Il lutto di Ottana

1 Giugno 2014
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Graziano Pintori

Alle ore 23 del 14 aprile 2013 un violento boato svegliò gli abitanti della piana di Ottana, si trattava di una fragorosa esplosione proveniente dal vicino complesso industriale. Il mattino seguente alberi, erba, case, animali e persone presenti in un raggio di duecento ettari – da Ottana a Noragugume – furono coperti da fuliggine, il paesaggio era di un nero inquietante. Circa duemila pecore che pascolavano in quel territorio sembravano listate a lutto, avevano il manto coperto da polvere nera e oleosa. Secondo Ottana Energia il fatto era da ascrivere “agli incendi di sterpaglie, come usano fare i pastori del luogo”, questa fu la prima delle tante offensive deduzioni avanzate dall’a.d della centrale elettrica Paolo Clivati, il quale, sempre con la solita sfacciataggine, affermava che la manutenzione della centrale elettrica era garantita dalla continua rilevazione dei dati, mentre l’assordante esplosione era causata da una valvola di sicurezza che sfiatava rumorosamente il vapore in eccesso. Generalmente queste ingenerose dichiarazioni provengono da certe categorie di imprenditori, cioè da coloro che utilizzano i territori altrui secondo i propri interessi, ben sapendo di non dover rendere conto a nessuno. Le banali e arroganti giustificazioni addotte da quella dirigenza sono state smentite un anno dopo, i sospetti sulle responsabilità del gruppo Clivati, avanzate dai sindaci, dalla Coldiretti dalla popolazione, avevano un fondamento che solo un processo potrà rendere inoppugnabile. I tre esperti, incaricati dalla Procura di Nuoro per fare luce sull’episodio, oggi affermano che la centrale elettrica di Ottana Energia non era conforme a quanto previsto dalla normativa vigente, come non lo è tuttora; inoltre, rispetto agli effetti della sostanza carboniosa sparsa sul territorio dopo l’esplosione del 14 aprile 2013, gli esperti affermano che non sono in grado di valutare le ripercussioni negative sull’ambiente nel prossimo futuro. L’episodio assume una valenza più grave in considerazione del fatto che i responsabili della centrale avviarono la sperimentazione del carbone fluido, il Cwf, la sostanza che avrebbe provocato l’esplosione, senza le dovute autorizzazioni. Invero l’ente Provinciale inviò la richiesta avanzata dall’azienda al Ministero dell’ Ambiente, ma venne classificata insussistente; mentre l’Arpas prescrisse l’adozione di precauzioni tecniche al fine di evitare il rischio di formazione di diossine. In sostanza la sperimentazione dell’utilizzo del Cwf venne avviata senza il nulla osta a procedere. Solo dopo alcuni mesi l’autorizzazione venne rilasciata dalla Provincia di Nuoro, un atto un po’ misterioso, che denota nei confronti del gruppo Ottana Energia una linea più politica che ambientale, condivisa sia dalla confindustria, il cui presidente è anche direttore generale del suddetto gruppo, sia dai sindacati. Inoltre, sarà bene ricordare che Provincia, Confindustria e Sindacati condivisero la proposta di conversione a carbone della centrale elettrica di Clivati, nonostante la contrarietà dei sindaci di Ottana e Nuoro, della Coldiretti e le popolazioni di altri dieci paesi che gravitano intorno alla piana. Intanto, sull’accaduto, nessuno sente l’obbligo di bonificare e tutelare quel territorio; nessuno, nonostante l’evidenza, si sente direttamente responsabile dello scempio, perciò è più che mai necessario la celebrazione di un processo per inchiodare gli autori del disastro alle loro responsabilità morali e materiali. Nell’attesa la sostanza carboniosa penetra nelle profondità della terra mischiandosi alle falde freatiche, tutto avviene nonostante le chiare responsabilità che emergono dal rapporto dei tre esperti nominati dalla procura nuorese. Su questa faccenda sembra che debba prevalere una sorta di impunità, o, per essere più chiari,viene eretto uno scudo di circa duecento lavoratori contro i quali puntualmente cozzano le questioni, soprattutto negative, che si generano nel contesto gestionale dell’area di Ottana. In realtà, amaramente, si constata che in quella piana desolata restano le macerie delle fabbriche chiuse, la cassa integrazione, l’impoverimento e i finanziamenti svaniti nel nulla; mentre, di concreto, resta solo l’inquinamento. Perciò non è esagerato affermare che è sempre più palese il ruolo secondario assegnato alla nostra isola nel panorama politico nazionale; un ruolo nel quale sembra adattatasi l’idea di vivere in una colonia dell’impero governati da “passacarte”, piuttosto che sentirsi attivi protagonisti in una regione autonoma della repubblica italiana, già custode di una millenaria dignità.

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