Silius. Viaggio dal fondo della miniera

1 Giugno 2007

Tore Melis

MINIEREAlla fine degli anni ’80 furono messi al bando i così detti Cfc (cloro fluoro carburi), meglio conosciuti come gas propellenti. Si determinò una forte crisi nell’industria chimica legata alla produzione di floruri (in particolare acido fluoridrico). Tali condizioni ebbero un forte impatto oltre che nelle aziende di verticalizzazione anche in quelle di estrazione. L’allora Mineraria Silius, di proprietà della Giulini Investiment, non resse ai contraccolpi della crisi. A seguito di un vertiginoso abbassamento dei prezzi e una diminuzione delle commesse, decise di restituire le concessioni minerarie alla Regione Sardegna. Di conseguenza, circa 400 minatori da un giorno all’altro, sarebbero rimasti senza lavoro. La Regione (l’allora assessore all’Industria, Zurru), decise di assumersi la responsabilità di acquistare le azioni di Mineraria Silius e di prospettare un piano industriale che consentisse di rilanciare l’azienda. Intanto Mineraria Silius si scisse in due aziende, una che si occupava dell’estrazione, l’altra della trasformazione della Fluorite. L’estrazione fu assunta da Nuova Mineraria Silius spa, la verticalizzazione dalla Fluorsid (con sede a Macchiareddu – impresa fiorente che vanta utili di rispetto). Mentre l’azienda di estrazione divenne di proprietà della Regione per il 98 per cento, quella di “trasformazione” rimase per il 60 per cento di proprietà della Giulini. Indubbiamente si commise un errore strategico enorme. Infatti la Fluorsid comprava oltre il 70 per cento della fluorite da Nuova Mineraria Silius e a prezzi mediamente più bassi del 50 per cento rispetto a quelli di mercato. Insomma, la Fluorsid, rimasta saldamente in mano alla famiglia Giulini, faceva utili proporzionalmente alle perdite Nuova Mineraria Silius. Dal momento in cui la Miniera divenne della Regione, furono interrotti i turn-over e il numero dei minatori scese del 100 per cento in pochi anni. Nel 1995 cambiò lo scenario: infatti fu sfatato il legame fra fluoro e danno all’ozono. A questo punto la richiesta della fluorite estratta a Silius, (38% sul tout-venant) imboccò un periodo positivo. La fluorite divenne un minerale strategico per l’Europa, tanto è vero che si decise di imporre un antidumping alla Cina, che nel frattempo aveva iniziato a esportare la fluorite a prezzi molto bassi, per via degli irrisori costi di produzione. Questo periodo positivo era certamente il migliore per attuare il famoso piano industriale prospettato da Zurru, ma purtroppo rimase carta straccia. Tale inadempienza comportò un aggravarsi dei costi di gestione, per via di un sistema produttivo e un sistema estrattivo che erano obsoleti, vecchi di 20 anni. Inoltre, come già scritto, il costo di estrazione non era ammortizzato dai prezzi del maggior acquirente (la Fluorsid), il quale si mangiava tutto il valore aggiunto. Negli ultimi anni la fluorite aumenta ulteriormente il suo valore commerciale, infatti la Cina, nonostante nel frattempo sia caduto l’antidumping di Bruxelles, ha deciso di interrompere l’esportazione, utilizzando tutta la produzione per la domanda interna. Improvvisamente, l’industria chimica europea, a fronte di una domanda accresciuta, vede diminuire fortemente l’offerta. Tale congiuntura ha portato nel giro di poco più di anno, al raddoppio del prezzo della fluorite. Per le Miniere di Silius (3 milioni di tonnellate di tout-venant accertato) sembravano aprirsi ottime prospettive economiche e occupazionali. E’ in questo momento che l’assessore all’industria La Spisa, dopo una lunga mobilitazione dei minatori, riesce a far impegnare una somma pari a 17 milioni di euro, al fine di realizzare un piano industriale di ammodernamento e di rilancio dell’azienda. Dopo qualche mese diventa presidente della Regione Renato Soru, il quale fatte le sue analisi, inizia a lanciare segnali negativi alle maestranze e ai sindacati. Insomma la miniera non si regge sul mercato e perciò claudenda est. Da qui nasce un’azione di rivendicazione che coinvolge l’intero territorio del Gerrei e le maestranze tutte. La vertenza si chiuse quando Soru offre la disponibilità di incaricare un’équipe di esperti, scelta in accordo con l’azienda. Tali tecnici redigono un piano industriale che prevede oltre il rilancio della produzione, anche il raggiungimento del pareggio di bilancio in un quadriennio. Il piano viene approvato integralmente dalla Regione, e Soru non si risparmia nell’elogiarne i contenuti di affidabilità e di pragmatismo. Renato Soru vuole un’ultima rassicurazione prima di dare il via alla realizzazione del piano industriale, infatti subordina il finanziamento regionale al parere della commissione Europea sul piano. Dopo circa un anno e mezzo, (intanto l’attività stagnava e la produzione venne quasi totalmente interrotta), arriva il parere da Bruxelles. Anziché pronunciarsi sul piano industriale, sul quale ritiene di non aver