Inaccettabile BCE *

1 Ottobre 2011

Loris Campetti

Volevamo abolire le province e invece adesso ci ordinano di abolire lo stato. Purtroppo non è la vivificazione del sogno di Karl Marx, l’estinzione dello stato. Intanto, il soggetto rivoluzionario committente non è animato dallo spirito dell’internazionalismo proletario ma dal pensiero unico liberista, che è un po’ diverso. In secondo luogo, la tappa intermedia non è, come scriveva il grande vecchio di Treviri, la dittatura del proletariato ma quella della finanza. La lettera «segreta» della Bce al governo italiano, pubblicata ieri dal Corriere della sera, è straordinaria tanto per la sua lucida coerenza quanto per la sua prepotenza, una prepotenza legittimata, prima ancora che dalle regole, dalla sua assunzione passiva da parte dei governi di tutti i colori. Se lo dice la Bce è vero, così come ha ragione Standard&Poor’s se ci declassa.
Si potrebbe dire che il segreto che copriva la lettera era il segreto di Pulcinella: chi non immaginava che avrebbe ordinato tagli allo stato sociale, alle pensioni e ai salari, privatizzazioni e liberalizzazioni? Eppure, persino il segreto di Pulcinella ci può stupire, e anche farci incazzare. Jean-Claude Trichet e Mario Draghi, più che una lettera hanno stilato un manifesto ideologico per indicare le ricette draconiane e antipopolari per uscire dalla crisi, ma anche le forme con cui le bastonate dovrebbero essere assestate («decreto legge», il tempo è danaro). Dunque, abbattimento del debito anticipando di un anno l’iter della manovra di luglio, buona ma «insufficiente»; liberalizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni con «privatizzazioni su larga scala»; innalzamento dell’età pensionabile, portando a 65 anni la soglia per le donne anche nel privato, da subito; riduzione dei costi nel pubblico impiego, «se necessario, riducendo gli stipendi». Poi, e qui c’è l’aspetto ideologico e di rivincita classista contro le conquiste dei lavoratori del XX secolo, si ordina a un governo che non aspettava altro, un’ulteriore «riforma del sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi a livelli d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende».
Ora, si può capire – accettare o no è una libera scelta – che la Bce decida i numeri necessari a rientrare dal debito pubblico, e persino i tempi. Non è tollerabile invece che entri nel merito dei provvedimenti, che ordini di bastonare operai e pensionati invece che evasori e ricconi, o di tagliare la spesa sanitaria invece di quella militare, di risparmiare sui salari degli impiegati invece che sul ponte di Messina. Soprattutto, non è accettabile che la Bce ordini al governo di imporre a tutti il modello Marchionne che cancella i diritti fondamentali di chi lavora.
Enrico Letta ha detto che «i contenuti della lettera rappresentano la base su cui impostare politiche per far uscire l’Italia dalla crisi… qualunque governo succederà a Berlusconi dovrà ripartire dai contenuti di quella lettera». Difficile accusare di qualunquismo chi dice «sono tutti uguali, tanto varrebbe tenersi Berlusconi». Una sinistra che sceglie di restare nel recinto di Draghi e Trichet, quello in cui si è prodotta la manovra economica con annesso articolo 8, non va da nessuna parte.

* il manifesto, 30 settembre 2011, p. 1

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