L’importanza del Contratto Nazionale

25 Gennaio 2011

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Mariano Carboni

Per capire l’importanza del Contratto Nazionale, e della sua inderogabilità, è assolutamente necessario partire dai dati della crisi generale. L’incremento della cassa straordinaria significa che la crisi ha assunto un carattere  strutturale. I lavoratori sanno bene che dopo la cassa integrazione straordinaria si arriva alla mobilità e al licenziamento. È stato detto e ripetuto che in Sardegna uno dei problemi più gravi riguarda la scarsa dotazione di servizi al cittadino e alle imprese. Basta pensare alla condizione in cui si trovano la rete viaria, la rete ferroviaria, il sistema portuale: un’assenza di nodi di collegamento tra le varie infrastrutture. Si aggiunga il condizionamento dovuto al costo dell’energia che mantiene un differenziale tra la Sardegna ed il resto della penisola di almeno 10 punti percentuali come mettono in evidenza le ultime stime dell’Autority per l’Energia. Il differenziale di costo influisce sul sistema delle aziende metalmeccaniche, in modo particolare su quelle energivore, ubicate nel Sulcis Iglesiente: si pensi alla filiera dell’alluminio. Ancora! Le aziende metalmeccaniche sarde non sono certamente avvantaggiate dal fattore geografico. Tutti sanno che la Sardegna è un’isola molto vasta e con un mercato interno ristrettissimo. Per produrre si deve acquistare una parte della materia prima dalla penisola e commercializzare il prodotto finito oltre Tirreno. Questo significa sostenere costi aggiuntivi. Per questa ragione si parla da anni dell’approvazione di una norma che garantisca la continuità territoriale anche per le merci; ma su questo terreno non si fa alcun passo in avanti. Infine, nonostante le opportunità, non si riesce a sfruttare il fattore mare: i diversi porti naturali soffrono di una perenne insufficienza infrastrutturale. Sono pochissime le aree attrezzate in grado di favorire l’insediamento industriale (caso emblematico è il porto canale di Cagliari) e nonostante la miriade di imbarcazioni che solcano i mari della Sardegna, nel sud dell’isola, non abbiamo un solo bacino di carenaggio dedito alla manutenzione delle barche e dei natanti. Anche in questo caso stiamo parlando di opportunità mancate per il settore metalmeccanico. Questa arretratezza produce un differenziale di competitività tra la Sardegna e la Penisola di oltre il 20%. Questo divario spiega la ragione delle difficoltà delle aziende metalmeccaniche sarde e giustifica la scomparsa del tessuto produttivo manifatturiero. Paghiamo dunque i ritardi e le incongruenze della classe politica regionale. Eppure siamo stati per anni una regione ad obbiettivo uno, nel quadro comunitario di sostegno, potevano perciò disporre di ingenti risorse per migliorare la condizione di arretratezza infrastrutturale, ma non siamo riusciti ad elaborare progetti e realizzare opere pubbliche degne di una regione sviluppata.  Per questa ragione dico che serve una reazione risoluta. Non ci possiamo arrendere, non ci si può rassegnare all’inevitabilità del declino. Per reagire alla crisi abbiamo assoluto bisogno di programmazione e di risorse. Abbiamo bisogno di codificare un grande piano di sviluppo che tenga conto della condizione dei giovani ( il 44,7% è disoccupato ). Abbiamo bisogno di un piano di sviluppo che presti la massima attenzione al gravissimo problema occupazionale. Abbiamo assoluto bisogno di un piano di politica industriale pluriennale, capace di difendere l’industria isolana, di dare impulso alle attività produttive e rilanciare le aziende manifatturiere. Quando parliamo di manifatturiero, ci riferiamo ad attività prevalentemente metalmeccaniche. Per ottenere questo risultato abbiamo bisogno di recuperare tutte le risorse che ci devono essere date. Dobbiamo recuperare i 2 miliardi e 500 milioni di euro di IRE e di IRES. Dobbiamo recuperare i 2 miliardi e 200 milioni di euro di fondi FAS. Tutte risorse indispensabili per il rilancio dell’industria, per promuovere lo sviluppo e per evitare il tracollo economico e sociale della nostra isola. Su tutti questi temi serve una grande mobilitazione regionale. A questo punto mi chiedo una cosa, in un simile contesto, possiamo rinunciare ad uno strumento come il Contratto Nazionale? Si può accettare la logica delle deroghe?  