Boschi: lo Statuto sardo non si tocca!

1 Dicembre 2016
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Francesco Casula

In Sardegna per la campagna referendaria, la Ministra Elena Boschi a Sassari il giorno 28 novembre scorso, ha perentoriamente affermato:”Lo statuto sardo non si tocca”. Ora delle due l’una: o la Boschi non ha letto la Riforma costituzionale o è una bugiarda. Propendo per questa seconda ipotesi: e ben per lei!

E’ pur vero infatti che la Riforma oggetto del referendum del 4 dicembre prossimo, esclude le Regioni a Statuto speciale, ma il comma 13 dell’articolo 39 prevede espressamente la revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome

Una revisione dello Statuto per il suo sostanziale depotenziamento ed espropriazione dei suoi poteri, ad iniziare da quelli “concorrenti”: mi sembrerebbe infatti paradossale che con la “revisione” si possa conservare alla Sardegna i poteri sottratti alle regioni a statuto ordinario, relativi a settori fondamentali e strategici come le grandi opere, il problema energetico ecc. La normativa secondo cui “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”, non potrà che essere applicata anche alla Sardegna. In base a tale normativa la Regione sarda, di fatto sarà completamente espropriata delle sue competenze. E così, senza discussioni e confronti, lo Stato, a prescindere dalla volontà della Sardegna e delle sue comunità, potrà decidere, ad libitum, di continuare a mantenere il nostro territorio occupato dalle Basi militari (anzi, potrà persino aumentarle!); trivellare, sventrare e devastare la nostra terra e il nostro mare; allocare il deposito unico nazionale delle scorie nucleari e l’aliga di mezzo mondo.

Certo sulla “revisione” dovrà dire la sua anche la Regione sarda. Ma, se pur anche Pigliaru fosse un leone e non il gatto (o il coniglio) che fin’ora si è palesato sempre in occasione di confronti con il Governo e lo Stato, con quale forza potrebbe presentarsi, in seguito alla eventuale vittoria del SI per “contrattare la “revisione” dello Statuto? Con forza zero. Il Governo infatti obietterà: ma cosa volete? Il popolo ha deciso.

Di qui la necessità di votare NO e impedire che lo Statuto sardo venga ulteriormente svuotato. Ma una volta sconfitto il disegno renziano si tratta di rilanciarlo, lo Statuto. Oggi infatti è giunto il momento in Sardegna di imboccare decisamente la strada del suo rifacimento come nuova Carta de Logu, una vera e propria Carta Costituzionale di Sovranità per la Sardegna, che ricontratti su basi federaliste il rapporto Sardegna – Stato Italiano e che partendo dall’identità etno-nazionale dei Sardi ne sancisca il diritto a realizzare l’Autogoverno, l’autodecisione, l’autogestione economica e sociale delle proprie risorse e del territorio, il diritto a usare, insegnare e valorizzare la propria lingua e cultura, a gestire la scuola, i trasporti, il credito, le finanze e l’ordine pubblico, la possibilità di controllare i grandi mezzi di comunicazione di massa e dell’informazione, di fronte alla quale oggi la Regione è totalmente disarmata e niente può fare perché essi rispondano a criteri di uso democratico e socialmente utile. Il potere infine, in settori fondamentali quali la difesa e i rapporti internazionali, di esprimere parere vincolante in merito a tutte le iniziative che tocchino gli interessi vitali della Sardegna.

Un Nuovo Statuto dunque di sovranità e non di Autonomia: sia pure nuova o rinnovata e rimpolpata. E non si tratta evidentemente di diversità linguistiche o di una diversa modellistica giuridico- istituzionale.

La visione autonomistica dello Stato infatti, è ancora tutta dentro l’ottica dello Stato unitario e centralista – così come in buona sostanza è ancora disegnato dalla Costituzione repubblicana – che al massimo può dislocare territorialmente spezzoni di potere nella “periferia” o, più semplicemente può prevedere il decentramento amministrativo e concedere deleghe parziali alla Regione, che comunque in questo modo continua ad esercitare una funzione di “scarico”, continua ad essere utilizzata come un terminale di politiche sostanzialmente decise e gestite dal potere centrale; che vede il rapporto Stato- Sardegna in termini asimettrici, di pura e semplice dipendenza, che prefigura da un lato l’accettazione di uno Stato coinvolgente e ancora totalizzante – nonostante qualche timido tentativo di “dimagrimento” – dall’altro la concessione di uno spazio di gestione amministrativa e politica del tutto ininfluente. Insomma, uno scambio ineguale, che pone la Regione in uno stato di marcata inferiorità.

Il Federalismo si muove in una logica diversa e per molti versi opposta. Non si tratta di dislocare parziali e limitati poteri dal “centro” alla “periferia”, dallo Stato Italiano alla Nazione sarda, poteri che rimarrebbero comunque articolazioni dello Stato centrale; si tratta invece di procedere – come sostiene Norberto Bobbio – “alla disarticolazione dello Stato nazionale unitario per dar luogo a una forma nuova e diversa di Stato di Stati, in cui per Stati non si intendono più Stati nazionali degradati da Enti sovrani a parti di uno Stato più grande, ma parte e territori di un Stato grande elevati al rango di Stati membri”.

Occorre cioè porre la questione della Nazione sarda in termini moderni, come protesta contro lo Stato ufficiale unitario, accentrato, centralista e oppressore nei confronti delle minoranze nazionali. E dunque come lotta per il suo superamento, per il suo deperimento e per l’affermazione e la creazione di uno Stato plurinazionale e plurietnico. In cui il popolo sardo, grazie alla sua storia e lingua e alla sua precisa identità nazionale, possa avere diritto all’indipendenza e dunque, magari attraverso un referendum, alla secessione.

1 Commento a “Boschi: lo Statuto sardo non si tocca!”

  1. Michele Soddu scrive:

    Io spero vivamente che la Ministra Boschi reiteri in Parlamento ciò che ha dichiarato a Sassari. Altrimenti si pone seriamente un problema di natura istituzionale tra la Regione Autonoma della sardegna e il Governo. E non solo con la Regione Sardegna, Visto che esistono altre realtà regionali uguali a quelle della Sardegna…

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