La banalità del male

1 Novembre 2008

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Mario Cubeddu

Classi separate per bambini che non conoscono l’italiano. Se oggi avessi l’età per cominciare ad andare a scuola, io, che da bambino parlavo e conoscevo solo il sardo, sarei stato messo in un corso differente rispetto ai miei compagni di madrelingua italiana? Allora il sardo era solo un “dialetto” italiano. Dal 1999 invece è riconosciuto come lingua. La legge 492 sulle minoranze linguistiche vuole difendere le lingue minoritarie, a partire naturalmente dall’ambito familiare. Tutti dicono che le mamme devono parlare il sardo con i loro bambini. E quindi? Classi differenziali per i figli di mamma “sardista”? Si diceva sino a ieri che conoscere molte lingue serve a sviluppare l’intelligenza, ad articolare meglio l’esposizione, a dare apertura culturale ed etica.  Oggi invece la Lega ha fatto votare alla Camera un emendamento sugli studenti immigrati: se non supereranno i test di valutazione finiranno in “classi d’inserimento”.  Oltre alla segregazione dei bambini, il provvedimento comporta l’indottrinamento sui valori “nazionali” travestito da approccio alla Costituzione. In sostanza si dice che lo “straniero” deve capire bene che arriva da ospite in casa d’altri e questi gli comunica quali sono le regole a cui deve attenersi. La Lega sostiene di avere il consenso della stragrande maggioranza dei genitori che vedono i loro bambini collocati in classi in cui buona parte dei compagni, spesso la maggioranza, non sono nati in Italia, o provengono da famiglie di immigrati. Come spesso avviene, la Lega propone una soluzione sbagliata a problemi reali. Abbiamo tutti esperienza del fatto che un genitore italiano, e sardo, che vede il figlio iscritto in una classe di bambini/ragazzi di periferia, portatori veri o presunti di  forme di comportamento deviante, in cui il rapporto educativo fa fatica a funzionare, si affretta a cercare un’altra scuola. Per il bene dei figli, si dice. Così in certe scuole e in certe  classi rimane solo chi non ha alcuna possibilità di scelta. Un ragazzo sardo che arriva oggi dai paesi per frequentare la scuola di città si trova per molti aspetti in una condizione paragonabile a quella del bambino “straniero” che si iscrive a una scuola milanese. Qui sta una delle radici delle dimensioni straordinarie della dispersione scolastica. In Sardegna, come altrove, tanti genitori assistono impotenti ai cambiamenti sociali e culturali che si ripercuotono sulla scuola e sui loro figli. La politica non si occupa più, se non in chiave assistenzialista, della fatica di vivere e delle difficoltà a cui vanno incontro i ceti più deboli.  Di fronte a questo problema la risposta della Lega è la difesa dell’identità italiana e delle strutture sociali tradizionali. Difesa a oltranza e a qualsiasi costo. E’ curioso, ma non sorprende, vedere la Lega trasformarsi in una Società Dante Alighieri. Arriverà a difendere l’inno di Mameli e il tricolore, se dovesse convenire al suo progetto;  che non è tanto e solo di divisione, ma di instaurazione di nuovi metodi di dominio di una parte dell’Italia sulle altre regioni che costituiscono lo Stato italiano. Per questo appare per lo meno discutibile che una parte della sinistra si sia posta a dare lezioni di patriottismo e abbia fatto la fatica improba di imparare i versi  dell’Inno di Mameli per cantarlo a squarciagola seguendone il ridicolo ritmo marziale. I leghisti sono brava gente. Hanno facce oneste da gente qualunque. Il paragone è certamente esagerato, ma è forse il caso di ricordare ciò che Hannah Arendt ci ha insegnato:  “la banalità del male”  nazista si è  incarnata in facce qualunque di gente apparentemente per bene. L’inchiesta di Sebastiano Canetta e Ernesto Milanesi  apparsa sul Manifesto nelle settimane scorse,  mostra come in paesi di contadini, operai, bravi lavoratori, i leghisti riescono ad avere il voto della maggioranza dei cittadini.  Hanno però un’idea di come vogliono vivere diversa da quella di tanti italiani e di tanti europei. I loro valori sembrano non solo sbagliati, ma pericolosi. I leghisti con questi giovani onorevoli dall’aria efficiente e onesta governano l’Italia. Il ministro dell’agricoltura partecipa a cerimonie di Stato accanto al Presidente della Repubblica mostrando il fazzoletto verde nel taschino. Una dimostrazione di coraggio nell’ostentare simbolicamente l’appartenenza a un altro ordine di valori?  Questi comportamenti dei leghisti ricordano forme di sfida allo Stato che l’Italia ha conosciuto nella fase ascendente del fascismo. Ancora una volta il Nord cerca di imporre un suo modello di politica e di società all’Italia tutta? Il riconoscimento della Guardia Nazionale Padana, richiesto dalla Lega, avrebbe in realtà un precedente solo in quello della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, le squadracce che Mussolini riuscì a far riconoscere come forza militare legittima una volta diventato Presidente del Consiglio. Per il radicamento di massa, la chiarezza delle idee e la risolutezza nel volerle realizzare, la Lega è il vero cardine dell’alleanza di centro-destra. La crisi economica e sociale la renderà probabilmente sempre più forte. Vista dal nostro angolo appartato di un’isola che si è sempre sentita anche “speciale”, quale può essere il modo giusto per combatterla? Molti sardi sognano di prendere le armi e arruolarsi per difendere l’Italia unita minacciata da Bossi.  Altri pensano di profittare della sua forza per ritagliarsi una fetta del solito potere delegato e servile in Sardegna. Velleitarismo e dipendenza. Mentre sarebbe bastato un sano realismo e un maggiore rispetto di se stessi perché la Sardegna potesse governare il proprio sistema dell’istruzione. Realizzando una scuola meno estranea alla storia e alla cultura della Sardegna e allo stesso tempo di qualità europea dal punto di vista educativo ed etico.

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