Asor Rosa e la crisi della democrazia

16 Aprile 2011

Redazione

Il 13 aprile scorso Alberto Asor Rosa ha scritto sul Manifesto sulla crisi che sta vivendo la nostra democrazia. Ha ribadito, tra le altre cose, che “si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta «sovranità popolare», la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di «pubblico» (scuola, giustizia, forze armate, forze dell’ordine, apparati dello stato, ecc.)”. Come non dargli ragione?
Ciò che invece non troviamo condivisibile è la terapia che propone: “… Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d’emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d’autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d’interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l’Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale”.
In base a quale principio dobbiamo usare la forza che viene dall’alto, magari espressa dai carabinieri e dalla polizia di Stato per interrompere lo sfascio che sta vivendo la Repubblica? Non è questo un percorso estremamente pericoloso che poco si concilia con la difesa della democrazia?
L’unico intervento dall’alto, forse a questo punto doveroso, potrebbe farlo il Presidente della Repubblica, nel pieno rispetto della Costituzione.

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