Fronte Indipendentista Unidu: NO al rafforzamento centralista dello Stato coloniale

1 Dicembre 2016
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Pubblichiamo il comunicato del Fronte Indipendentista Unidu che invita i cittadini e le cittadine della Sardegna ad esprimere un forte e secco NO al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.

Da indipendentisti e da uomini e donne che amano la libertà, non possiamo che essere contrari ad una riforma iniqua che puzza di P2 e, di rimando, a Licio Gelli, ideatore del “Piano di Rinascita Democratica” che insiste sulla necessità di “accentrare ed efficientare” lo Stato.

Il viatico del potenziamento degli Esecutivi e lo svuotamento dei Parlamenti rientra tra l’altro, a pieno titolo, nelle richiamate raccomandazioni del capitale finanziario europeo (memorandum J.P. Morgan) riguardo le “soluzioni” per uscire dalla crisi, che dovrebbe implementare l’Eurozona e, più in dettaglio, gli Stati membri UE. Chiariti i veri ispiratori della riforma costituzionale passiamo alle ragioni concrete per cui invitiamo il popolo Sardo a votare NO:

La riforma prevede l’introduzione di una “Clausola di supremazia”: tramite questa il Governo può intervenire su qualsiasi materia regionale senza limitazioni, ovvero spoglierà di ogni valore la legislazione regionale. Laddove questa volontà regionale non sarà allineata con i supremi “interessi nazionali italiani” tale livello di governo potrà essere esautorato.

La riforma, inoltre, incide pesantemente su proposta di leggi di iniziativa popolare e referendum. L’aumento delle firme per le proposte di legge (da 50.000 a 150.000) e della soglia da raggiungere per ottenere il referendum abrogativo (dalle attuali 500.000 firme si andrà a 800.000), renderanno oggettivamente più difficile l’applicazione degli istituti di democrazia diretta.

In estrema sintesi, è chiaro come il “DDL Boschi” fa sì che il Governo diventi il vero e unico titolare sia del potere legislativo che di quello esecutivo. Questi sono i colpi decisivi con i quali si avvia un processo di disarticolazione degli ultimi residui di democrazia formale.

Anche se per adesso la condizione autonomistica della Sardegna non è in ballo, la vittoria del SI metterebbe ancora più in pericolo, in prospettiva, le condizioni reali in cui versa la società sarda, minacciandone e pregiudicandone a lungo termine qualsiasi processo di emancipazione sociale e nazionale: la ratio della legge imporrà giocoforza di mettere mano alle regioni a statuto speciale, avviando a liquidazione ogni competenza sovrana e ridisegnando in senso del tutto autoritario e centralista la forma-stato Italia.

L’unica vera riforma della Carta costituzionale che i popoli costretti a stare dentro la gabbia statuale italiana approvano, è quella dell’articolo 5 della Costituzione che è contrario a tutta la legislazione internazionale sul diritto all’autodeterminazione e al buon senso della storia. Pertanto, dichiarare per legge che uno stato è “uno e indivisibile” significa due cose: 1) pretendere stupidamente di negare il passato e interrompere il processo storico 2) affermare che i popoli non hanno diritto a decidere e ad autodeterminarsi.

Ciò che dovrebbe realmente essere ristrutturato, è lo statuto autonomistico stesso, inserendo i diritti linguistici del Popolo Sardo (oggi nemmeno menzionati) e dichiarando, a chiare lettere, che la Sardegna è una Nazione capace di esercitare sovranità e autodecisione qualora lo ritenesse opportuno, temporaneamente inserita nella costruzione statale italiana, fatto che rimane di principale interesse. Tutto il resto rappresenta regolamenti di conti esclusivamente interni ad una logica centralista e di marca autoritaria, neosabauda e neofascista.

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