I “cessi” dell’Anfiteatro

1 Maggio 2011

Alfonso Stiglitz

Se vi capita di portare vostra nipotina (figlia, moglie, amica o viceversa nipotino, marito, amico, fate voi nelle molteplici combinazioni) all’Orto Botanico di Cagliari e salite verso la fine del viale, dove c’è il muro che lo delimita, avrete la sgradevole visione di una serie di strutture di servizio per gli spettacoli, quelle che comunemente definisco “i cessi dell’Anfiteatro”.
L’espressione è in se volgare, ma deriva dalla qualità progettuale di chi ha pensato di utilizzare  questo straordinario spazio cagliaritano semplicemente ricoprendolo di legno, snaturandone la forma e la funzione, oltreché sottoponendolo a un degrado palesemente visibile a chi ha occhi per guardare. La valle di Palabanda, dove sorge il monumento, era originariamente un piccolo canyon, formato da un antico ruscello, ancora parzialmente visibile a monte, con una forma già naturalmente ad anfiteatro, motivo per cui fu scelta l’area per la realizzazione dell’arena. Quello di Cagliari è, infatti, uno dei rari anfiteatri al mondo scavati nella roccia e non costruiti.
Probabilmente è questo il motivo per nasconderlo alla vista e trasformarlo in altro. Un po’ come per Tuvixeddu, eccessivamente importante per essere lasciata a vista; non sia mai che ci abbagliamo. La valle fu pensata dai romani come uno spazio degradante verso il mare, a monte del quale, ai margini della città, porre il monumento più significativo e più a valle una pluralità di altre strutture, visti i segni archeologici ancora presenti nell’orto botanico, per un uso pubblico dell’area. Oggi la valle è divisa in due da quel muro e da quei “cessi”; l’auspicio di tanti, da anni, è quello di ricostituirne l’unitarietà: un unico parco restituito ai cittadini con una progettazione di qualità. A proposito che fine ha fatto il concorso di idee? Invece quest’area, come altre della città, è diventata oggetto dell’utilizzo politico dei monumenti, della paura che questi siano testimoni della storia.
Se ci fate caso non c’è ormai a Cagliari un monumento archeologico che sia visibile nella sua contestualizzazione. E non è un caso se sull’Anfiteatro si sia scatenata l’ideologia della destra, propensa a un revisionismo storico nel quale è la politica a scrivere la storia con propri atti di imperio. L’indimenticato ex Presidente della Regione, Mauro Pili, nominato al Parlamento, a suo tempo capace di confondere la Sardegna con la Lombardia è, oggi, in grado di aggredire la logica, la tecnica e la scienza proponendo le proprie riflessioni sull’Anfiteatro, che dimostrerebbero l’incapacità dell’Istituto Centrale per il Restauro, uno dei massimi al mondo, di analizzare un monumento antico, che poi è la sua ragione d’essere.
È vero, ho detto del mondo e, in effetti, per Pili, riscopertosi paraindipendentista, la Sardegna risulta fuori dal mondo e, quindi non soggetta alla qualità scientifica. Per lui l’Istituto Centrale per il Restauro e la Soprintendenza archeologica avrebbero violato nientedimenoche l’Autonomia.
Non pago di ciò, con una consuetudine che ormai sta prendendo piede, corre dal Ministro dei Beni Culturali (neo nominato e, quindi, presumibilmente ignaro di tutta la vicenda) per fargli firmare una nota nella quale smentirebbe il proprio Istituto e la propria Soprintendenza. Alcune riflessioni sono necessarie, al di là del caso dell’Anfiteatro, frutto di una preoccupazione, che finalmente sembra aumentare in vari settori. La capacità della destra di demolire la cultura e di imporre il principio che l’eletto del popolo (in realtà nominato) abbia il diritto di dirigere la ricerca, scegliere i metodi, imporre i risultati.
C’è, in sostanza, in questa destra nostrana e continentale la voglia di assoggettare la ricerca, la scienze, il pensiero ai voleri della politica, dei nominati dal Capo, che in quanto tale sono investiti del potere di stabilire che cosa dobbiamo pensare, cosa devono fare i nostri centri di ricerca, quali metodi devono utilizzare e quali risultati raggiungere.
A livello italiano l’attivismo è notevole, pensiamo alla proposta di istituzione di una commissione di inchiesta sui libri di testo, nella quale i parlamentari si improvvisano storici creando un vero e proprio nuovo Indice dei libri, dal quale viene proposta la cassazione anche degli elogi di De Gasperi noto sovversivo comunista, e stabiliscono come si debba scrivere la storia. Oppure, a livello ministeriale, con l’imposizione in qualità di vicepresidente del CNR, il massimo organo di ricerca italiano, di un Legionario di Cristo che attribuisce ai peccati dei Messinesi la distruzione per terremoto di migliaia di innocenti e che, non più di un anno fa, si è distinto per la realizzazione di un convegno creazionista, nel quale un geologo (!) poté dimostrare (sic) che il Grand Canyon fu creato da Dio e non dal lento lavoro di un fiume.
Oppure a livello del Parlamento sardo, dove alcuni consiglieri si esibiscono in una proposta di legge per finanziare le ricerche su Atlantide, stabilendo ex lege le modalità e i risultati della ricerca. Per i nostri politici la ricerca scientifica, la tutela e la conservazione dei nostri beni culturali non è affidata a leggi che stabiliscono regole, che sarebbe il compito dei politici (possibilmente eletti e non nominati), e a competenze scientifiche e tecniche, autonome e indipendenti, ma ai ghiribizzi dell’Unto, come tale dotato di insindacabili verità. In tempi di difesa della Costituzione non paia fuori luogo richiamare almeno due articoli da trasmettere ai nostri smemorati nominati: Art. 9: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 33: L’Arte e la Scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

P.S. Visto che l’area dell’Anfiteatro nasce da un canyon in miniatura, non è che la legnaia sia stata voluta da Dio in persona?
Bisognerà interpellare il Vicepresidente del CNR perché distolga alcuni suoi ricercatori, oggi impegnati nella ricerca di Atlantide in Sardegna, e li invii immediatamente in sostegno di Pili.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI