità, mi pare vadano molto d’accordo.
Ma in questa calda, pazza estate, è successo  di tutto, c’è passata anche la Caritas, immagino colpevole di aver “aiutato troppo”, fornendo abitazioni eccessive. Sarà perché la carità pelosa impone che chi viene aiutato deve mantenere almeno un po’ di disagio, perché sia chiaro che si tratti di persone “aiutate”. Curioso. Vedo tutti i giorni gente, altri residenti della città di Cagliari, che vive, con tutta evidenza,  ben al di sopra delle proprie possibilità senza che nessuno abbia niente da dire o si chieda come sia possibile.
E’ sembrato, quasi, che questi cittadini cagliaritani abbiano avuto, dal Comune, un trattamento più favorevole di altri  indigenti. Eppure è evidente  che costava di più tenerli dentro quell’area dove stavano prima. Eppure è noto, o dovrebbe esserlo, che la gran parte, almeno, delle somme spese per questi cittadini cagliaritani, non viene dalle Casse del Comune, ma arriva con destinazione esplicitamente finalizzata alla realizzazione di  servizi ad essi destinati.
Ed invece, in questa pazza estate, è sembrato, a leggere la prima pagina di qualche quotidiano, che il problema principale, in questo momento, sia quello di evitare che un Comune spendaccione alloggi i propri cittadini in difficoltà in case di lusso (vere o presunte), che qualcuno dei figli di questi  cittadini  cagliaritani non frequenti regolarmente o con profitto la scuola,  che qualche centinaio di metri quadrati di territorio alla periferia di Cagliari necessiti una bonifica che neppure Seveso…
Eppure l’evasione scolastica è una piaga ben più generale e diffusa in tutta la Sardegna. Di aree da bonificare non se ne parli. No. Non faccio finta di ignorare neppure l’altra incredibile accusa che vien fatta a questi cittadini cagliaritani, quella di delinquere. Cioè più di altri? Cioè la polizia non li persegue? La magistratura non li condanna? E perché riserverebbe a questi abitanti di Cagliari un simile trattamento di favore?
Eppure, qualcosa mi dice che questa volta, questa maldestra campagna di stampa che ha superato ogni limite di decenza, e che probabilmente, ha altre finalità, magari quella di attaccare il Sindaco, qualcosa mi dice che questa odiosa campagna nei confronti di alcune famiglie cagliaritane oggi in difficoltà, nonostante qualche post delirante ispirato a leggende metropolitane, non porti i frutti sperati e possa anche ritorcersi contro chi l’ha orchestrata.

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