Diario di un’iniziazione politica

16 Marzo 2011

Manuela Scroccu

Due giovani ragazze, compagne di scuola, stanno giocando a tennis divertendosi a lanciare “palle inesperte oltre la rete” quando una guardia in borghese interrompe il gioco. “Devo andare via subito” dice una delle due all’amica. È il 25 luglio 1943 e le giovani protagoniste di questa partita di tennis interrotta sono Anna Maria Mussolini, la figlia del Duce, e Luciana Castellina, militante e parlamentare comunista, scrittrice e giornalista. A Roma, Mussolini era stato appena messo in minoranza dalla seduta del Gran Consiglio del Fascismo e, di conseguenza, arrestato. “La scoperta del mondo” di Luciana Castellina (ed. Nottetempo, pp. 296, € 16,50) inizia in questo modo, con il racconto di uno dei giorni più significativi della storia d’Italia. Quella partita a tennis finita anticipatamente finisce così per rappresentare non solo la fine di un’epoca ma anche l’iniziazione alla politica di una futura protagonista della storia repubblicana.
Infatti, il giorno dopo, mentre il nostro paese e il mondo stanno per voltare pagina, la giovane Luciana, non ancora quattordicenne, comincia a redigere un “diario politico”, usando il retro di un vecchio quaderno di scuola “precedentemente dedicato alle cronache, le esercitazioni di italiano allora in uso alle medie”.
Questo diario, riemerso dopo quasi settant’anni e vergato con aggraziata grafia adolescenziale dal 25 luglio 1943 al 1947, servirà alla nonna Luciana per spiegare ai suoi nipoti Alfredo, Fushu e Vito “cosa significava avere la loro età nei remoti anni ‘40 quando niente era scontato e il mondo era ancora tutto da scoprire”. Il volume è, in realtà, il racconto di un viaggio di formazione narrato da due voci che si alternano: quella della giovane Luciana che, con curiosità e intelligenza, apre gli occhi sul mondo e sulla storia e quello della Luciana di oggi che osserva con tenerezza, ma senza indulgenza, le scoperte, le domande e le incertezze di uno spirito in evoluzione, impaziente di acquisire consapevolezza e indipendenza.
Un’autobiografia particolare, che conserva inalterata tutta la forza e la freschezza della giovane che ha vergato quei quaderni con passione, sincerità e curiosità e che ci trasporta in quei lontani giorni del 1943, quando la giovane Luciana scopriva il cinema a villa Torlonia, ospite della famiglia Mussolini. O nella Roma occupata dai nazisti e bersagliata da “Gigetto”, l’aereo inglese che puntuale arriva sempre a mezzogiorno e mezza a sorvolare la zona sud della città “mitragliando in direzione dei Castelli romani”. Fino all’alba del 4 giugno del ’44, quando la ragazza dei Parioli, futura militante e parlamentare comunista, assiste all’ingresso dei soldati americani, che ridono e cantano a bordo delle loro jeep e dei loro blindati.
Proprio allora l’autrice, su di una camionetta carica di italiani che inneggiano alla sconfitta fascista, vedrà per la prima volta una bandiera rossa. In quell’Italia liberata dalla dittatura, un’intera generazione viene afferrata dalla storia e si lascia travolgere dalla rinascita dell’arte, della musica, della letteratura. Sono gli anni dei viaggi a Praga e nella Parigi postbellica, della costruzione della Ferrovia della Gioventù nella Jugoslavia di Tito e dell’impegno nelle periferie romane. Fino alla consapevolezza che “la scoperta del mondo” passa proprio attraverso l’impegno e “l’urgenza di fare parte di un’impresa collettiva”, come fece quella generazione, nata tra il 1920 e il 1930, troppo giovane per partecipare alla Resistenza ma “unita dalla passione più bella: quella di cambiare il mondo”.
Il diario della giovane Luciana si interrompe alla fine del 1947, praticamente in concomitanza con la decisione, molto meditata -“non si entra nel PCI a cuor leggero”- di iscriversi al Partito Comunista Italiano. “Quella tessera del PCI n° 2158861, anno 1947, la conservo ancora, assieme a tutte le altre della mia carriera comunista: ventiquattro tessere del PCI, fino al 1970, quando, proprio all’inizio dell’anno, a gennaio, vengo radiata per via dell’eresia del Manifesto”. Ma questa, come dice l’autrice, è un’altra storia.

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