La catastrofe della scuola sarda (2)

1 Agosto 2008

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Mario Cubeddu

Pochi mesi fa un osservatore straniero definiva la scuola italiana, e quindi la società, a partire da un elemento apparentemente secondario. Scriveva che non può andare avanti un paese che ha una scuola corrotta. Spiegando cosa intendeva per “scuola corrotta in un paese corrotto.”, diceva che in Italia non solo è possibile, ma è frequente, che si superino i passaggi impegnativi della valutazione e della selezione scolastica grazie alla benevolenza degli esaminatori nel migliore dei casi, allo scambio di favori nei peggiori. La raccomandazione, anche quella di un alunno, in tutti i gradi scolastici, fa parte veramente della tradizione nazionale, a tal punto accettata da essere ormai difesa, se non rivendicata, con ironia mista ad orgoglio. Il sistema della corruzione nel sistema scolastico italiano ha però anche altri aspetti. A cominciare dalla formazione delle classi. In molte scuole ci sono differenze abissali tra i diversi corsi. Da un lato ci sono quelli in cui lavorano insegnanti seri ed appassionati, nonché stabilizzati, a cui, guarda caso, vengono assegnati i ragazzi di famiglia che conta. I genitori sanno benissimo che c’è una bella differenza tra il corso A e il corso Q. Nel secondo i ragazzi rischiano di rimanere per mesi senza insegnante, o sono affidati a personaggi che tutto dovrebbero fare tranne che insegnare. Molti genitori, se dovessero correre il rischio che il proprio figlio finisca in quel corso, sceglierebbero un’altra scuola. E quindi subentra il principio e la pratica italiani che chi può si arrangia facendo pesare le proprie relazioni sociali. I genitori degli alunni degli ultimi corsi sono gente del popolo o dei paesi, non conoscono questi segreti, pensano che corsi e insegnanti siano tutti uguali. Nella società che si rivolge alla scuola c’è anche chi è in grado di sapere e di capire, che magari rivendica principi democratici. Sino al giorno in cui si trova di fronte al dramma del figlio che deve entrare nella scuola superiore: che corso, cioè che sorte scolastica, umana, professionale, gli toccherà? Tutto dipende appunto dalla capacità di relazione e dall’abilità di manovra. Così, tra raccomandazioni e rassegnazione, la scuola mantiene il suo precario equilibrio. Riuscendo miracolosamente a funzionare nelle realtà in cui la società civile è matura, cosciente e attiva. Andando invece al disastro dove una parte della società subisce in silenzio e l’altra, che potrebbe parlare, pensa a difendere un suo spazio di miseri privilegi. E’ il caso della scuola sarda. Di cui, come abbiamo visto nell’articolo precedente, ben poco si sa, se non i pessimi risultati. Attribuiti in genere, con qualche sfumatura razzista, a un ambiente poco favorevole alla diffusione della cultura. Senza una preliminare verifica dell’operato di chi dovrebbe dare una guida efficace alla macchina dell’educazione. A governare il sistema è da anni un signore che è stato nominato da un Ministro di centro-sinistra e, nonostante lo spoil system e i cambiamenti di governo, rimane sempre al suo posto. Ora, se la scuola sarda va sempre peggio, come mai chi la governa non sente il dovere di spiegare cosa ha fatto e perché la sua azione non ha prodotto risultati? Gli unici interventi di rilievo di cui si ha notizia (anche il sito dell’Ufficio Scolastico Regionale, come quello dell’IRRE, è molto laconico e ufficialmente burocratico) riguardano la stagionale potatura di direzioni, classi, cattedre, con relativa perdita di posti, reali o potenziali, per insegnanti e impiegati. Gli altri interventi, contro la dispersione scolastica o il bullismo, vedono un impegno di denaro inversamente proporzionale ai risultati sinora ottenuti. La novità degli ultimi mesi è l’impegno massiccio di risorse da parte della Regione; ma anche stavolta sembra che il grande impegno economico preceda la discussione degli aspetti sociali e culturali del problema e il coinvolgimento di tutti gli attori del dramma, genitori, alunni, comunità, forme associative, istituzioni locali. Col pericolo che si tratti dell’ennesima, velleitaria, fuga in avanti. Negli ultimi decenni c’è stato un grosso cambiamento nelle forme di governo della scuola con la trasformazione di Presidi e Direttori Didattici in Dirigenti scolastici, meglio pagati e più liberi di organizzare e decidere. Ma la riforma che ha dato l’autonomia agli istituti scolastici è stata una liberazione concessa a chi tutto voleva tranne avere la possibilità e il dovere di operare senza il vincolo della dipendenza. Chi è abituato alla circolare che prescrive anche la lunghezza dei grembiuli, fatica a pensare di potersi gestire un 15% di programmazione libera. La selezione dei dirigenti scolastici in questi decenni andrebbe posta sotto la lente di un microscopio per verificare quali capacità e interessi sono stati premiati. I dirigenti provengono dal mondo degli insegnanti, ma raramente essi erano i docenti più preparati e motivati. Quanto a questi ultimi, il discorso è complesso è difficile. Per restare in Sardegna, una presenza significativa di insegnanti preparati e appassionati al loro lavoro, di certo amati e rispettati dai loro alunni, che ottengono risultati di rilievo, è uno degli elementi che più lasciano stupefatti e increduli rispetto ai dati OCSE-PISA. Siamo convinti che molti tra gli insegnanti sardi non solo siano dei validi educatori, ma costituiscano una spina dorsale fondamentale per la vita culturale e per la realtà civile dell’isola. Ma bisogna anche prendere atto che se uno o molti di loro non fanno letteralmente nulla, e niente insegnano ai propri discepoli, tutti si arrendono di fronte a forme proterve di inerzia, pigrizia e assenteismo. L’insegnante pessimo vive nella scuola altrettanto bene, se non meglio, dell’insegnante che fa più del suo dovere.

1 Commento a “La catastrofe della scuola sarda (2)”

  1. Cristina Ronzitti scrive:

    Quando la smettiamo non solo di denigrarci con sentimenti esterofili-masochisti di sudditanza ma anche di farci denigrare dagli “osservatore stranieri che dicono (come al solito) che in Italia tutto si fa peggio….mentre all’estero tutto è meglio “e che non solo è possibile, ma è frequente, che si superino i passaggi impegnativi della valutazione e della selezione scolastica grazie alla benevolenza degli esaminatori nel migliore dei casi, allo scambio di favori nei peggiori”. Faccio un esempio avete mai sentito del sistema di sopravvivenza della scuola americana ? E alludo di quella privata dato che quella pubblica è notoriamente in crisi? Che va avanti anche grazie a finanziamenti di padri e madri benestanti verso i cui figli la scuola ha un trattamento di riguardo ??

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