L’ombra del crocifisso

16 Novembre 2009

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Natalino Piras

Storia e storie all’ombra del crocifisso. Ci sono ripetizioni, di fede e fanatismo, di persecuzioni e opportunismo, di coraggio e viltà. Come in tutte le religioni che hanno avuto martiri e che ancora li pretendono. Adesso ci si mette pure la Corte europea a sancire la rimozione di un simbolo a cui ancora  guardano moltitudini. Nella marea di informazione e no sembrano prevalere una specie di attempato buonsenso e l’accidia dei benpensanti al di sopra persino delle sparate dei politici governativi, di giullari e ballerine buoni per tutte le stagioni . È  pure capitato di leggere sofismi giuridici che nella loro inconcludenza radical-chic ricordano dispute sorbonagre, messe alla berlina da Rabelais nel suo “Gargantua”. Ne avremmo anche noi storie al riguardo. Come quella del vecchio, ubriacone e palas a Deus, anticlericale,  steso morto nel letto. Arriva il prete e gli mette  tra le mani un crocifisso di metallo freddo, la punta a sfiorargli le nari. Il vecchio allora surge dalla catalessi e scambiando il crocifisso con qualcos’altro di metallico, una borraccia, esclama: “A nche lu leas cussu tappu! Togli via il tappo!”. Una storia al limite del blasfemo, non raccontabile se il crocifisso perde di valore, quello soprattutto che gli deriva dall’essere un segno, il padre dei segni. “A si sinnare” si dice, segnarsi con la croce: una lunga tradizione, anche nelle parodie e profanazioni. Ecco perché bisogna stare attenti con le rimozioni: noi che non siamo né xenofobi né intolleranti e sappiamo di quanto sangue sia stata capace la croce come simbolo: cavalieri del sepolcro e sanguinari conquistadores.  Ma pure missione con il solo regno dei cieli in cambio. Nessuno ignora, o dovrebbe, la storia. E se Pizarro, avido d’oro, fece genocidio degli inca perché il loro imperatore Atahualpa oltraggiò il Vangelo (ma Atahualpa non dava nessun valore a quel codice, non era sacro per lui) ci sono tanti padre Damien che a Molokai muoiono appestati  tra gli appestati. Il crocifisso come segno è nella contraddizione, ma sempre segno rimane. Est meu. Non come rivendicazione di prinzipalesca proprietà: per quello ci furono le Chiudende e ci furono preti che predicarono per l’abbattimento di quei muri e dell’abbattimento fecero prassi. C’è una croce come identità condivisa che passa dalla comunità familiare, paesana, al mondo intero.  E c’è “l’altro” da considerare. Ma pure il “me”. Io posso amare o non amare il crocifisso ma è un mio segno. Nella rivendicazione non ci sono come referenti affini e contrari solo luoghi di culto, chiese e moschee.  A “me” non dà fastidio né offende la mezzaluna islamica (e rido con “alto gradimento” della spada dell’islam di mussoliniana memoria) e troverei incongruente che  ambulanze turche o arabe fossero segnate dalla “Croce rossa” invece che, come sono, dalla “Mezzaluna rossa”. Perché allora il crocifisso dovrebbe offendere “l’altro”? Dice la storia, o dovrebbe, che torna a tutto svantaggio dell’uomo storico, fisico e concreto, la de-istituzionalizzazione del divino, del sacro che lo rappresenta. Esempi a non finire: dai garibaldini che usano come mangiatoia le chiese del Meridione liberato dai borboni (e da’ nos er vessita chin sos piemontesos e con la bella Gigogin) a Henver Hoxa che delle chiese fa palestre. Qui, narra la tradizione, il folle del paese degli stolti voleva sparare a Dio, alla statua della Trinità. La religione continua a essere oppio perché si continua a combattere guerre di religione. La rimozione del crocifisso c’è chi la intende  come  atto di guerra mascherato da simbolo di pace. E non a tutti viene affine l’icona del Che ostentato morto dai suoi assassini che  passa a segno di pietas globale come l’archetipo a cui si paragona: il Cristo deposto del Mantegna.  E se tutto questo non offende perché dovrebbe un crocifisso in un’aula scolastica?  Perché la scuola è laica. Già. Quale laicismo. Laico, loicus, è chi ragiona. Questa scuola invece è oggi deprivata dalla capacità di razionalizzare insegnamenti e  apprendimenti. Quanto regna, perlomeno emerge, è la confusione sul valore dei segni. È  questo che fa testo, che passa come messaggio e come valore magari mutuato da format, reality e altre oscenità: il vuoto. Rimuovere il crocifisso da questo vuoto è un surplus di reificazione, l’abolizione progressiva della speranza. Provate a togliere segni materiali, di condivisa identità locale e globale, ad altre fedi che non siano cristiane: aumenterebbero la guerra e  il fanatismo. E leghisti e xenofobi direbbero in lor sermone, attualizzandolo, “Animu patriottos a sa gherra”: che fu una specie di inno di battaglia, nel 1793,  quando i giacobini francesi tentarono lo sbarco in Sardegna. Perché rinfocolare il sanfedismo? E poi, uno Stato solo laico non è che possa  essere meno opprimente di uno Stato dove le religioni tra di loro dialoghino. Guardate all’esperienza della storia. Perché non lasciare la tradizione se la tradizione non divide ma unisce? Ci sono ancora molti palas a Deus che fanno credito alla valenza salvifica del crocifisso, una divinità messa in croce come persona di diritto, la sua inviolabile sacralità. Mica carne da macello. Al tempo dei martiri  dovrebbe succedere quello della consapevolezza delle persone di diritto. Anche se c’è da restare smagati nell’attraversamento delle nostre città dove la guerra di religione è latente, compressa. Appaiono  fanatici,  figure inconsuete, sacerdoti di sguardo allucinato, la faccia tinta, pronti a esplodere. Ma sono teatranti. Rivelano altrui  intenzioni, nascoste, di chi pensa davvero che è giusto che io tolga te di mezzo perché il “tuo” fa ombra al “mio”. E tu questo non lo vedi, questa persona di guerra che quando si rivela dice di agire per il bene di tutti. In realtà ha la mente  e il cuore mangiati dall’assoluto. Come Agamennone, comandante dell’armata achea contro Troia, che immolò la figlia Ifigenia.  Per la sua sete di guerra ostentata come bene comune. Il padre rimosse Ifigenia come segno, ma soprattutto come corpo, come presenza sacrale. Né – di questo Agamennone era consapevole –  ci sarebbe stata resurrezione per la figlia, dal regno freddo delle ombre.

