Ripartire dalla democrazia

16 Marzo 2011

Enzo Costa *

Gli anni 90 si sarebbero dovuti concludere con la realizzazione della costituente unitaria tra le grandi Confederazioni sindacali, così non è stato e da allora assistiamo alla crisi non solo dell’unità sindacale ma soprattutto della stessa unità di azione. In quest’ultimo periodo poi hanno subito dei duri colpi anche l’immagine e la funzione autonoma del sindacalismo confederale nel paese, a causa della crescente identificazione di esso, o di parte di esso, con schieramenti politici e di governo. La crisi dell’unità sindacale affonda le sue radici nella crescente scomposizione del mondo del lavoro, nell’aprirsi della competizione tra i lavoratori e nell’emergere dell’individualismo come valore sociale. Oggi, di fronte alle palesi diversità di strategia politica tra la CGIL e la CISL e la UIL ha ancora senso parlare di unità sindacale? E l’unità che ancora si registra in Sardegna, almeno sui grandi temi, è vera unità o piuttosto un atteggiamento di facciata? Queste sono domande ricorrenti che nella mia attività quotidiana mi sento rivolgere sia dentro la CGIL che nel dialogo esterno, domande che anche io mi sono posto e continuo a pormi.  Vorrei affrontare il tema partendo da una considerazione: io considero il fine ultimo, e l’unico scopo, dell’unità sindacale la realizzazione dell’unità dei lavoratori, per cui non posso non considerare l’unità come un valore assoluto da ricercare sempre, nei momenti facili ma soprattutto in quelli difficili. L’unità dei lavoratori e dei loro sindacati è più importante e urgente che mai per ricomporre una classe che si frantuma e si divide e per condurre con maggiore efficacia le battaglie per la difesa degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori italiani e oggi anche europei, per costruire nuovi legami a livello mondiale. Prendiamo ad esempio il caso FIAT – Marchionne. L’attacco più grande che quello scellerato accordo si porta dietro sta proprio nella rappresentanza dei lavoratori, definire conclusa la fase della rappresentanza diretta dei lavoratori (RSU), ritornare ad una rappresentanza di nomina sindacale (RSA) paritetica che può essere effettuata solo dai sindacati firmatari di quell’intesa, cancellare il peso e la dimensione della rappresentanza attraverso l’istituzione di organismi di raffreddamento del confronto paritetici il cui parere diventa vincolante per tutti, significa cancellare un pezzo importante di democrazia e soprattutto di libertà di scelta dei lavoratori. Non a caso quell’accordo è diventato subito un esempio da seguire per il governo e per alcuni pezzi della rappresentanza delle aziende nel nostro paese, attraverso quel meccanismo si tenta non solo di cancellare il contratto nazionale e il diritto di sciopero ma di limitare l’effettiva partecipazione dei lavoratori alla vita democratica dentro le aziende e dentro le scelte del sindacato. E’ il primo stadio, e forse anche l’ultimo, per passare da un sindacato associativo e partecipato ad un sindacato istituzione. Ecco perché la CGIL ha voluto rispondere a questi attacchi riproponendo i temi della Democrazia e della Partecipazione, perché se vogliamo ancora parlare di unità essa non si realizzerà riproponendo vecchi o nuovi collateralismi politici, facendo prevalere le pratiche e le culture dello schieramento su quelle della partecipazione diretta e dell’autonomia fondata sulla ricomposizione tra le aree dei lavoratori occupati stabilmente e quelle della precarietà. Per questo l’unità sindacale dovrà essere fondata sulla pluralità dei valori e delle esperienze che fanno parte della vita dei lavoratori: l’hanno fatto generazioni di militanti sindacali che hanno vissuto divisioni assai più profonde di quelle attuali, non c’è ragione per non farlo oggi. La CGIL non può rinunciare a una prospettiva unitaria per tutto il movimento sindacale, in quanto essa è, prima ancora che un bisogno delle organizzazioni, un’esigenza delle lavoratrici e dei lavoratori. Per queste ragioni alla crisi attuale dell’unità si deve rispondere rilanciando, sia nella pratica, sia nel confronto unitario, sia nelle rivendicazioni istituzionali e di legge, un progetto organico per la Democrazia e la Rappresentanza. Per questo è necessario ricostruire una effettiva partecipazione dei lavoratori attraverso il voto di ratifica delle piattaforme e degli accordi sindacali, e garantire il diritto che siano i lavoratori ad eleggere chi ritengono più capace a tutelare i propri interessi nei posti di lavoro e nel sindacato. Due parole sull’unità sindacale che ancora regge in Sardegna. Nel mio agire quotidiano ho sempre privilegiato quello che unisce rispetto a quello che divide e ho impostato questi ultimi due anni  partendo proprio dalla ricerca di una nuova unità sindacale. Il dialogo con CISL e UIL ci ha consentito di elaborare un programma di unità di azione con delle proposte condivisibili da tutti, dal metodo di confronto, alla lotta alla crisi e alla precarietà, al rilancio delle politiche di sviluppo per l’intera regione, tutti temi portati avanti attraverso elaborazioni unitarie, attivi di quadri e delegati, manifestazioni, scioperi generali, assemblee delle rappresentanze e che continueremo a portare avanti unitariamente anche nei prossimi giorni. Abbiamo riaffermato la qualità dei valori comuni e la volontà a proseguire insieme un programma di lavoro che coinvolga i nostri associati, gli dia  forza e soprattutto li faccia sentire attori protagonisti del cambiamento. Siamo riusciti a non dividere i lavoratori sardi rispetto a una crisi che non ha precedenti e che sta rimettendo in discussione tutto e tutti. La nostra esperienza di lavoro comune sviluppata in questi ultimi anni in Sardegna afferma che l’unità sindacale non solo è ancora possibile ma crea straordinarie aggregazioni di donne e di uomini, le realizza in una società che nei cambiamenti tende a perdere il senso della collettività a favore dell’individualismo, dove le politiche in favore delle persone perdono centralità, dove lo stesso mondo del lavoro è terreno quotidiano di cambiamenti che favoriscono le diseguaglianze, inseriscono precarietà, instabilità, differenze inaccettabili.
*Segretario regionale della Cgil

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