Siamo in grado, penso alle aziende sarde, le cui condizioni sono state appena descritte, di affidarci ai rapporti di forza per fare la contrattazione aziendale e recuperare il salario perso in fase di rinnovo del Contratto Nazionale?  Mi chiedo se Cisl e Uil – Fim e Uilm sanno che nella stragrande maggioranza delle aziende abbiamo difficoltà a sviluppare la contrattazione aziendale? Mi chiedo se Cisl e Uil – Fim e Uilm sanno che nella stragrande maggioranza delle aziende metalmeccaniche sarde non sanno neppure che cos’è la contrattazione di 2° livello? Mi chiedo se Cisl e Uil – Fim e Uilm sanno che il tessuto industriale isolano è costituito da piccolissime imprese, con un dato medio di occupati inferiore alle 3 unità, dove non è presente il sindacato, dove non si eleggono le RSU, dove abbiamo un potere contrattuale prossimo allo zero? Io credo che per fare bene il lavoro di rappresentanza non si possa prescindere da questi elementi di conoscenza. Una cosa è certa, la Confindustria e la Federmeccanica lo sanno, ecco perché si sono buttati a capofitto ed hanno deciso di sferrare un attacco frontale all’unico strumento che periodicamente consente ai metalmeccanici l’incremento dei salari e l’adeguamento dei diritti. Poi è arrivato Marchionne che ha completato l’attacco! Per questo dico, che noi quest’attacco frontale non lo possiamo accettare! Per il rispetto che si deve ai nostri iscritti ed ai lavoratori metalmeccanici sardi; dobbiamo difendere, con grande determinazione, il Contratto Nazionale. Va difeso nella sua integrità, nel suo ruolo e nella sua funzione. Oggi più che mai, abbiamo bisogno di un Contratto Nazionale in grado di salvaguardare il potere d’acquisto delle retribuzioni. Che senso ha avere un Contratto Nazionale incapace di contrastare le dinamiche inflattive? Bisogna garantire diritti universali uguali per tutti, ai lavoratori del nord e a quelli del sud. Non ci possono essere differenze contrattuali dovute alla collocazione geografica ed alle condizioni di ricchezza del territorio. Questo non significa che la contrattazione aziendale non debba essere sviluppata, praticata e rilanciata. Ma la contrattazione aziendale dev’essere complementare, dev’essere integrativa e non sostitutiva del Contratto Nazionale. Ecco perché dico che non esistono scorciatoie! Il primo punto fermo, in questa fase, è la riconquista del Contratto Nazionale. Il secondo deve sconfiggere l’accordo sulle deroghe ed gli attacchi di Pomigliano e Mirafiori. Sancire il principio secondo cui il Contratto Nazionale può essere derogato in Peius significa che il Contratto non esiste più, soprattutto in Sardegna, a causa delle difficoltà appena descritte. Nei prossimi mesi tutte le aziende in difficoltà diranno che, per ragioni di sopravvivenza, servono le deroghe. I primi segnali stanno già arrivando. Gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori, le deroghe sui diritti individuali, sullo sciopero, sulla malattia, sull’orario di lavoro, sul lavoro straordinario, sulle pause fisiologiche, stanno generando le prime richieste d’incontro, aventi come oggetto le deroghe contrattuali di 1° e 2° livello. Molti imprenditori stanno dicendo, a gran voce, che vorrebbero capire qual è la ragione per la quale le deroghe possono essere concesse alla Fiat e non alle altre aziende in difficoltà, che subiscono, al pari della Fiat, gli effetti della concorrenza internazionale. Queste valutazioni dell’universo imprenditoriale, e della stessa Federmeccanica, dovrebbero indurre Cisl e Uil – Fim e Uilm a rivedere la loro strategia, nella consapevolezza che la divisione sindacale rischia di produrre un gravissimo arretramento del movimento operaio del nostro paese. Per questo abbiamo deciso di fare lo sciopero generale ed organizzare una grande manifestazione regionale da tenersi a Cagliari nella giornata del 28 gennaio 2011. Ci piacerebbe avere la possibilità di assistere ad uno straordinario bagno di folla.

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