Nessuna inversione di tendenza

1 Aprile 2010

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Marco Ligas

Il voto delle regionali si può leggere in tanti modi. E certamente, nel gioco delle interpretazioni, osservatori e dirigenti di partito già sottolineano gli aspetti più vicini alle loro aspettative. Ritengo comunque che qualsiasi lettura si faccia bisogna riconoscere che Silvio Berlusconi è riuscito a vincere anche queste regionali. C’è riuscito nonostante sia arrivato alla scadenza elettorale in affanno, incalzato dalle solite vicende giudiziarie e dalla litigiosità dei gruppi che convivono nel suo partito. La sua leadership non è stata ridimensionata neppure dagli scandali che hanno caratterizzato la ricostruzione del dopo terremoto a L’Aquila. Anzi l’esito delle elezioni in questa provincia fa pensare che il cinismo degli imprenditori che si sono aggiudicati le opere della ricostruzione sia stato addirittura premiato.
Certo, il voto ha dato anche altre indicazioni importanti e contraddittorie.
Il Pdl, nonostante il successo in sei regioni, esce ridimensionato. Non solo arretra del 4,5% rispetto alle regionali del 2005, ma il suo elettorato perde il 7% dei voti rispetto alle politiche 2008. Sono due milioni e mezzo di voti in meno, mica un dato irrilevante. Così, mentre Berlusconi mantiene ancora un consenso nel paese, risultano più evidenti le conflittualità interne alla coalizione, non solo nel Pdl ma anche nelle relazioni tra Pdl e Lega. L’esclusione della lista nella provincia di Roma è stato un sintomo di queste conflittualità. Oggi, a scrutino appena concluso, ne emergono altre. Bossi si autocandida come prossimo sindaco di Milano e subito il Ministro La Russa lo blocca ricordandogli che quell’incarico sarà appannaggio del Pdl. Una spartizione di incarichi da manuale, sancita secondo regole che si ispirano alla nuova interpretazione della nostra Costituzione e ai principi della democrazia! Ma non c’è da farsi soverchie illusioni su queste conflittualità, la capacità di ricomposizione di questa combriccola è notevole: il cemento che la unifica e la tiene coesa è la gestione del potere anche in dispregio delle esigenze del paese. Non è un caso che il Pdl abbia fatto il pieno dei voti nel sud, in Calabria e in Campania, pervenendo a risultati quasi bulgari. Ha raggiunto questo obiettivo nonostante in quelle regioni fosse rappresentato da personaggi fortemente compromessi con la Giustizia e collusi con organizzazioni malavitose.
La Lega ha conquistato il Nord. Questa è l’altra indicazione delle elezioni regionali che non va sottovalutata. Ha eletto i suoi rappresentanti in Piemonte e in Veneto raggiungendo così un obiettivo a lungo perseguito. Questo risultato è importante perché rappresenta il consolidamento politico e sociale di un insieme di regioni che si pongono in termini alternativi rispetto al resto del paese. Sicuramente, in quei territori, si accentueranno le rivendicazioni tese alla difesa e al consolidamento degli attuali livelli di benessere. E tutto verrà giustificato come esigenza di una maggiore autonomia delle regioni in nome di un federalismo che sarà diseguale e che accentuerà le differenze.
Al centrosinistra resta ben poca cosa: la conferma di Burlando in Liguria, per certi aspetti la sorprendente vittoria di Vendola in Puglia, e per fortuna le solite regioni dell’Italia centrale. Nel complesso quattro regioni in meno rispetto alle elezioni del 2005, un arretramento tanto più netto perché la maggior parte dei cittadini sarà governata anche a livello locale dal centrodestra.
L’astensionismo raggiunge percentuali mai viste. E’ difficile dire se sia di destra o di sinistra. Probabilmente coinvolge tutti gli schieramenti. Sia il Pdl che il Pd hanno visto erosi i loro consensi anche nelle regioni dove hanno vinto le elezioni. E facile perciò dire che molti cittadini prendono le distanze da un modo di fare politica sempre più estraneo agli interessi del paese e finalizzato prevalentemente al raggiungimento di vantaggi personali o di casta. Non credo che questo fenomeno preoccupi più di tanto le nostre classi dirigenti. Se l’astensionismo si distribuisce fra tutti gli schieramenti, che vada a votare il 50% o il 70% dei cittadini i meccanismi del potere non subiscono contraccolpi: i rappresentanti delle istituzioni (gli eletti) non saranno per questo meno numerosi e tutto potrà funzionare come sempre. L’astensionismo preoccupa quando diventa attivo, quando gli elettori anziché disertare le urne votano per liste minori. Non a caso sta prendendo corpo una critica al grillismo. Le liste capeggiate da Beppe Grillo, si dice, hanno contribuito alla sconfitta della Bresso in Piemonte e forse, anche in altre regioni, hanno provocato qualche contraccolpo. Non sono un sostenitore del modo di fare politica di Beppe Grillo ma la critica che gli viene mossa non è convincente.
Forse, su questo tema, è importante riflettere, partendo proprio dal Piemonte. E’ da tanto che si parla della TAV. Da quando è stato presentato questo progetto c’è stata la mobilitazione di un’intera popolazione che ne ha contestato la realizzazione. Si teme che il traforo avrà degli effetti devastanti su quel territorio. Ma i problemi posti all’attenzione delle istituzioni non sono stati presi in considerazione e non hanno avuto risposte accoglienti. Anzi, proprio recentemente le proteste degli abitanti della valle sono state fermate dalle forze dell’ordine con le manganellate. Se questo è dunque il rapporto che si instaura tra istituzioni e cittadini è comprensibile la risposta astensionistica o di appoggio a liste minori.
Se non riemergerà un modo diverso di concepire i rapporti tra cittadini, partiti e istituzioni assisteremo ancora a processi di separazione dalla vita politica che favoriranno sia l’astensionismo che il voto di scambio, fenomeni che le formazioni conservatrici accoglieranno favorevolmente perché funzionali al mantenimento del potere. Saranno capaci le forze del centrosinistra di avviare un processo di radicali cambiamenti? Ho paura di no perché non si vedono ancora segnali necessari. Eppure il messaggio più importante che arriva da questa consultazione elettorale li sollecita con determinazione. Se non verranno assunti non avremo alcuna inversione di tendenza.

