Il tradimento dei chierici

1 Giugno 2009

 10bonhoeffer.jpg

Natalino Piras

Dal libro delle sepolte. A me, sardo, interessano più Dietrich Bonhoeffer e Marc Bloch  di Amsicora e Josto. Il teologo Bonhoffer, pastore luterano, aveva 39 anni quando lo impiccarono nel 1945, nel lager hitleriano di Flossenbürg, perché uomo della Resistenza. Marc Bloch invece, ebreo,  storico, fondatore della scuola delle “Annales”, ne aveva 58 quando un plotone delle SS lo fucilò, a Lione, nel 1944, perché uomo della Resistenza. Perché questa divaricazione di interesse da simboli sardi (Amsicora si suicidò dopo che il figlio Josto perì nella battaglia di Cornus, circa 215 a.C.) ad altri che sono pure icone universali? Anni fa, la dedica di un mio libro di racconti e romanzo breve così recitava: “Ai chierici che non tradirono”. Il riferimento era a un classico di Julien Benda (1867-1956),  Il tradimento dei chierici, uscito  in Francia nel 1927 e poi diventato una specie di manifesto della sinistra, non solo francese. Il pamphlet di Benda origina dall’affaire Dreyfus , che era una ingiusta condanna a un ufficiale ebreo, ma è leggibile e fu letto anche per il tradimento che nella Francia occupata dai nazisti compirono diversi intellettuali, schierandosi con gli occupanti. Un’edizione Einaudi del 1976, la prima in italiano,  così presenta il libro: «Chi sono i traditori? Sono gli sciovinisti, i razzisti, i fascisti d’ogni gradazione, i servi di ogni regime».  I chierici, è chiaro a questo punto, sono gli intellettuali, anche se forse per comodità forse per viltà, il termine non usa più. L’origine della parola e della sua estensione di significato è nel Medioevo, riferita ai “clerici vagantes”, studenti e professori nelle università dell’Europa. È una parola che attualizzo pure in un frammento della Guerra dei cent’anni: Chiamato fui chierico vagante/ polvere rossa terra di cielo/astro di cammino mai mutante/povero amico mio perso nel gelo. Ma perché dedicare un libro intero ai chierici che non tradirono? Cosa c’entra il Medioevo di mille anni fa con i nostri oggi? Potrei rispondere come il poeta-cantore Gavino De Lunas, trucidato alle Fosse Ardeatine perché anch’egli uomo della Resistenza: Si mi ‘olto tottu in giru, bido solu abba e bentu, pro me tottu est ispaventu, chi mi brivat de respiru. Acqua e vento sono la temperie e non tutti la cantano con la stessa intensità di Gavino De Lunas. C’è chi le attraversa, rimanendone sferzato e ferito. Altri invece ci trafficano. Ci sono in Sardegna chierici che hanno tradito l’imperativo etico, che è pure una legge non scritta, di stare dalla parte giusta. Direte inorriditi: perché c’è una parte giusta in assoluto? Certo che c’è.  È quella di mettersi come chierici contro i poteri, contro il potere dei prinzipales – ce ne sono ancora –  ma pure dei parvenu, sos poveros irrichitos che pure un antico nostro proverbio teme e stigmatizza: Deus mi sarvet dae s’omine agganitu e dae su poveru irrichitu. Il potere a volte è anche la lagnanza dei pitocchi, il sedere in cattedra di certi tenutari della parola che orientano a sinistra o a destra a seconda dell’acqua e del vento. Guardateli in tv questi chierici,  leggete quanto scrivono nei in riviste e giornali, anche online. Osservate i loro programmi, corsi e ricorsi, istituzionali o para istituzionali, in tempo di tagli, alla cultura, e ricuciture. Imperativo categorico è per loro “chi tradisce chi”. È tutto un accusare. Nel segno, oltre dichiarate primogeniture e bravure, dell’attaccare per passare sul corpo del nemico. C’è chi era indipendentista e si ritrova portaborse dell’assessore di turno. I professionisti di fede del nazionalismo li ritrovi a difendere, ferocemente, standard linguistici, mastreddos dell’ortografia a discapito della pregnanza del lessico. Erano a sinistra e sono con le destre, le più ottuse, le più becere.  Producono brutto, fanno confusione tra mutazioni e trasformazioni. C’è poi tutta un’eletta schiera letteraria che ha scoperto nel “sardo”, a diversa gradazione etnica, un filone che più aureo non si può. Sono nel mercato. Sono arroganti, aggressivi, gente dello stereotipo. Magari hanno da ridire sul fatto che Tommaso d’Aquino possa essere tradotto in sardo come linguaggio contemporaneo o che si possa parlare di “sinnos” magari ricorrendo a Contini che scrive a Gadda: “Stendi balsami sui miei dubbi”.  E tutti questi servono poteri assessoriali e mediatici. Eccitano ancora nazionalismi e sciovinismi per un verso “toppu”, per una gara poetica, per una figura di ballo. Oppure per il contrario. Rabelais li chiamerebbe “sorbonagri” pure se nella pratica del quotidiano insegnano la rissa al posto della dialettica, l’asservimento  del potere basso a uno sempre più alto. È questo il tradimento: togliere alla parola la forza di contestazione del potere, se il potere legittima lo statu quo dei prinzipales, se agita lo spettro della crisi dentro una crisi reale, già in atto. Il potere non dà mai una visione prospettica di libertà. Il potere taglia, economizza, sulla pelle e sulle storie dei già tagliati ed economizzati. Ci sono ancora chierici ossequienti a questo esercizio del potere. Magari fingono postura contraria ma sono funzionali alla perpetuazione dell’asservimento. Sono chierici che non formano mai un’idea di Resistenza. C’è scritto fuori da una chiesa di Berlino in una targa in bronzo: “In dieser Kirche predigte und konfirmierte 1932 der Widerstandeskämpfer Pastor Dietrich Bonhoeffer”.  Lo scrittore Eraldo Affinati ha tradotto in italiano. Io uso della sua traduzione per cercare di renderlo in sardo: “In custa creja, in su mille novichentos trinta duos, a’ preicatu e cresimatu su pastore Dietrich Bonhoeffer, chi at cumbattitu in sa Resistenza”.

