Conti da fare

1 Febbraio 2013
Mario Cubeddu
Ancora ci si meraviglia che in Italia si possano tessere le lodi del fascismo e di Mussolini senza dover pagarne il conto in termini di credibilità e di voti. Beppe Grillo, uno che per qualcuno passa per una costola della sinistra, non a caso tenuto in considerazione da una lista “rivoluzionaria”, può impunemente intrattenere relazioni con dei nazifascisti come quelli di Casa Pound. Per i suoi elettori non c’è niente di male e cresce la percentuale di voti nei sondaggi.  Berlusconi può lodare Mussolini sapendo di toccare una corda sensibile del suo elettorato. Tutto questo non è casuale, come non lo era il fatto che esistesse in Italia un partito, l’M.S.I che, a partire dal nome, richiamava esplicitamente l’ultima e peggiore incarnazione del fascismo italiano, la Repubblica Sociale Italiana. Questo è certamente avvenuto anche grazie al consenso delle forze alleate e dei governi americano e inglese che vedevano la conservazione di un nucleo forte di politica postfascista come baluardo contro il pericolo comunista.
Diverso è stato il comportamento delle nazioni vincitrici in Germania, uno stato e una nazione rivoltati da cima a fondo per cambiarne tutto, sino alla memoria e al senso della propria identità.  In ogni caso le concessioni o i condizionamenti determinati dai vincitori non costituiscono una scusa, o una sostituzione, per tutto quello che un popolo avrebbe dovuto e potuto fare nel leggere in modo corretto il proprio passato e nel fare le scelte giuste per il futuro. Non ci sono scuse, l’Europa e l’America di oggi hanno diritto di scandalizzarsi per la leggerezza con cui l’Italia ha affrontato le responsabilità del passato. Spettava agli italiani fare i conti fino in fondo con la propria storia. E qui forse è opportuno parlare di come quella fase storica è stata letta, interpretata e immaginata dal senso comune degli italiani. A partire dalle forme linguistiche, al solito rivelatrici di significati occultati. Anche il presidente Napolitano nel suo appello accorato dei giorni scorsi ha individuato il grande male nel “nazifascismo”. Il nazismo appare in primo piano, il fascismo ne sarebbe una costola. Dimenticando che per primo è venuto il male italiano, modello poi per tante manifestazioni diffuse in varie parti d’Europa. E occultando le radici di ogni genere del fenomeno fascista, profondamente immerse nella storia italiana o legate alla contingenza delle conseguenze drammatiche della Grande Guerra.  Non essendo state individuate e tagliate, esse hanno continuato a far vivere il fenomeno, invece di sradicarlo. L’appassionato di storia che segue i documentari dal canale RAI specializzato in materia (non si può certo negare che in esso vi sia un’egemonia culturale di indirizzo almeno costituzionale, se non chiaramente di sinistra) non può fare a meno di constatare che i programmi di ricostruzione storica delle vicende del 900 trasmessi sono dedicati almeno per un 50 % alla Germania nazista. Pochi invece si soffermano sulla ricostruzione della storia italiana, sulle origini del fascismo, sulla persistenza del fenomeno sin oltre la caduta del regime e la nascita dell’Italia repubblicana. Non parliamo poi della storia coloniale dell’Italia e dei danni enormi che ha provocato in Africa. In Libia, in Somalia e in Etiopia l’Italia ha praticato spesso una vera e propria politica di genocidio. Questo è stato realizzato dagli uomini della generazione precedente alla nostra. I nostri padri, zii, hanno torturato e fucilato i patrioti  abissini che resistevano alla conquista. Di questo non c’è traccia nell’idea di sé che hanno gli italiani, convinti di essere stati sempre e comunque “brava gente”. Anche per quanto riguarda le leggi razziali sembra che si sia trattato di un gioco insignificante, invece che della premessa della razzia degli ebrei italiani e del loro sterminio. Per quel che riguarda la Sardegna, viene minimizzato il contributo importante di diverse figure di giornalisti e studiosi provenienti dall’isola, a cui sembra non si sia mai chiesto conto di quello che hanno detto e fatto. L’Unione Sarda è stato nell’autunno del 1938 lo strumento che con una serie di articoli ha diffuso tra i sardi il veleno antisemita. Concludendo la sua campagna con il titolo, rassicurante e ridicolo al tempo stesso,  “I sardi sono ariani”. Sarebbe forse opportuno che in occasione della giornata della memoria si ricordassero queste cose, si spiegasse come e perché si è arrivati ad affermazioni aberranti, premessa dello sterminio. Se invece ci si limita alla retorica dell’orrore senza ragioni e senza spiegazioni il male non trova i suoi responsabili e si continua a pensare e a dire che tutto sommato Mussolini ha fatto del bene, ha costruito Arborea, ci ha portato la civiltà. Anche Hitler è riuscito in pochi anni a far uscire la Germania da una crisi economica e sociale che sembrava senza via d’uscita. E con questo?  Quel che di positivo si realizzava aveva come fine il dominio sugli altri popoli e l’eliminazione delle “razze inferiori”. In Italia i provvedimenti a favore delle classi lavoratrici erano finalizzati alla costruzione del “nuovo italiano”, temprato alla guerra e al dominio sui popoli inferiori. Il fatto che l’obiettivo mussoliniano fosse più velleitario di quello nazista, perché meno fondato su risorse da spendere per realizzare quella politica, non diminuisce la gravità del fenomeno, ma  vi aggiunge soltanto la maschera grottesca delle smorfie esibite al popolo italiano entusiasta in piazza Venezia.

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