Antigone: l’attualità di una tragedia

16 Aprile 2009

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Natalino Piras

Dal libro delle sepolte. Tebe, in Beozia, Grecia, al tempo del mito. Finita la guerra civile, che ha opposto in uno scontro fratricida Eteocle e Polinice e ristabilite le norme, Creonte, tiranno della città, ordina che i cadaveri dei ribelli rimangano insepolti. Onore dunque per Eteocle e che Polinice invece sia pasto per cani e avvoltoi. Contravvenendo all’editto, Antigone, sorella dei due guerrieri uccisi e promessa sposa di Emone, figlio di Creonte, dà sepoltura a Polinice. Scoperta, viene condannata ad essere sepolta viva. Emone si uccide. La maledizione sulla casa di Laio, padre di Edipo che a sua volta è padre e fratello di Antigone e degli uccisi, continua a mietere vittime. In sintesi è questa la trama di Antigone, tragedia di Sofocle del V° secolo a. C. (Una datazione più esatta dice che è del 442 circa). Sulle categorie dialettiche e sulle opposizioni di questo incommensurabile testo che mette in comunicazione pubblico e privato, vivere sociale e visioni dell’ordine ma anche sull’attualità di una vicenda che genera dal buio di tremila anni, indaga tra gli altri un libro di George Steiner. Il libro è Le Antigoni (titolo originale Antigones, traduzione di Nicoletta Marini), pubblicato da Garzanti nel 1990 ma è come se fosse oggi. George Steiner, critico letterario e professore a Ginevra, Chicago, Harvard, Oxford e Princeton, uno dei viventi  più importanti, letterariamente parlando, scrisse molti anni fa  anche sul  Giorno del giudizio, romanzo postumo di Salvatore Satta pubblicato la prima volta nel 1977, ambientato a Nuoro.  Tra le altre cose, Steiner dice che Il giorno del giudizio è la descrizione “in forma più moderna” del “mondo primitivo e femminile” della tragedia di Sofocle. “Un mondo”, continua Steiner, “al di fuori del tempo politico, in cui chi non ha marito e figli si sente oscuramente a proprio agio”. Oscuramente: nel buio assoluto della tomba che racchiude Antigone viene elaborato il tempo del mito greco e di molti altri miti. Antigone, figura umana, appartiene a una dimensione universale e la sua vita-morte sono eterne, per niente accette agli dei inferi e neppure a quelli superni. La sepolta viva Antigone  e le sue leggi di umanità-umanesimo contrastano la crudeltà degli dei, l’assolutismo del divino e la sua riproposizione in inique leggi terrene. Antigone, rileva Steiner, oppone la sua inermità di donna a un fanatismo orientale consumato in area occidentale. Steiner insiste sull’occidentalità dell’opera di Sofocle ma ne fa vedere la continua riproposizione, per tremila anni,  in diverse geografie del mondo. Ci sono in Antigone aspetti filosofici e antropologici,  le opposizioni famiglia-Stato, Tebe di allora e Tebe di oggi. Steiner dice di come tra epoca dei Lumi e epoca Romantica  Hegel abbia riletto e riscritto  l’Antigone adoperandosi a correggere lo squilibrio kantiano che dentro la tragedia di Sofocle  vede solo la coscienza   morale dell’eroina contro “imperativi etici atemporali”. Altro che: Antigone, figura del mito,  è sempre dentro il tempo storico. Poi Steiner passa a vedere Antigone in pittura, scultura,  teatro, cinema e soprattutto in cose di letteratura. Antigone è come Elettra che vendicò il padre Agamennone e istigò il fratello Oreste a uccidere la madre Clitmnestra. Ma anche Cordelia shakespeariana, la cui morte spezzerà il cuore al padre re Lear. E ancora è Carlotta Corday che uccise, supremo atto di giustizia, il rivoluzionario sanguinario Saint Just, pugnalandolo nella vasca da bagno.   Antigone si muove nell’ordine dei sentimenti che confliggono con l’ordine della ragione, specie se di stato. Antigone, insiste Steiner, è un paragone insuperato di pietas proprio perché la pietas sofoclea è “umanesimo visitato dalla trascendenza”. Come a richiamare, in qualsiasi luogo-tempo, la necessità di cose e segni sacri basati sulla sacralità del corpo. Le Antigoni di Steiner è un libro fascinosamente caleidoscopico dove insieme all’eroina rivisitata da un altro filosofo, Kierkegaard, c’è quella di Hölderlin, poeta folle.  Sull’Antigone di Sofocle hanno costruito le loro indagini psicanalitiche Freud e Jung.  Come tappe miliari nelle rispettive arti ci sono del personaggio la riduzione teatrale di Jean Anouhil,  il film I cannibali di Liliana Cavani, la messa in spartito musicale da parte di Carl Orff, quello dei Carmina burana. Il testo di George Steiner è giocato sulle affinità e sui tradimenti  intorno al personaggio centrale, varianti ancora letterarie, antropologiche e sociologiche. Molta importanza hanno le distanze e i riavvicinamenti che Steiner esercita nei confronti della stessa eroina lungo tre millenni e nei confronti di personaggi comprimari e deuteragonisti: oltre quelli nominati una in particolar modo, Ismene, sorella di Antigone, resa in versi sublimi da Ghiannis Ritsos, poeta greco contemporaneo. George Steiner è un professionista della letteratura che ha gusto raffinato e udito fine. Nelle pagine conclusive della sua indagine, più di 350 pagine, compare Tiresia, indovino ufficiale di Tebe. Tiresia ha delle visioni per le quali non sempre viene ascoltato e creduto. Ma già tremila anni fa, Tiresia era consapevole “dell’inversione del mondo dei vivi e dei morti”. E  descriveva con estrema lucidità “un pianeta dove massacri o guerre nucleari hanno lasciato un numero infinito di morti insepolti”.

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