Nessuno vota Fantola

16 Aprile 2011

Pier Luigi Carta

Il futuro sindaco di Cagliari, se non vorrà perpetuare la lunga serie di errori commessi dai suoi predecessori, dovrà occuparsi di quel 10% di abitanti politicamente invisibili, che vivono molto spesso in nero, sostentano botteghe, negozi, bar, locali e copisterie, e che vivono tra i banchi delle università cagliaritane e quelli delle sue biblioteche. Unica 2.0 è il comitato studentesco maggiormente rappresentativo della realtà studentesca, soprattutto dei fuori-sede, sono riusciti ultimamente a strappare la vittoria alle ultime elezioni per il Cda Ersu. Si tratta di un gruppo non proprio politicamente omogeneo, non si esprimono ufficialmente per quanto riguarda l’appoggio ad un eventuale candidato sindaco a Cagliari, ma sono essenzialmente di sinistra e hanno comunicato una sola proposizione di intenti: “nessuno vota Fantola”. Buona parte del gruppo elettorale di Unica 2.0 è composto dai fuori-sede, ed è proprio di questo che i coordinatori del comitato vogliono parlare. Le politiche relative agli studenti sono state bruscamente tralasciate dagli ultimi rappresentanti cittadini. Manca una vera programmazione dall’epoca di DeLogu. Le cose a Cagliari si fanno quando si trovano i soldi. Non si ha un piano di sviluppo urbanistico, dei trasporti o dell’edilizia, il risultato è che non si riesce a ragionare neanche sul decennio, ma a malapena sull’anno. Non ci si è ancora decisi sul fatto di destinare un quartiere agli studenti, come il Quartier Latin a Parigi, chiamato così perché va usato il latino come lingua franca. Oppure decidere di spargere la popolazione studentesca per la città, cosa che vorrebbe dire rilanciare interi quartieri dal punto di vista sociale ed economico, perché è inutile precisare che la presenza di studenti -di giovani- porta vitalità, gente in giro per le strade e movimento “economico”. Il tessuto urbano è composto anche dai famosi negozi “di vicinato”, i quali soffrono i duri colpi della concorrenza dei grandi centri commerciali. Le botteghe, i bar, i locali e i servizi a livello rionale ne gioverebbero. Quest’anno a Cagliari si son contati 35.000 studenti, di cui 18.000 fuori sede. Un numero di tutto rispetto, se teniamo conto delle dichiarazioni del rettore dell’ateneo di Torino, il quale ha affermato che gli studenti nell’ultimo anno hanno portato alla città un indotto economico di 2 miliardi di euro. Si deve inoltre guardare allo studente in sede, egli sicuramente non spende come lo studente che viene dagli altri centri della Sardegna, ma la città perderebbe buona parte dei suoi futuri cittadini se l’università venisse chiusa. Bisogna considerare anche i fuori-sede come effettivi cittadini di Cagliari -con diritti politici-, un atteggiamento simile costituirebbe una svolta epocale per la promozione della partecipazione. Ad esempio, in città come Bologna, gli studenti fuori-sede possono votare alle primarie. Per quanto riguarda le abitazioni, la situazione è sempre più grave, ormai la media degli affitti sta raggiungendo quella di centri come Pisa e Bologna, e i contratti in nero stanno diventando una piaga fiscale. Massimo Zedda si è espresso chiaramente riguardo i contratti in nero. Si calcola che a Cagliari vi siano 5.000 stabili sfitti e 18.000 fuori sede. Se si fa una media di 3 studenti per abitazione l’arcano è risolto. Il comune si deve impegnare assiduamente per eliminare gli affitti illegali, finanziare il campus di Sant’Efisio -che non risolverebbe la situazione ma metterebbe a disposizione altri 1.000 posti- e snellire la burocrazia per le concessioni. Per quanto riguarda i trasporti, pare che la metropolitana leggera arriverà fino alla cittadella di Monserrato, i lotti per la costruzione dei binari sono stati dati in concessione all’università per vent’anni, e questo è un buon segno. Si può affermare che il servizio di trasporto pubblico funzioni, ma le strade sono ancora intasate di ingorghi. Il trasporto pubblico ha orari in controtendenza rispetto alle altre città europee. Dopo le 11.30 diventa difficile tornare a casa. Da via Roma, l’ultimo pullman per Quartu passa alle 10:30. Oppure l’ultimo pullman per la casa dello studente di Mulinu Becciu arriva alle 11:20. Quindi le soluzioni che si prospettano allo studente sono queste: essere costretto a tornare a casa come Cenerentola, tornare alle sei del mattino dopo o investire 15 euro in taxi. La programmazione serve a questo, a ridurre i costi e ad adeguare gli orari. Un abbonamento annuale costa 200 euro e un biglietto singolo è proibitivo. La metropolitana chiude alle 11:30, bisognerebbe valutare quanto costerebbe all’amministrazione una corsa all’ora durante la notte. Fantola parla di città turistica, ma di quale turismo possiamo parlare se non si riesccono a sfruttare in primis le enormi risorse convogliate dall’Università? Senza contare che il turismo dovrebbe servire per creare lavoro proprio per quelle figure che vengono prodotte dalle nostre università, come le guide e gli archeologi. Il turismo serve anche per valorizzare siti culturali come la Cattedrale, la chiesa di Bonaria, Tuvixeddu, il quartiere di Castello, Stampace. Una programmazione servirebbe anche per salvaguardare questi siti. Poi bisognerebbe parlare degli spazi di aggregazione, Cagliari e i suoi studenti soffrono infatti della mancanza cronica di centri culturali e spazi di socializzazione. In città sono presenti tante associazioni culturali e giovanili attive, che non dispongono dei luoghi materiali per la promozione delle loro attività. Unica 2.0 pretende risposte chiare su questo argomento. Qualche anno fa un timido passo avanti era stato fatto con l’inaugurazione dell’ex-Manifattura tabacchi, ma poi lo stabile è nuovamente caduto in disuso. In città e nell’hinterland si potrebbero sfruttare le servitù militari dismesse, questo faciliterebbe la realizzazione di numerose attività d’animazione culturale che gioverebbero all’ambiente cittadino, ma se per l’organizzazione di un concerto, anche di medie dimensioni, bisogna mettere a correre 3.000 euro solo per lo spazio, l’organizzazione diventa un’impresa insormontabile per degli studenti con pochi mezzi.  L’impegno del futuro sindaco sarà anche quello di ridare al polo universitario di Cagliari una sua attrattiva, tenendo conto infatti che il capoluogo sardo è il terzo su scala nazionale per costo della vita, gli studenti sono sardi sono sempre meno disposti a restare nell’isola per studiare. Perché uno studente fuori sede, o cagliaritano, non potrebbe spostarsi a Bologna, Torino, o in qualche altra capitale europea, se i costi della vita e per le tasse universitarie sono simili, e i vantaggi sono maggiori rispetto alle limitazioni?

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