Un governo che racconta scorie

16 Marzo 2011

Nicola Culeddu*

Gli accadimenti di questi giorni ci invitano ad una serena riflessione sulla scelta del Governo di riprendere la via del nucleare in Italia. Fermo restando che il popolo Giapponese ha tutta la nostra solidarietà e sostegno, quello che è successo, imponderabile nella successione degli eventi pone dei dubbi importanti e ci impegna in una discussione franca e sincera sulle scelte che la nostra generazione farà e che lascerà in eredità alle generazioni future. Il Piano di Sicurezza del JAEA prevede l’evacuazione della popolazione nel raggio di 30 Km attorno, il supporto logistico e le procedure di decontaminazione della popolazione.
Ma il Giappone ha una lunga e tremenda esperienza nella gestione degli aspetti sanitari … e noi?
Il Ministro per l’Ambiente (sic.) oggi ha dichiarato “Le nostre centrali saranno modernissime, con sistemi di sicurezza enormemente superiori rispetto a quelle giapponesi”, senza l’esperienza dei Giapponesi e senza una chiara struttura normativa? Senza strutture ospedaliere adeguate? Chi deve investire in sicurezza? Le imprese che producono energia elettrica guadagnandoci o lo Stato con i soldi dei cittadini? E le infrastrutture necessarie alla distribuzione, chi le paga? Quali vantaggi otterremmo dalla scelta di “diversificare” la produzione elettrica nazionale con l’introduzione di 5 – 10 centrali nucleari?
I vantaggi sul prezzo dell’elettricità sono davvero risibili: 5 centrali potrebbero produrre il 10-15 % dell’energia elettrica di picco (dati www.terna.it), pari al 3-5 % del consumo complessivo di energia in Italia, incidendo sul prezzo per non più della percentuale relativa. Un facile “conto della serva” ci porta alla conclusione che, se il risparmio sul costo finale dell’energia prodotta è del 10% alla fine dei conti al consumatore finale il risparmio massimo sarebbe del 1.5 %. Questo a fronte di un investimento 30 miliardi di euro. Se si suppone che ci vogliano 10 anni per costruire una centrale e che la vita massima sia di 40 anni, per ogni centrale costruita bisogna prevedere anche il fatto che prima della chiusura della vecchia centrale dobbiamo costruirne una nuova.
E siccome lo smantellamento della vecchia è un processo lungo e costoso (fino ad ora nessuna delle centrali dismesse in Italia è stata smantellata) il rischio è che ci troveremo i territori “sovraffollati” da centrali in funzione e centrali dismesse. Sino a quando sarà conveniente l’estrazione dell’uranio? La risposta sta nel report URANIUM 2009 edito dalla Nuclear Energy Agency. Le riserve stimate di Uranio con costi di estrazione competitivi stanno drammaticamente esaurendosi, quindi rendendone sempre meno conveniente l’estrazione. La produzione di scorie è un processo continuo, la conservazione delle stesse deve essere fatta seguendo precise disposizioni per garantire la sicurezza delle popolazioni limitrofe. Ma questo deve essere fatto per migliaia di anni! Come garantire le sicurezza per periodi di tempo più estesi della stessa storia dell’umanità? Seppellendole e dimenticandosene? Il lascito per i nostri discendenti è adeguatamente compensato da un miglioramento della situazione attuale?
La quinta domanda è: è dimostrato ch l’esposizione alle radiazioni di bassa intensità è pericoloso soprattutto per i bambini (Kaatsch et al Int J Cancer 2007) sia in prossimità di impianti funzionanti che dismessi; vogliamo che anche i nostri bambini abbiano un futuro di questo tipo? Io penso di no, che uno sviluppo sostenibile debba essere la prima scelta delle generazioni attuali, per noi e per le generazioni future. La possibilità che la Sardegna, a causa della presunta sismicità della regione, possa essere scelta come sede del Piano di Rinascita Democratico-Nucleare è elevata.
Certo che se si produce energia che non viene consumata, bisogna trasportarla dove serve, e i costi di trasporto sono a carico dei consumatori? Non proprio, infatti l’energia prodotta in Sardegna costa di più ai Sardi che ai Lombardi. Quindi saranno gli utenti e lo Stato a pagare affinché le società che produrrebbero dal nucleare possano guadagnare! E come ci poniamo noi Sardi con la necessità di acqua dolce (1 mld di m3/anno) per il raffreddamento? Rinunciamo all’Agricoltura? L’alternativa esiste e si trova in una scelta ragionevole di sistemi di produzione eolica, solare e idroelettrica, ma contemporaneamente nella modernizzazione della rete di distribuzione (Smart Grids e Super Grids), nella cessazione degli incentivi alla produzione da fonti “assimilabili” e nella lotta allo sviluppo selvaggio ed incontrollato di tutte le fonti . In Sardegna esistono 48 Bacini Idrici, la modernizzazione e la messa in rete (eolico-solare-idroelettrico integrati) permetterebbe alla nostra Isola di avvicinarsi all’autonomia elettrica e agli obbiettivi di Kyoto.
Il 15 di Maggio i Sardi saranno chiamati ad esprimersi in un referendum consultivo, ognuno del milione di elettori deve esprimere il proprio parere prendendosi la relativa parte di responsabilità per loro e per le generazioni successive. Il 12 Giugno tutti gli Italiano avranno l’opportunità di dire la loro sulle scelte di questo Governo, ricordandosi che il referendum del 1987 non ha chiuso tutte le Centrali nucleari esistenti, ma esclusivamente quella di Caorso, le altre erano già chiuse per problemi “tecnici”.
Dichiariamoci contrari alla scelta del nucleare votando SI in entrambi i referendum.

* Responsabile Ambiente Rifondazione Comunista Sassari

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