3 Commenti a “Il tradimento dei chierici”

  1. Giancarlo Buffa scrive:

    Caro Natalino

    Nel leggerti, il mio pensiero è subito andato a “Coloro che verranno”, la bella poesia di denuncia di Berthold Brecht, composta nel 1939, della quale, per ragioni di spazio delle norme sui commenti, allego l’inizio:

    “Davvero vivo in tempi bui!
    la parola innocente è stolta. una fronte distesa
    vuol dire insensibilità. chi ride
    la notizia atroce non l’ha saputa ancora.
    Quali tempi sono questi, quando
    discorrere d’alberi è quasi un delitto,
    perchè su troppe stragi comporta silenzio!
    e l’uomo che ora traversa tranquillo la via
    mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici
    che sono nell’affanno? (…) ”

    Ma non fermiamoci alla denuncia, alla stroncatura, s’è possibile; evitiamo, lo scontro da stadio di calcio, che arroca, erige steccati: tu di qua, io di là. Favoriamo la rielaborazione del pensiero, poniamo a confronto idee e valori, ragionamento a ragionamento, cerchiamo di interrogarci, di capire e far comprendere soprattutto quel che non siamo, per non sprofondare definitivamente nel baratro dell’omolagazione e del globale.
    E, infine, un grazie di cuore, per questo pregevole contributo culturale. A presto

  2. Pino Mario De Stefano scrive:

    per caso…seguendo sentieri irregolari e impervi sul web…cercando qualche riflessione sul “tradimento dei chierici”… ho il piacere di scoprire non solo la comune ammirazione per un maestro come Bonhoeffer- testimone della nostra contemporaneità – (a cui ho dedicato un recente post sul mio blog http://www.in-crocivie.com), ma anche una riflessione acuta e totalmente condivisibile sul tema degli intellettuali e il potere…te ne ringrazio e…complimenti per questo sito “”impreziosito” dal nome di un vero intellettuale come Pintor!!!
    grazie!!

  3. Giuseppe Fecondo scrive:

    Difficile aggiungere o commentare un testo che si condivide in toto.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI