La legge regionale sarda scempia-stagni

16 Ottobre 2012
Stefano Deliperi
Fra i tanti tentativi di eversione e di smantellamento del piano paesaggistico regionale (P.P.R.) portati avanti dalla Giunta Cappellacci e dalla sua maggioranza consiliare la legge regionale 4 ottobre 2012 (non ancora pubblicata sul B.U.R.A.S.) occupa certo un posto particolare.
In buona sostanza, infatti, la legge è nata per cercare di salvare dalla demolizione un palazzo di sei piani realizzato a Cagliari, in Via Gallinara, a poche decine di metri dalle Saline di Molentargius dalla Progetto Casa Costruzioni s.r.l. in forza di concessione edilizia non munita di preventiva autorizzazione paesaggistica.
Dopo lunghe vicissitudini giudiziarie, il Consiglio di Stato ha deciso (sentenza sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2188) per la necessità della preventiva autorizzazione paesaggistica in quanto area tutelata dal piano paesaggistico regionale (P.P.R.).
Da qui la necessità di trovare rimedio, alla faccia del rispetto della legalità.
Ha iniziato la Giunta regionale, con la  deliberazione Giunta regionale della Sardegna n. 25/15 del 12 giugno 2012, con cui – incredibilmente – ha deciso, insieme all’approvazione di un disegno di legge regionale, di
“− di interpretare autenticamente, nelle more della definizione dell’iter di approvazione del  suddetto disegno di legge, la lettera g), comma 3, dell’articolo 17 delle norme di attuazione del  piano paesaggistico regionale nel senso che lafascia della profondità dei 300 metri dalla linea  di battigia è da riferirsi esclusivamente ai laghi naturali e agli invasi artificiali, come già stabilito  negli atti ed elaborati del piano paesaggistico regionale;
− di stabilire che l’articolo 17, comma 3, lettera g) delle norme di attuazione del piano  paesaggistico regionale, come interpretato ai sensi del precedente punto, si applica con effetti  retroattivi ai titoli abilitativi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di adozione del  piano paesaggistico regionale e che i Comuni sono tenuti ad adottare i necessari atti  conseguenti”.
In poche parole, la Giunta regionale – senza averne il benché minimo potere – ha deciso di fregarsene altamente della sentenza Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2188 con cui il massimo Organo della Giustizia amministrativa italiana ha interpretato le disposizioni del P.P.R. relative alle zone umide (stagni, lagune, saline).
La Giunta regionale sarda ha violato – di fatto – il giudicato amministrativo e ha dato il “via libera” a infinite manovre speculative: secondo la Giunta Cappellacci, retroattivamente, non ci sarebbe bisogno di autorizzazione paesaggistica per gli interventi edilizi nella fascia dei 300 mt. dalla battigia delle zone umide.
La suddetta deliberazione sarebbe semplicemente un atto nullo, secondo quanto prescritto dall’art. 21 setpies della legge n. 241/1990 e s.m.i., secondo la migliore dottrina[1], tuttavia costituisce indirizzo applicativo sostanzialmente vincolante per le Strutture tecnico-amministrative dei Comuni, con un’infinita serie di conseguenze negative per amministrazioni pubbliche e private.
Nei giorni scorsi, il Consiglio regionale ha approvato (43 voti favorevoli della maggioranza di centro-destra, con voto contrario di S.E.L. e di Claudia Zuncheddu, astensione del P.D.) il disegno di legge regionale n. 398/A presentato dalla Giunta regionale il 21 giugno 2012 e profondamente modificato dalla IV Commissione consiliare permanente “urbanistica”.
In pratica è rimasto un unico articolo (l’ultimo si riferisce alla mera entrata in vigore della legge), l’articolo 4, con le disposizioni di “interpretazione autentica” della fascia di rispetto spondale degli specchi acquei contenuta nel piano paesaggistico regionale (P.P.R.).
Una vera perla del diritto ambientale, eccola:
“1. In applicazione dei principi generali del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), e successive modifiche ed integrazioni e ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale 4 agosto 2008, n. 13 (Norme urgenti in materia di beni paesaggistici e delimitazione dei centri storici e dei perimetri cautelari dei beni paesaggistici e identitari), l’articolo 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale è interpretato nel senso che la fascia della profondità dei 300 metri dalla linea di battigia è da riferirsi esclusivamente ai laghi naturali e agli invasi artificiali, come già stabilito negli atti ed elaborati del Piano paesaggistico regionale.
2. L’articolo 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale, come interpretato ai sensi del comma 1, si applica con effetti retroattivi ai titoli abilitativi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di adozione del Piano paesaggistico regionale. I comuni sono tenuti ad adottare i necessari atti conseguenti”.
Secondo la Giunta e la maggioranza consiliare così sono “fatti salvi” gli edifici realizzati sulle sponde di stagni, lagune e saline, ma in realtà la medesima norma approvata sarebbe fonte di ulteriori problematiche interpretative, visto che quantomeno le “saline” sono indubbiamente realizzate artificialmente, quindi ben potrebbero essere definite “invasi artificiali”. Senza pensare che “stagni e lagune” sono in Sardegna molto spesso collegati al mare e, quindi, facenti parte del demanio marittimo: dalle loro sponde si calcolano i limiti degli ambiti di applicazione del vincolo paesaggistico, come ricordato dalla giurisprudenza (vds. Corte cass., sez. III, 7 ottobre 2009, n. 38921).
Il vero motivo di questa ennesima prova della volontà cementificatrice della Giunta Cappellacci e della sua maggioranza consiliare risiede nel voler evitare l’applicazione di una normativa di tutela ben incardinata nel codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e ben interpretata dalla sentenza Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2188 sulle disposizioni del P.P.R. relative alle zone umide (stagni, lagune, saline).
Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra avevano già proceduto a segnalare (27 luglio 2012) il provvedimento regionale in contrasto con il giudicato amministrativo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari e, una volta pubblicata sul B.U.R.A.S., inoltreranno un’istanza al Governo affinchè promuova ricorso davanti alla Corte costituzionale (art. 127 cost.) contro la legge regionale appena approvata in quanto lesiva delle competenze statali in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio. Sarebbe l’ennesimo ricorso governativo contro i tentativi legislativi regionali sardi di eversione delle normative di tutela ambientale.
Dal suo canto, la Procura cagliaritana ha già avviato un’indagine in proposito, anche per verificare quali e quanti siano i casi similari in tutta la Sardegna.   Ma la Giunta Cappellacci e la sua maggioranza consiliare non sembrano minimamente preoccupati…

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