Quirra, La Mururoa italiana

16 Marzo 2011

Costantino Cossu

Sono 68 le richieste di indennizzo per tumori, soprattutto linfomi, avanzate da cittadini sardi dopo l’apertura – un mese fa – dell’inchiesta sull’uso di armamenti con uranio impoverito nel poligono di Quirra. Si tratta di poco più del 15 per cento delle richieste giunte da tutta l’Italia (439) da militari e civili che chiedono indennizzi. Dati impressionanti, forniti nei giorni scorsi dal ministero della Difesa al deputato Maurizio Turco (Pd), che ha presentato un’interrogazione per capire che cosa davvero sia accaduto in Sardegna, ma anche nel corso delle missioni militari nei Balcani e in Somalia, dopo le quali molti soldati italiani si sono ammalati di tumori al sistema emolinfatico. Delle 439 domande inviate alla direzione del ministero, 340 sono di personale militare o dei superstiti: 237 per operazioni fuori dai confini nazionali, 103 per l’attività svolta nelle basi, soprattutto Quirra, ma anche Capo Teulada, sempre in Sardegna. Mentre 31 sono le richieste di civili. Le patologie indicate sono, nella quasi totalità, di natura tumorale, soprattutto linfomi. Pochi giorni fa a Cagliari il caso Quirra è stato discusso in una riunione del consiglio regionale convocata dalla giunta di centro destra su richiesta delle opposizioni. Una mozione presentata da sei consiglieri regionali del centro sinistra chiede al presidente della Ugo Cappellacci e agli assessori alla Sanità e all’Ambiente di mettere in atto tutte le operazioni di controllo e di prevenzione sulle popolazioni residenti nell’area che confina con la base di Quirra. In particolare, si sollecita un’indagine più approfondita per conoscere le cause delle malattie tumorali riscontrate tra gli allevatori della zona (10 su 18 nel periodo 2000-2010, il 65% di chi lavora entro i 2,7 km dal poligono in 7 aziende su 12 censite) e delle malformazioni genetiche segnalate tra gli animali allevati. Numeri che sono davvero da brivido. Dopo la loro diffusione, trenta giorni fa, da parte delle Asl di Cagliari e dell’Ogliastra (la zona dell’isola dove si trova il poligono) è partita l’indagine della procura della Repubblica di Lanusei. I consiglieri delle opposizioni chiedono alla giunta di divulgare i dati scientifici ufficiali in possesso delle due aziende sanitarie locali. Dati che sono arrivati mentre è ancora in corso un monitoraggio ambientale dell’area della base che il ministero della Difesa ha affidato a un team del Consiglio nazionale delle ricerche. Iniziato nel 2009, il monitoraggio non è ancora stato concluso e non si capisce il perché, visto che invece le Asl di Cagliari e di Lanusei in pochi mesi hanno dato un quadro esauriente della situazione. Il gruppo consiliare Comunisti-La sinistra sarda (Sel, Rifondazione e Pcdi) ha anche chiesto alla giunta di centro destra di verificare a che punto è lo studio di impatto ambientale – imposto da una direttiva dell’Unione europea – sulla progettata costruzione di una pista di atterraggio lunga un chilometro e mezzo nel poligono di Quirra, che dovrebbe essere impiegata da industrie degli armamenti italiane ed europee per la sperimentazione – nell’ambito del cosiddetto Progetto Neuron – di droni, gli aerei senza pilota. La pista dovrebbe essere costruita proprio sopra le grotte carsiche di Is Angurtidorgius, per gli speleologi uno dei siti più interessanti al mondo. Le cavità si sviluppano per dodici chilometri a un centinaio di metri di profondità e sono attraversate da due corsi d’acqua. Tante le varietà faunistiche importanti: il Tritone sardo, che vive solo qui, e alcuni fra i pipistrelli più rari, come il Vespertilio maggiore, il Miniottero, il Rinolofo a ferro di cavallo. «Tutte specie – dicono i coordinatori sardi delle associazioni ecologiste Amici della terra e Gruppo d’intervento giuridico – che rientrano nella particolare tutela prevista da una direttiva dell’Unione europea, la numero 43, emanata nel 1992 per la salvaguardia degli habitat naturali. Quelle presenti nelle grotte di Is Angurtidorgius sono varietà animali molto rare e pregiate, d’interesse comunitario, la cui conservazione richiede, secondo le indicazioni della Ue, l’individuazione di zone speciali di conservazione». Per tentare di salvare il complesso carsico e le specie faunistiche che ci abitano dal rischio che l’aeroporto progettato a Quirra rappresenta, Amici della terra e Gruppo d’intervento giuridico, insieme con molte associazioni di speleologi italiani e europei, circa un anno fa avevano fatto ricorso alla Commissione europea. «Per un grave difetto della normativa comunitaria – dicono gli ecologisti – la valutazione di impatto ambientale è esclusa dall’Unione europea quando si tratta di installazioni militari. Ma è comunque necessaria e vincolante una più blanda procedura di valutazione d’incidenza, che le autorità italiane si sono guardate bene dal compiere prima di dare via libera al progetto di costruzione dell’aeroporto per il collaudo dei droni nel poligono di Quirra». Muto, sulle grotte, il Partito democratico. Che, invece, sull’aeroporto la sua voce l’ha fatta sentire eccome. Quando, prima del via libera alla localizzazione in Sardegna del Progetto Neuron da parte del ministro della Difesa Ignazio La Russa, correva voce che tutto sarebbe stato spostato in un’altra regione italiana, i deputati e i senatori sardi del Pd hanno rivolto al governo un’infuocata interrogazione, minacciando la rivolta se l’isola fosse stata «defraudata» del piano di sperimentazione dei droni. Di fronte ai dati sui tumori e all’inchiesta giudiziaria, tutti ora – dal Pd alla Cgil, da Legambiente all’Italia dei valori – chiedono il blocco dell’attività della base. I magistrati intanto proseguono nel loro lavoro. Sono stati acquisiti dati e testimonianze, sequestrati depositi di materiale bellico e fusti pieni di sostanze probabilmente radioattive. Ogni cosa è al vaglio di un gruppo di esperti nominati dalla procura. I prossimi giorni saranno decisivi per sapere se davvero il poligono di Quirra è stato, per decenni, la Mururoa italiana.

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