1 Commento a “Nessuna inversione di tendenza”

  1. Antonello Zanda scrive:

    Caro Marco, analisi convincente e ponderata, come deve essere uno sguardo possibilmente analitico e quindi oggettivo. Aggiungerei a quanto scrivi che agli attenti osservatori si presentano elementi su cui riflettere riguardanti il successo della Lega (non sono gli unici: altri riguardano il centrosinistra a cui tu accenni e su cui il sito del manifestosardo insiste giustamente). Sono cambiati i rapporti di forza all’interno della compagine di governo che gestisce con arroganza il potere senza guardare in faccia ai veri problemi del paese. La Lega non solo vince, ma convince e si consolida come partito popolare perché riesce ancora a catalizzare una tensione oppositiva (alcuni suoi interventi hanno ancora il tenore di un’azione svolta da chi sta all’opposizione), rappresentando e alimentando pulsioni razziste e neoliberiste che si esprimono nella società e interpretano regressioni egoiste e qualunquismi rozzi e ignoranti. La Lega parla fisicamente alla gente che tutti i giorni deve fare i conti con il quotidiano. Contemporaneamente dimostrano di gestire il potere senza lasciarsi travolgere (perlomeno finora) dalle bufere mediatiche e pagano i conti ai clienti. Ricattano e incassano, tirano le pietre e nascondono le mano quando è necessario. Queste elezioni cambiano i rapporti di forza a loro favore e come sottolinei tu Berlusconi accontenta gli amici e trova soluzioni per continuare. Il Centrosinistra non è capace di rappresentare l’opposizione che c’è nella società civile.

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