Beni comuni e privatizzazioni

16 Settembre 2012
Giuseppe Ruiu*
Il modello che si intravede, per i Beni Comuni in Sardegna non è purtroppo quello di Syriza in Grecia. Semmai somiglia a quello di Samaras che mette in vendita le isole per far fronte alle condizioni finanziarie imposte dall’Europa e a quello delle politiche liberiste di privatizzazione del patrimonio pubblico di Monti e Berlusconi; del Governo Regionale che Il 23 luglio ha approvato le «Linee guida alla modifica del PPR» e ancora prima favorito la privatizzazione dei litorali con una disciplina delle concessioni demaniali ultra liberista e secondo alcuni anticostituzionale. Di Amministrazioni Locali, spesso ugualmente collocate politicamente, che fanno del “federalismo demaniale” e delle diverse mire private, uno strumento di consenso elettorale, non sempre trasparente.
In sostanza è, anche a livello locale, “l’ideologia del capitalismo che assume le forme di nuove enclosures” (Douzinas e Žižek), di chiudende del comune.
Il Prc di Dorgali ha promosso ad agosto del 2012 una petizione popolare per dire che le spiagge devono essere pubbliche e che: “siano sottratte da qualsiasi forma di privatizzazione, essendo ciò palesemente lesivo degli interessi pubblici della fruizione collettiva e siano tutelate in quanto beni comuni”.
Come in molte altre parti della Sardegna e dell’Italia, a Calagonone, una parte consistente del  litorale è occupato da strutture private, senza che vi sia alcun cartello a segnalare eventuali concessioni demaniali. La spiaggia di Palmasera è una spiaggia urbana, storicamente molto frequentata da residenti e turisti; che è stata oggetto, oltretutto, di vari interventi finanziati con fondi pubblici. Una privatizzazione strisciante e malcelata?, ci chiediamo; che da anni rende di fatto difficoltoso o impossibile l’uso pubblico e l’accesso ai comuni cittadini.
Nonostante il Piano di Utilizzo dei Litorali approvato dal Consiglio Comunale di Dorgali nel 2011, evidenzi forti limitazioni di natura tecnica e prescrittiva derivanti anche da norme regionali, ed escluda le Concessioni Demaniali nell’arenile; sia per la limitata ampiezza in rapporto agli abitanti e al territorio, sia per il rischio idrogeologico. Ciò nonostante, a sottolineare che si tratta, secondo noi, di un problema di trasparenza oltre che di organizzazione, la situazione è la stessa, sotto gli occhi di tutti, da alcuni anni.
Ma perchè mai preoccuparsi, di fronte a una crisi economica gravissima, di pochi ombrelloni che oltretutto danno pure lavoro?
Perchè proprio di questo si tratta, di rilevanti risorse economiche (servizi alla balneazione, aree archeologiche, monumenti naturali) che permettono e hanno permesso sinora a Dorgali, comune costiero della Sardegna, di sostenere il bilancio, il livello dei servizi pubblici e dell’occupazione.
Un piccolo sacrificio in cambio del lavoro, dice qualcuno, intanto noi diciamo che tutto andrebbe, semmai, almeno regolamentato in modo trasparente. Avanziamo molti dubbi sulle reali ricadute in termini di sviluppo. A cominciare proprio dalla occupazione, su cui pesa il ricorso sempre più massiccio alla manodopera globalizzata e l’imposizione di condizioni sempre più precarie e sottopagate.
Non solo, quindi, una reazione a una palese privazione di diritti d’uso di un bene publico.
L’iniziativa che proponiamo assume un significato e un valore, oltre che pratico, anche fortemente simbolico di difesa degli interessi comuni.
In contrasto alla sempre più diffusa depoliticizzazione della società; a una deriva populistica e affaristica dei partiti, sempre più “comitati d’affari” e portatori di interessi di gruppi economici e di potere e non certo di una reale partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Non si tratta solo di una limitazione di una fruizione di un bene, ma anche di una reale perdita economica per la comunità anche in termini di occupazione a vantaggio di pochi. Le stesse Amministrazioni non hanno fatto mistero, in passato, di voler favorire una partecipazione dei privati alla gestione di beni pubblici di rilevante interesse economico (grotte ad es.), guarda caso di quelli piu’ redditizi. Questi beni rappresentano una fonte importantissima di risorse che possono permettere al Comune di mantenere servizi e, una parte almeno, di stato sociale.
Il concetto di «comune», è la prospettiva per costruire un nuovo commonwealth contro la programmatica esclusione di interi settori della popolazione dall’attività economica e dalla partecipazione politica e per la difesa dello stato sociale (L’idea di comunismo di Costas Douzinas e Slavoj Žižek).
I beni comuni possano dar luogo a nuove e più avanzate pratiche di democrazia, (M. Madau, Manifesto sardo ). A partire anche dalle campagne che hanno portato al referendum sull’acqua bene comune e da esperienze locali.

*Prc Dorgali

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