Il gallo nel pollaio

16 Giugno 2012

Marco Ligas

Il Presidente Cappellacci quando si trova in difficoltà, e gli succede spesso, non sa nascondere imbarazzo o nervosismo: si autocritica con indulgenza dandosi del babbeo se viene scoperto in cattive compagnie oppure attacca con rudezza i suoi avversari occasionali definendoli gente da pollaio.
In altre occasioni, quando ritiene di avere il controllo della situazione politica, manifesta magnanimità, virtù che ostenta con calcolo, per cui distribuisce incarichi pubblici ai figli dei suoi amici come si faceva un tempo con i discendenti di nobili casati.
Insomma usa le istituzioni come luoghi di sua proprietà e poco gli importa se, così facendo, alimenta giudizi poco lusinghieri sulle loro funzioni.
Diserta con noncuranza le riunioni del Consiglio regionale, a volte predilige incontri informali dove le maggioranze che sostengono la sua Giunta sono variabili e dipendono dalle scelte speculative che di volta in volta vengono effettuate.
Non è necessario andare molto indietro nel tempo per avere conferma della sensibilità che mostra nei confronti di chi intende promuovere le attività edilizie, anche quando sono poco funzionali alla tutela del territorio e del paesaggio. Recentemente ha dato segno di questa disponibilità in nome del rilancio dell’agricoltura(!), stabilendo che basterà un solo ettaro di terreno per costruire edifici nelle campagne sarde, naturalmente meglio se localizzate lungo le coste.
Ovviamente in molti si sono chiesti che cosa abbia a che vedere lo sviluppo dell’agricoltura con queste licenze di edificabilità.
L’interrogativo è legittimo ma la risposta si trova spostando l’osservazione su altro versante, quello più congeniale alle sue aspirazioni: non si tratta di rilanciare l’agricoltura che è un settore fortemente in crisi e che ha bisogno di interventi ben più radicali, ma puntare ancora una volta sulla cementificazione di un’altra area dell’isola, precedentemente sottratta dalla speculazione.
Tuttavia non si può dire che Cappellacci sia un governatore privo di dinamismo seppure caratterizzato da interessi unidirezionali.
A livello sociale sappiamo della sua sensibilità verso gli imprenditori che operano nei diversi settori produttivi, da quello energetico (pale eoliche) a quello sportivo/turistico (campi da golf), sino a quello più recente agricolo/cementizio.
Certo, le sue relazioni col mondo del lavoro non sono altrettanto positive; sicuramente farebbe bene, se ci limitiamo ai fatti più recenti, ad occuparsi con maggiore attenzione degli ammortizzatori sociali in deroga che riguardano migliaia di lavoratori, magari programmando con tempestività la spesa di 40 milioni di fondi europei destinati alla formazione e al reinserimento lavorativo, oppure realizzando gli impegni assunti con i lavoratori del Sulcis nel corso dell’ultima campagna elettorale.
A livello politico i suoi interessi sembrano più instabili. Da quando le sorti di Berlusconi hanno subito un declino mostra irrequietezza nelle relazioni con le diverse formazioni politiche o con parti di esse: così a volte sembra prendere le distanze dal suo partito, altre si mostra disponibile a dar vita a nuovi schieramenti, altre volte ancora fa capire di voler assumere un ruolo di punta dell’antipolitica.
È in questo marasma che Cappellacci mostra il maggiore disprezzo verso le condizioni di vita del popolo sardo, soprattutto di chi non ha lavoro e di chi vive la povertà come condizione permanente. Mostra disprezzo perché non fa alcunché per favorire la fuoriuscita dalla crisi.
In questo numero del quindicinale pubblichiamo gli articoli di alcuni giovani, parlano delle loro esperienze di lavoro o di studio: tutti mettono in evidenza gli effetti della precarietà che subiscono costantemente. Non hanno prospettive e al tempo stesso sono consapevoli che questa classe dirigente non offrirà loro nulla di interessante.
Ma il Presidente della regione, sebbene sia il massimo responsabile di questa situazione, non è il solo. Purtroppo si trova in compagnia, pessima.
Quale potrebbe essere il giudizio sui nostri consiglieri regionali se essi stessi, a tempo di record, ripristinano le loro ricche indennità in una seduta notturna, attraverso l’approvazione di un emendamento? In questo modo i consiglieri riavranno stipendi, diaria e indennità di carica sostanzialmente invariati rispetto agli importi aggiornati al 2011. È inutile porsi delle domande retoriche: ma tanta tempestività sarebbe stata usata se il Consiglio avesse dovuto deliberare  sulla stabilità dei precari di qualche call center?
Tutto ciò ci ricorda che la crisi di questi partiti, dei gruppi dirigenti di questi partiti (voglio sottolineare ancora di questi partiti) è giunta ad un punto di non ritorno.
Diciamo spesso che non bisogna abbandonare il campo dell’impegno politico e sociale, ma è davvero faticoso contrastare questi processi dove prevale il malgoverno.

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