Europa e migrazione

16 Giugno 2015
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Gianfranca Fois

Anche il leone deve avere chi racconta la sua storia. Non solo il cacciatore.” Così diceva il grande scrittore africano Chinua Achebe riferendosi a chi continuava a guardare e a raccontare l’Africa in modo stereotipato mostrandocela vittima o barbara, quasi mai nella sua complessità.

Così ancora ce la consegna il mondo dell’informazione, soprattutto italiano, ma in questi tempi di migrazioni e di morte nel Mediterraneo l’ignoranza è ancora più pericolosa, soprattutto se il mondo politico per calcoli elettoralistici e di potere sfrutta paure e disagio provocati dalla crisi economica e mette in concorrenza i cittadini più in difficoltà con i migranti in arrivo.

Il tema delle migrazioni è sicuramente tra i più complessi che il mondo moderno deve affrontare, sarebbero necessarie conoscenze, capacità e competenze per predisporre progetti proiettati nel futuro e non toppe temporanee o proposte indecenti come il bombardamento, in acque territoriali libiche, dei barconi che trasportano i migranti.

Sul tema dell’emigrazione vanno sottolineati alcuni aspetti che purtroppo il sistema informativo e politico tace o manipola per ignoranza o malafede. Chiariamo anzitutto che chi arriva via mare sbarca prevalentemente in Italia ma la maggior parte considera il nostro paese una prima tappa verso altri stati europei.

Questa richiesta non può però essere accolta a causa di alcune clausole del trattato di Dublino secondo le quali il paese che registra il migrante al suo arrivo deve anche farsene carico. Questo trattato non ci fu imposto ma fu firmato nel 2003 dal governo Berlusconi, dimostrazione, insieme alle ultime dichiarazioni dei tre attuali presidenti delle regioni del Nord, di una classe politica incapace di governare e amministrare.

L’afflusso di migranti, richiedenti asilo e profughi inoltre è diventato in questi ultimi anni sempre più massiccio a causa delle guerre in Siria e Iraq, delle guerre o dittature in vari paesi africani. Eppure si parla ancora di emergenza mentre si tratta di un fenomeno iniziato nel 1990 e che interessa il 3% della popolazione mondiale. Il numero di migranti provenienti via mare è inoltre di gran lunga inferiore rispetto a chi entra in Europa via terra (Balcani) o via aerea. Per quanto riguarda i richiedenti asilo ci sono nazioni che lo concedono in numero molto più alto dell’Italia, per esempio la Germania e la Svezia.

I nostri governanti si lamentano di essere lasciati soli, senza aiuti dall’Europa per affrontare gli sbarchi. La Comunità europea invece devolve all’Italia numerosi finanziamenti per l’accoglienza dei migranti e per progetti di integrazione. Nel periodo 2007-2013 circa mezzo miliardo di Euro, per il periodo 2007-2020 circa 310.355.777 milioni, in pratica l’Italia è il secondo paese cui vengono concessi i fondi più alti in questo settore. Ciò non toglie che i paesi europei proprio in questi giorni rifiutando la quota di migranti da accogliere stiano dimostrando non soltanto grettezza e meschinità, un arretramento di civiltà e diritti ma anche un’ipocrisia senza limiti.

Infatti i paesi da cui si verifica la fuga di tanti cittadini sono la Siria, con una guerra sanguinosa cui non sono del tutto estranei i così detti paesi occidentali, l’Afghanistan e l’Iraq coinvolte nelle guerre al terrorismo che invece in questo modo è stato alimentato, e infine i paesi dell’Africa centrosettentrionale che sono stati colonie europee. Le ex o nuove potenze coloniali hanno favorito, anche con la forza e con l’eliminazione fisica dell’opposizione, l’ascesa al potere di élite corrotte pronte a svendere le materie prime dei loro paesi (petrolio, diamanti, oro, rame, cobalto e altri minerali importanti, come il coltan necessario per la costruzione dei cellulari). Tutto ciò ha provocato miseria e danni ambientali notevolissimi, basti pensare al delta del Niger ridotto a una cloaca avvelenata dagli interventi delle compagnie petrolifere. Senza dimenticare il traffico legale e illegale, ma sempre in aumento, delle armi da parte di costruttori europei, spesso italiani, e nordamericani.

Come se ciò non bastasse si sta diffondendo sempre più la land grabbing, accaparramento delle terre svendute a aziende e governi senza il consenso delle popolazioni che le abitano e che per sopravvivere sono quindi costrette a scappare ed emigrare. Il fenomeno è aumentato del 1000% dall’inizio della crisi economica. Le terre così acquistate servono per coltivare cibo per i paesi che le acquistano o per l’esportazione, per i biodiesel. Lo fanno investitori italiani in Senegal, la Cina o multinazionali inglesi e statunitensi in Africa. Ma si tratta di un fenomeno diffuso in quasi tutto il mondo e che molti considerano una nuova versione del colonialismo.

Risulta evidente da queste brevi e schematiche riflessioni che tutte le proposte in chiave repressiva e di sicurezza non risolvono la situazione. I confini spaziali, culturali, identitari, le regole, i limiti che contrassegnano l’articolazione della Comunità Europea verranno, che lo si voglia o no, superati e resi inutili dallo spostamento di persone in cerca di pace, di lavoro e di futuro. Questo incontro-scontro sta provocando in tutto il continente mutazioni, trasformazioni che ancora sono solo all’inizio, saperlo risolvere nel modo meno traumatico dovrebbe essere il primo impegno di governi che si definiscono democratici.

*Fonte immagine – Metaphotos

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