competenza, la commissione entra in merito agli aspetti finanziari della Nuova Mineraria Silius aprendo una procedura formale di infrazione nei confronti dello Stato Italiano e nello specifico della Regione Sardegna. Soru a questo punto comunica l’impossibilità della Regione ad andare avanti con gli investimenti. Ricompare la Giulini, la quale rischiando di perdere il suo fornitore principale e intravedendo uno scenario di crisi per la Fluorsid, già in sofferenza per la perdita del fornitore cinese, decide di mandare i suoi esperti da uno dei più fidati collaboratori di Mario Monti, il quale individua una soluzione che subito è prospettata alla Regione: liquidare Nuova Mineraria Silius spa, revocare le concessioni mineraria e metterle a bando. Nel frattempo creare una nuova società che partecipi alla gara e diventi concessionaria dei giacimenti di fluorite. La Regione sposa tale soluzione, e nel settembre 2006 avvia la procedura suggerita dalla Giulini e vagliata dall’Europa. L’impegno è quello di chiudere la questione in 90 giorni. Intanto si chiede un sacrificio alle maestranze. Oltre 100 minatori vengono mandati in mobilità breve (lo stipendio passa da 1400 euro con quattordicesima e tredicesima a 900 euro senza tredicesima e quattordicesima). Rimangono in azienda una cinquantina di minatori che si occupano della manutenzione ordinaria. Siamo a maggio. Di mesi ne sono passati 8 e in cento famiglie mancano 600 € al mese da tal periodo. Si stringono i denti, anche perché la Regione seppur con lentezza va avanti con quanto promesso. Improvvisamente l’Assessore all’Industria Rau manifesta la volontà di distribuire i lavoratori della Silius nelle aziende dell’Igea. Accettare una proposta di quel genere significherebbe far saltare la tenuta economica della zona, posto che immediatamente tutto l’indotto derivante dalla miniera sarebbe crollato. Tutti capiamo che qualcosa deve essersi inceppato. Insomma la Regione cerca di ricollocare i minatori e non di riavviare l’attività estrattiva. Dopo qualche giorno di agitazione, Soru convoca un incontro con i sindacati e le amministrazioni del territorio. Nell’occasione – stiamo parlando di 15 giorni fa – smentisce il suo assessore (cosa fatta almeno tre volte nell’ultimo anno, infatti la Rau fa il burattino di Soru, che si diverte a far la parte di quello che risolve sempre gli squassi dei suoi assessori) e s’impegna a far reintegrare le maestranze attualmente in mobilità. Intanto la società creata ad arte vince la gara e si aggiudica le concessioni minerarie. La società si chiama: Fluorite Silius spa, la finanziaria appena approvata la capitalizza con 4 milioni di euro. Ecco quindi il primo atto di Fluorite Silius spa: invia una lettera ai minatori rimasti nei cantieri per mantenere in sicurezza la miniera e comunica loro il licenziamento e la messa in mobilità. Tale atto viene eseguito in maniera unilaterale senza alcun preavviso, né alcuna comunicazione preventiva alle organizzazioni sindacali. Roba da fine ‘800. Se i minatori lasciassero i cantieri Minerari, nell’arco di 2 settimane, ci sarebbe la fine tecnica della Miniera. Si allagherebbe subito il livello di estrazione attivo, con il danneggiamento irreparabile degli impianti e delle strutture e il conseguente cedimento delle centine. Quale poteva essere la reazione dei minatori? Ovvio, l’occupazione dei pozzi e l’inizio delle agitazioni. Dalla mattina del 25 maggio venti minatori si sono asserragliati nei pozzi. Gli uffici amministrativi, l’impianto di prima flottazione, i magazzini e le officine sono occupate dagli altri. Tutti i punti d’accesso della miniera sono picchettati. Il Municipio di Silius è occupato dalle mogli e dai bambini. Ieri Graziano Milia ha fatto visita ai cantieri, dopo aver portato la solidarietà della Provincia ha tentato di convincere i minatori affinché interrompessero l’occupazione (quando lo ha fatto lo hanno fischiato – voleva fare il liberatore senza pagar pegno). Intanto la Rau ha convocato un incontro per il 26 maggio. L’esito è stato positivo: la Regione si è impegnata a rispettare gli accordi del 2006 e ha garantito l’assunzione di tutti gli operai entro giugno prossimo. Ancora una volta la lotta ha pagato.

2 Commenti a “Silius. Viaggio dal fondo della miniera”

  1. vincenzo pillai scrive:

    ciao,
    scrivo solo per ringraziarti
    ho finalmente capito alcuni passaggi che ,per la chierezza dell’esposizione, mettono bene in luce il meccanismo che sta alla base del ” i profitti al privato , le perdite alla collettività”
    ci si potrebbe fare sopra un corso di formazione per chi vuole ancora fare lotta di classe partendo dalla conoscenza dei problemi.
    puoi aggiornare ad oggi l’analisi e inviarmi il tuo indirizzo?
    grazie comunque
    vincenzo
    [email protected]

  2. Edordao Pistis scrive:

    Articolo molto istruttivo…sarei curioso di sapere la situazione attuale,
    grazie

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