Il NO sardo. Una sentenza di condanna ampia, ma nessun dorma

16 Dicembre 2016
Claudia Zuncheddu

All’indomani del Referendum sulla Riforma costituzionale e la vittoria del NO, la Sardegna con il suo 72,2% è la prima tra le regioni d’Italia. Per la Sardegna che vanta il primato per la povertà, per lo spopolamento, per la dispersione scolastica, per l’occupazione militare dei territori, per l’inquinamento ambientale e per le malattie ad esso annesse, questo NO merita un’analisi politica attenta. I sardi hanno capito che le proprie specificità non possono essere riconosciute ad intermittenza, a seconda che siano favorevoli o no agli interessi dello Stato, compresa l’Autonomia.

Con la Clausola di supremazia speciale, della Riforma Renzi/Boschi/Verdini, sicuramente in nome di certe peculiarità sarde quali lo spopolamento, la desertificazione e la stabilità geologica dei territori, il Sito Unico delle scorie nucleari, da tutti rifiutato, avrebbe trovato qui la legittima sede. Altra conseguenza sarebbe stata l’ulteriore l’aggressione energetica e militare o la mercificazione del territorio nel nome del turismo, ovviamente nelle mani dei soliti noti. Le stesse terre sarde gravate da uso civico, sempre sotto la mira della speculazione, avrebbero rischiato facili sclassificazioni.

La resistenza delle collettività locali e dei numerosi comitati, a partire da Non Bruciamoci il Futuro di Macomer (nato contro l’inceneritore di Tossilo ed il suo ampliamento voluto dalla Giunta Pigliaru), a Zero Waste Sardegna, a movimenti indipendentisti, è la dimostrazione di quanto il NO dei sardi ad una Riforma che ci avrebbe tolto ogni possibilità decisionale in materia energetica e ambientale fosse preannunciato. Il braccio di ferro tra le cittadinanze sarde e la Giunta Pigliaru, che di fronte al Consiglio di Stato ha impugnato la sentenza con cui il Tar Sardegna bocciava l’inceneritore, anticipava il NO alla proposta renziana di cui Pigliaru si è fatto portavoce.

Tuttavia la vittoria del NO induce comunque noi sardi a non abbassare la guardia. Numerosi processi di una Politica perversa vanno avanti violando quanto la Costituzione italiana contempla ad esempio sul diritto dell’Uomo e del suo Habit alla Salute. La questione di Tossilo, ne è un triste esempio. Proprio all’indomani della vittoria del NO, infatti, il governo Pigliaru dà corso all’aggiornamento del Piano Regionale sulla gestione dei rifiuti urbani, stabilendo che l’ampliamento dell’inceneritore di Tossilo non debba essere sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Un crimine benedetto dal Consiglio di Stato. La questione Tossilo e la gestione del Piano dei rifiuti, impongono ai sardi di non abbassare la guardia.

I sardi non potevano permettere che il proprio territorio con le sue attività tradizionali, venissero definitivamente sacrificati sull’altare degli interessi del governo Renzi e delle multinazionali. Il 72,2% del No in Sardegna, è tutt’altro che un voto populista o qualunquista ma è una ribellione popolare che non è di certo attribuibile esclusivamente al fenomeno Grillo.

Non si può disconoscere l’impegno capillare e costante nell’Isola da parte di una rete di Comitati per il NO, a cui hanno aderito movimenti politici e culturali di diversa ispirazione politica, intellettuali, costituzionalisti, artisti, la CSS (sindacato sardo). Il vasto arcipelago indipendentista a partire da Sardigna Libera, che già si espresse su Il Fatto Quotidiano nel 2013, contro la manipolazione della Carta costituzionale, ha optato per il NO, ad eccezione di Sardigna Natzione che si è espressa per l’astensione e Progress che non ha preso alcuna posizione.

Sull’onda degli umori dell’ultima ora, i sovranisti (Rossomori), facenti parte della maggioranza Pigliaru, dopo aver dichiarato che “la Riforma non avrebbe leso l’Autonomia sarda”, hanno votato per il NO, mentre l’ancora più ambiguo Sel ha intrapreso strade diverse, tra cui quelli del SO del senatore Uras e quelli del SI di Zedda, sindaco di Cagliari. La bocciatura della Riforma è stata anche una bocciatura delle politiche liberiste e antipopolari portate avanti in questi anni dalla Giunta sarda di centro sinistra e sovranista. Una barca che oggi, mentre si inabissa, nel fuggi fuggi, c’è chi dopo aver manovrato male, cerca scialuppe per mettersi in salvo.

Alcuni fatti in occasione del Referendum hanno rafforzato l’idea dei sardi alla ribellione democratica, attraverso il voto come, ad esempio, la privatizzazione del sistema sanitario pubblico. Dalla crisi degli ospedali nei territori disagiati e nelle città tra declassamenti, accorpamenti e chiusure, alla creazione della Asl Unica, il nuovo centro di potere del Pd già trasferito a Sassari, alla nomina del super manager piemontese Moirano, anche lui fautore del SI alla Riforma. Il suo compito è quello di dare il colpo di grazia alla rete ospedaliera sarda. Su cosa leghi la Sardegna al Piemonte, la risposta è chiara: ieri la disavventura storica con i Savoia ed oggi il governo del Pd in Piemonte come in Sardegna.

Nel ricco calendario degli eventi pre-voto Riforma, non è sfuggita a noi sardi la misteriosa e maestosa visita in Sardegna del Presidente cinese, l’uomo più potente della Terra con il suo miliardo e 380 milioni di cittadini e il suo tête-à-tête con Renzi. Non ci è sfuggita l’accoglienza calorosa del Presidente Pigliaru, che dopo aver imbandito la tavola per la cena di Stato, torna a casa.

Alla tavola dei sovrani i sudditi non sono ammessi.

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