Il sovranismo non appartiene al centro destra

16 Settembre 2012
Salvatore Melis
Vi ringrazio per aver favorito l’apertura di un dibattito sulla sovranità e sulla praticabilità di alleanze duttili. Con queste righe ho piacere di partecipare al dibattito e offrire al giudizio dei lettori il punto di vista del segretario di Rossomori. La caduta delle grandi ideologie del ‘900 ha fortemente commistionato la politica. C’è chi attribuisce ai concetti di destra, sinistra e centro significati non più attuali e non più consoni con le esigenze dei giorni nostri. Ciò è un forte abbaglio e ha svilito le istanze proprie della sinistra. In questi anni si è formata e radicata una classe dirigente fortemente autoreferenziale, la quale, ritenendo di poter rappresentare tutto e tutti, evita il più possibile di fare scelte chiare. Nel servire contemporaneamente Dio e Mammona ha dato vita ad un decadimento della politica e del suo ruolo dirigente nella società e nella storia. Siamo nel tempo de “maanchismo” Veltroniano. Si confonde l’esigenza di organizzare uno Stato efficiente e ben amministrato con quello di fare scelte di chiaro campo sociale. La politica ha via via perso la propria sovranità lasciando al “mercato”, alla “finanza” e a una serie di organizzazioni internazionali non democratiche il compito di decidere sull’ambiente, sulla pace, sui diritti, sul mondo. E in questo stato di cose il politico diventa incapace, casta, privilegiato non idoneo. I partiti da strumenti democratici di mediazione e di rappresentanza, si sono trasformati in agenzie di marketing elettorale.
Per ciò che mi riguarda e ci riguarda, come Rossomori evidentemente, non è sufficiente che un partito o un’organizzazione sia definita o si autodefinisca democratica perché sia automaticamente alleabile. Non è una questione di sigle o semplicemente di uomini più o meno bravi e preparati. La questione è politica.
Sostenere che la grave crisi economica e sociale della Sardegna necessiti dell’unione di tutte le forze politiche in un patto di governo straordinario, significa fuggire dall’etica della responsabilità. Significa manifestare pubblicamente la propria debolezza. Debolezza nei progetti, debolezza nei numeri, debolezza nell’essere riconosciuti alternativa.
Ed è proprio in nome dell’etica della responsabilità che chi oggi governa la Sardegna non può essere assolto innanzi al disastro economico dell’isola.
Psd’az e UDC governano la Sardegna. Hanno oggi il potere di fare, di produrre leggi, di indicare le direzioni. E il potere che queste forze hanno esercitato ed esercitano, insieme alle leggi e alle norme che producono, così insieme all’azione politica e alle scelte di bilancio, vanno esattamente contro le vere esigenze della Sardegna. Sono, altresì, profondamente distanti dall’idea di Sardegna di cui il centro sinistra va parlando.
Con il voto favorevole di UDC e Psd’Az, il centrodestra ha assunto numerose decisioni in questi anni. Le scelte sull’urbanistica e sul piano del paesaggio; le norme sull’edificazione; la questione scolastica e del dimensionamento; le scelte sulla politica energetica e sulle rinnovabili; la gestione della sanità pubblica; le scelte sulla continuità territoriale; le politiche sul turismo; l’organizzazione del credito e delle garanzie; l’abbandono di una politica agricola capace di aumentare la capacità contrattuale del sistema cooperatvo e di incidere sul prezzo del latte; la gestione della partite delle entrate; la produzione legislativa per l’attuazione dello statuto; le scelte di politica industriale; ecc. ecc. ecc.. Su tutto ciò il centro sinistra ha espresso la propria opposizione. Partiti come Rossomori hanno scritto e manifestato pubblicamente il proprio profondo diniego. Ora, cosa fa pensare che su tutte queste questioni se affrontate da Psd’AZ e UDC in alleanza con il centrosinistra, sarebbero differenti?
Qual è la piattaforma valoriale su cui si forma un’alleanza politica?  Qual è l’obiettivo di un’alleanza di governo?  Chi e cosa si vuole rappresentare. Cosa siamo disposti a cancellare dalla nostra agenda politica. Quali valori siamo disposti ad inabissare?
Come si concilia la scelta ecologica di cui andiamo parlando con scelte mattonare e spartitorie del territorio?  Come ci si mette d’accordo sulla scelta di una politica del credito basata sulla finanza etica? Come ci mettiamo d’accordo sui diritti civili? Come risolviamo la questione della tutela paesaggistica? Come facciamo la quadra sulle questioni di politica agricola e sul sistema cooperativo? Come la mettiamo con la gestione degli enti e, in particolare della sanità? O si pensa che Oppi in nome dell’alleanza lascerebbe il controllo di quel potere?
Potrei continuare all’infinito!
La vera alleanza possibile e alla quale ambisco è quella capace di rendere eseguibili “giustizia e liberta”.  E sono convinto che questo, in Sardegna, passi per una prospettiva politica fortemente sardista. Dove per sardismo si riprende il concetto lussiano, vale a dire azionismo e socialismo in Sardegna. Da ciò potrebbe venire una piattaforma di governo sovranista, che si esplica nella sovranità. Sovranità non significa autosufficienza. Significa mettere mano allo Statuto, modificarlo in una nuova visone di governo a partire dai poteri già disponibili con la riforma del titolo V della Costituzione. Significa produrre un nuovo modello economico che sappia radicarsi libero, che abbia radici profonde in Sardegna che non sia succursale e stampella di nessuno.
In questa chiave, Rossomori è impegnato per la nascita del partito sardo della sinistra, che magari può essere l’approdo di un accordo in chiave sovranista da praticare fra partiti di sinistra all’interno della coalizione di centrosinistra o anche no!

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