3 Commenti a “L’ombra del crocifisso”

  1. Franco Enna scrive:

    Caro Natalino,
    come sempre, il tuo commento ai fatti significativi del giorno riesce a colmare i vuoti esistenziali che altrove diventano atti d’ipocrisia, come quelli di certi sindaci di sinistra che impongono strampalate multe ai professori che obbediscono al dictat della Corte europea sulla presenza del crocifisso nelle scuole (“E ga sei? Goffredo di Guglioni?”). Ma il problema non è tanto la presenza del crocefisso in sé nei locali pubblici, ma dell’esposizione del Cristo crocefisso nella scuola dell’infanzia e in quella elementare: un Uomo/Dio che a quell’età è difficile estrapolare dall’immagine di un essere umano straziato da chiodi e corone di spine, vittima di una concezione punitiva primordiale del tutto estranea al nostro mondo di oggi. E’ difficile stabilire il livello del trauma che colpisce i singoli bambini, ma posso assicurarti che esiste e che talvolta lascia strascichi duraturi. Ma davvero la nostra religione, che è stata capace di rendere concreto un messaggio di amore e di pietà, deve essere sempre simboleggiata dall’atto omicida finale e non, per esempio, dalla figura del Cristo che risorge o che predica alle folle il suo messaggio consolatorio? Per questo io dico: se un simbolo della fede deve apparire nelle nostre scuole, che sia la croce così com’è, ma non il Cristo crocefisso. Costa davvero tanta fatica mettersi nei panni di un bambino di tre o otto anni per comprendere la differenza, da un punto di vista emotivo, fra le due immagini simboliche?

  2. Renato Perra scrive:

    La polemica che si è sviluppata nelle ultime settimane intorno al crocifisso, polemica già finita in una società che si stanca subito di pensare, ritengo che vada letta su due piani. il primo se e in che modo il crocifisso sia un simbolo della nostra cultura, il secondo se un tale simbolo abbia o meno diritto di stare nei muri delle nostre scuole.
    Per quanto riguarda la prima questione ritengo che il crocifisso sia indubbiamente un simbolo della nostra cultura ma lo sia insieme ad altri alcuni dei quali in netta opposizione con ciò che simboleggia il crocifisso, altri molto meno controversi ma mai esposti nelle aule (personaggi storici e culturali, la costituzione, alcune cariche dello stato, ecc.); per quanto riguarda il secondo problema credo sia sufficiente cambiare la domanda e porla in questi termini, il crocifisso come simbolo di una parte degli italiani, anche se maggioranza (e francamente ne dubito) ha diritto a stare in un luogo dove tutti, a prescindere dalle loro fedi o non fedi, sono obbligati a stare una parte importante della propria vita, nel momento in cui si formano le proprie opinioni senza che questo simbolo sia messo in discussione ma mostrato senza porre dubbi come unico simbolo presente nella scuola?
    La mia risposta è no, il crocifisso non ha alcun diritto a stare su quei muri poichè come altri simboli ha una storia controversa su cui è necessario riflettere e non ostentare come qualcosa di cui essere tutti (anche se non cristiani) orgogliosi.

  3. Cristina Ronzitti scrive:

    Sono pienamente d’accordo con Renato Perra. Il crocifisso ha una storia controversa. Esporlo equivarrebbe a ostentarlo come un qualcosa di cui tutti dovremmo essere interamente orgogliosi.E io francamente mi vergogno di certe iniziative, universalmente note,che l’uomo ha portato avanti in nome della fede e della croce. E se iniziassimo ad essere un po’ umili e anche un po’ pudichi ?Io mi sto vergognando della spocchia che certi pseudo-cattolici stanno mostrando in questi giorni (vedi per esempio Santanche’) nelle dichiarazioni sulla presunta superiorita’ della religione cattolica nei confronti di quella musulmana: la Santanche’ e’ arrivata a dire che Maometto era pedofilo. Posto che questa affermazione e’ da verificare e contestualizzare,formulo questa domanda : e la chiesa cattolica che per secoli si e’ vergognosamente interrogata se la donna avesse o no un’anima??E i tribunali dell’inquisizione,cosa buona e giusta???

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