Le statue di Monti Prama

Le statue di Monti Prama (VIII-VII secolo a.C.) sono uno degli episodi più importanti della storia dell’arte antica mondiale. Il ritrovamento avvenne nel 1974, a seguito di lavori agricoli fra lo stagno di Cabras e il mare di Putzu Idu e Is Aruttas, in un’area costellata di nuraghi e a pochi chilometri dalla città fenicia di Tharros. Circa trenta le statue, quattromila i pezzi da ricomporre: rinvenuti all’interno di una discarica antica che ricopriva, con molti modellini di torri nuragiche e vari elementi architettonici, una necropoli di trenta tombe a pozzetto strettamente affiancate, senza soluzione di continuità: sepolture singole di uomini, donne e anche bambini costituenti un’antica gens. Le sculture erano forse esposte all’interno di un edificio colonnato, un eccezionale heroon (luogo funebre dedicato ad eroi). Le necropoli della vicina Tharros dei Fenici ospitarono sepolti di rango nuragico, sardi in qualche modo coinvolti nella fondazione urbana della città del Capo S. Marco.
Difficile trovare un luogo antico con una tale concentrazione di sculture colossali (le recenti ipotesi ricostruttive indicano statue di due metri e mezzo circa). Ad oriente vengono in mente la statuaria siriana e neo-hittita, quella greca ed egea. Nella penisola italica i contesti eroici e funerari etruschi, piceni, daunii (Vetulonia, Capestrano, Siponto). A Monti Prama l’elaborazione artistica ha una sua inconfondibile originalità: l’apparentamento, stringente, è con i celebri bronzetti nuragici di tipo ‘Abini’, ma lo stile ‘veste’ persone astratte, lontanissime, guerrieri ed atleti nella fusione ideologica tipica delle aristocrazie militari arcaiche. Forse perché il richiamo è ad uno dei miti della fondazione della Sardegna, la colonizzazione guidata da Iolao, con cinquanta Tespiadi, e al ricordo di un tempio in suo onore: notizie che provengono da fonti classiche fondamentali come lo Pseudo-Aristotele, Diodoro Siculo, Pausania, Silio Italico.
Una tale concentrazione di statue colossali apre scenari straordinari per l’epoca e nel mondo nuragico sul rapporto produzione/committenza; allude ad una storia molto radicata, a un mnemotopo la cui forza dovette subire una violentissima dissacrazione: sicure le fratture antiche di una serie di busti, e persino alcuni frammenti di quei nasi taglienti, mostrano all’osservazione fratture nette, decise. La distruzione non pare anteriore all’età punica (IV-III secolo a.C.).
Le statue, di eccezionale magnetismo, si datano fra la metà dell’ottavo ed i primi decenni del settimo secolo a.C.. Le superfici lisce di arenaria, costruite secondo la tradizione geometrica, sono trattate con raffinate sottolineature decorative ed elementi stilistici particolarmente riscontrabili nel cosiddetto “Orientalizzante”: coppie di trecce che scendono sul petto, tagli angolari dei visi (in pieno stile dedalico), notazioni calligrafiche nel vestiario.
Vi è anche una datazione ‘alta’ (XI-X secolo a.C.), meno stringente ma proposta da alcuni studiosi, che avvicina in qualche modo le statue ai mitici “Shardana”, uno dei ‘Popoli del Mare’ noti dalle fonti egiziane ed hittite fra il XV ed il XII secolo a.C.. E’ particolarmente seguita da ambienti neo-nazionalisti che combinano in tal modo – non tutti – elementi di orgoglio etnico (“la scultura sarda precede quella greca”) e di una memoria culturale eroica e militaresca da proiettare simbolicamente nella contemporaneità.
Il fondamentale contesto è in corso di restauro presso il Centro di Restauro Regionale di Li Punti (SS), dotato di mezzi e personale tecnico-scientifico di eccellenza.

m.m.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

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C. Tronchetti, I Sardi, Traffici, relazioni, ideologie nella Sardegna arcaica, Longanesi, Milano
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Bernardini, R. Zucca (a cura di), Il Mediterraneo di Herakles. Studi e ricerche, Roma, 2005,
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Le foto sono tratte dai testi citati e da una ricognizione al Centro Regionale di Restauro di Li Punti, che si ringrazia per la consueta disponibilità.