Esilio e coscienza

1 Novembre 2016
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Mauro Tuzzolino

Ci sono incontri e circostanze che inaspettatamente ti restituiscono chiarezza di contorni e comprensione profonda, laddove ti affaticavi a trarne decodifica razionale.

Ho conosciuto A., bimbo siriano di soli otto anni. Vive in Sardegna da tre sotto la custodia di due attentissimi genitori affidatari. In attesa di un prossimo ricongiungimento con la madre e i due fratelli. E’ arrivato, come tantissimi altri, con le barche della speranza che attraversano le onde mediterranee. Occhi grandi e sguardo acuto. Bello. “I primi tempi, quando vedeva passare gli aerei – racconta B., la madre sarda – faceva il gesto di sparargli contro”. Gesto istintivo, di difesa, di sopravvivenza. Chiudo gli occhi e cerco di immaginare, immedesimarmi in una vicenda dolorosa e triste, talmente dolorosa da spingere due genitori ad affidare un bimbo di soli cinque anni alla disperata possibilità del mare, alla speranza di un futuro nel quale gli aerei sono semplicemente mezzi di trasporto che destano la meraviglia negli occhi rivolti all’insù dei bimbi curiosi.

Occasione di questo incontro è stata la presentazione dei libri di Shady Hamadi: “La felicità araba” e “Esilio dalla Siria”. Per Malik, per la manifestazione “I libri aiutano a leggere il mondo” che quest’anno è titolata “Pari o Dispari”. E’ stato proprio quest’incontro a chiarirmi definitivamente le idee sullo straordinario e importante lavoro di Shady. Shady Hamadi è il cittadino del presente e, soprattutto, il cittadino cosmopolita del futuro, dalle identità multiple e dotato di una strumentazione culturale appropriata al nostro tempo.

Shady nei suoi libri ci offre un’altra indicazione di merito e di sostanza: possiamo considerarlo un cittadino di seconda generazione. E per lui il recupero di identità è un fattore di fondamentale importanza. La storia di Shady come quella di tanti altri ci insegna che non possiamo e non dobbiamo sradicare in nome di un processo di acculturazione. L’identità va preservata, altrimenti il rischio è che si inneschi la ricerca di una pericolosa identità originaria, una ricerca di purezza come rivincita e rivalsa e, spesso, questa ricerca approda sui lidi del radicalismo fondamentalista, capace di offrire una potente cornice di senso.

I libri di Hamadi, blogger, scrittore e attivista esule della causa siriana, costituiscono insieme eredità del dolore e sguardo del presente, in una regione del mondo, la Siria, ove stanno precipitando le contraddizioni degli equilibri dei poteri globali. E hanno il grande merito di disvelarci una parte delle storie che si celano dietro la nostra (europea) fredda gestione burocratica dei grandi flussi migratori. Aprono una luce di verità sullo specifico della vicenda siriana, ove il mondo tutto è stato incapace di cogliere e valorizzare le energie di quel movimento civile che è stata la cosiddetta Primavera araba; riflettono lo strabismo di tutta la comunità internazionale, assolutamente impotente dinanzi al coacervo di interessi che lì di addensano.

Le storie che Shady ci racconta, con partecipazione e densità sentimentale, della nostra inadeguatezza di cittadini globali. La società si è globalizzata negli aspetti principalmente legati agli interessi economico finanziari; il cittadino si è viceversa accovacciato sul proprio perimetro individuale. Shady Hamadi è un esule; e forse dovremmo farci tutti esuli, dal momento che non esistono più rocce talmente solide da sostenere il nostro desiderio di rimanere aggrappati a certezze ormai prive di significato per abitare coscientemente il mondo.

E’ per questa ragione che dobbiamo accudire come tesoro prezioso le vite di tutti gli A., cittadini di domani, siriani, senegalesi, indiani, … per consolidare un punto di vista maturo, molteplice e consapevole sulle vicende che ci attendono. In nome della coscienza di tempo; in nome della coscienza di luogo.

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