Da Sant’Elia a San Bartolomeo la ribellione contro l’EcoCentro

1 Ottobre 2015
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Claudia Zuncheddu

Sant’Elia come Soweto, il quartiere di Mandela e simbolo della ribellione, il primo a sud di Cagliari e il secondo a sud ovest di Johannesburg: dépendances lontane dagli occhi e lontane dal cuore dei grandi centri urbani.

Come Soweto, un quartiere di 4 milioni di persone, anche Sant’Elia è luogo di primati, è il più grande parcheggio umano della Sardegna. Mentre nel cuore di Cagliari i decessi ormai superano le nascite, decretando con l’invecchiamento la morte della città, Sant’Elia è in forte espansione demografica. Il quartiere benché da sempre discriminato, offre alla Cagliari snob il meglio di se stesso: le energie vitali per il futuro della città, i suoi bambini.

A Sant’Elia, da sempre ricettacolo di cattive scelte della politica e di brutti vizi della città, regna l’apartheid. E’ lì che negli anni 70 iniziò il trasloco dei cittadini poveri che affollavano i sottani di Castello e non solo. Il sogno di una casa per molti senza tetto, erano quei palazzoni, contenitori verticali di migliaia di persone. Tutto in spregio alla bellezza del golfo e al vecchio Sant’Elia dei pescatori che vive in armonia tra il verde e il mare.

Per oltre 10 mila cittadini non esistono infrastrutture, strade, piazze, spazi culturali, commerciali e artigianali dove creare economia locale, centri di aggregazione e di scambio, luoghi pubblici dove far incontrare i cittadini, spazi per ambulatori medici, un sito postale, uno sportello bancario. La scuola pubblica, che con la fatica di dirigenti scolastici e insegnati è stata d’avanguardia per tutta la città, in questi ultimi anni, sotto i tagli della spending review, è stata abbandonata al degrado, sotto l’indifferenza degli amministratori locali che non l’hanno saputa difendere. 

E’ così che spesso l’unica speranza di riscatto sociale ed economico per i giovani è il modello del nuovo imprenditore di quartiere, quello delle attività illecite e che i soldi li fa davvero. La politica dorme sul malessere e sulle povertà. Dorme sugli alti contenitori umani che cedono vistosamente sui terreni di riporto, tra voragini e rifiuti che si accumulano senza che gli addetti al ritiro se ne preoccupino.

Il degrado di Sant’Elia dei palazzoni è la coscienza sporca di chi dagli anni 70 ad oggi governa la città, interpretando quel quartiere come il più grosso serbatoio di voti da comprare, da barattare, da ingannare.

La valorizzazione del lungomare è da sempre lenta. E’ lo specchietto per gli allocchi nelle campagne elettorali. Di fatto il quartiere non deve decollare con le sue grandi risorse, tra mare e colle, tra storia, cultura e archeologia. L’emancipazione economica, sociale e culturale crea consapevolezza e libertà quindi quell’enorme bacino demografico dove passano le grandi vittorie e le grandi sconfitte elettorali, è destinato alla povertà e al ricatto. 

Che Sant’Elia sia condannato dalla politica alla ghettizzazione lo dicono i fatti. E’ recente la scelta dell’attuale amministrazione di centro sinistra, con la complicità del centro destra, con un solo consigliere contro, di destinare a Sant’Elia 6000 metri quadri di deposito di rifiuti provenienti da tutta la città. 

L’area di verde pubblico all’ingresso di Sant’Elia e a ridosso di San Bartolomeo, in prossimità dell’Istituto per anziani, della scuola elementare delle Mercedarie e dei suoi orti urbani curati dai bambini, verrebbe sacrificata sull’altere dell’ecocentro in cui conferire rifiuti differenziati anche pericolosi. Gli ecocentri sono indispensabili nella catena della raccolta differenziata ma vanno installati in siti adeguati.

Poco importa a questa classe politica se l’enorme deposito, sul crocevia da cui si snodano i più importanti percorsi turistico-naturalistici di Cagliari, dal Colle di Sant’Elia, a Calamosca, al Poetto, alle Saline, al Parco di Molentargius contrasta con la vocazione dei luoghi, viola il Codice dell’Ambiente, espone a rischi e a malattie i residenti.

Si ignora che per il Principio di Precauzione della normativa europea, l’ecocentro di Tipologia B per Sant’Elia è fuorilegge e non può essere impiantato a ridosso dei centri abitati quindi ancor meno alla popolatissima Sant’Elia e a San Bartolomeo. Così come è stata una grave violazione dei diritti dei cittadini non essere informati e coinvolti nei processi decisionali inerenti agli impianti a forte impatto ambientale come in questo caso.

Sant’Elia e dintorni sono sede a forte vocazione turistico-naturalistica/storica-archeologica che attendono di essere valorizzati. I quartieri di Sant’Elia e San Bartolomeo sono costruiti su terreni paludosi colmati con materiali di riporto. I numerosi cedimenti di pavimenti stradali e dei palazzi da Piazza Falchi a Via Prunas indicano l’inadeguatezza del terreno per l’edificazione del colossale ecocentro imposto dal Comune.

Il forte incremento del traffico nel quartiere, dovuto al va e vieni continuo di auto di cittadini e di mezzi pesanti provenienti da tutta la città, oltre alle attività nel Centro stesso esporrebbe ad inquinamento dell’aria, inquinamento acustico, ed a smottamenti o cedimenti del terreno con rischio di inquinamento del suolo e del sottosuolo in caso di sversamenti anche accidentali di sostanze tossiche.

Sulle condizioni di salute ambientale e dei residenti, i medici che operano nel quartiere denunciano da tempo che la salute ambientale e dei cittadini a Sant’Elia è già in forte sofferenza per la sua costante esposizione all’inquinamento, proveniente dalla Saras e dall’inceneritore di Macchiareddu, portato dai venti.

Il Convegno-dibattito del 23 settembre che ha visto l’imponente partecipazione dei residenti dei quartieri interessati, è stato il primo momento di ribellione democratica di una parte della città che con il suo NO dice un BASTA alle scelte imposte dal Comune e non condivise.  

1 Commento a “Da Sant’Elia a San Bartolomeo la ribellione contro l’EcoCentro”

  1. Andrea Camba scrive:

    Un vecchio adagio recita così: Chi si fa pecora il lupo se la mangia!!!
    Questo lupo, che non si chiama Alberto ma Massimo, forse non sa distinguere un mansueto gregge di ovini da una folla di cittadini determinati a far valere sia i propri diritti che le norme regionali ed europee in materia di ecocentri. Credo che sarebbe meglio dialogare per cercare una soluzione, più rispettosa, sia delle norme che del semplice buonsenso.

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