La nuova unità

8 Ottobre 2008

PortantiniGli avvenimenti degli ultimi giorni, i referendum nella nostra isola, i rapporti difficili tra sindacati e tra sindacati e confindustria, la crisi della scuola ci hanno suggerito un intervento redazionale a metà quindicina. Si tratta di un esperimento e perciò verificheremo se sarà utile ripeterlo.

CONVIVENZE DIFFICILI
Ci troviamo davanti ad una situazione mondiale difficile e dagli esiti pericolosi: la crisi dell’economia avanza con ritmi preoccupanti e i rischi di un tracollo sono sempre più vicini. I salvataggi tentati sinora dalle autorità monetarie dei vari paesi occidentali non sembrano sufficienti per invertire la tendenza in corso. Si riavvicina lo spettro di una disoccupazione massiccia e dell’impoverimento di milioni di persone. Nonostante i tentativi dei nostri governanti siano tesi a tranquillizzare i cittadini, il nostro paese non è escluso dall’area della crisi.
Come se tutto ciò fosse al di fuori di noi, la presidente della Confindustria non manca di glorificare l’intervento dello Stato (si sa, il mercato non può fare tutto da solo!), anzi sollecita ulteriori sostegni perché venga ridotto il costo del denaro ritenuto troppo elevato per nuovi investimenti. Al tempo stesso detta le condizioni per il prossimo contratto nazionale. E va giù pesante, innanzitutto sul recupero dell’inflazione: potrà essere solo parziale, dice la Marcegaglia, e smettiamola di rivendicare una nuova scala mobile. Già ha provocato disastri incalcolabili in passato, non è proprio il caso di ripetere esperienze del genere! I contratti di secondo livello potranno prevedere aumenti salariali solo se rapportati alla produttività e infine bisogna consolidare la detassazione degli straordinari, queste le premesse della sua piattaforma.
La Cisl e la Uil si mostrano molto sensibili a questo discorso, non solo ma attaccano la Cgil di estremismo e l’accusano di volere rompere l’unità sindacale. Periodicamente viene ribadita l’affermazione secondo cui i lavoratori non avrebbero governi amici. Si tratta di un’affermazione legittima. È vero però che non i lavoratori ma alcuni loro dirigenti sindacali mostrano un’amicizia insana nei confronti del governo, una vera e propria subalternità. Nei giorni scorsi si è svolta a Zuri una manifestazione contro la povertà in Sardegna; quegli stessi sindacalisti che hanno promosso l’iniziativa farebbero bene essi stessi a comportarsi di conseguenza e sostenere i lavoratori nella lotta per il rinnovo dei contratti nazionali del lavoro.

I REFERENDUM
Quando una coalizione di centrodestra perde una consultazione elettorale è sempre un fatto positivo. Se poi questa coalizione ha condotto una battaglia politica finalizzata esclusivamente a demolire il suo avversario per l’uso del potere, la sconfitta assume un aspetto ancora più importante. Credo che l’esito referendario del 5 ottobre debba essere interpretato proprio così: come un argine per tenere lontano un disegno autoritario teso a riprendere la devastazione del territorio della nostra isola in nome di una falsa ripresa economica e di una fuoriuscita dalla crisi occupativa. Il centrodestra ce l’ha messa tutta per vincere questi referendum, ha persino scomodato il suo leader, ha fatto alleanze con l’organizzazione degli imprenditori sempre disponibili alle intese di potere, ha usato i mezzi comunicazione con la stessa familiarità con cui si usano le cose proprie. E come se tutto ciò non bastasse, ha persino coinvolto in questa avventura una componente di un partito (il PSd’Az) dal nome illustre anche se talvolta non estraneo a scelte trasformistiche. Tutto ciò comunque non è bastato. Valutiamo perciò con soddisfazione l’esito di questo confronto referendario.
Tutto bene allora? Purtroppo no, Se diamo uno sguardo allo scenario economico e politico della nostra isola, non c’è da essere ottimisti. La crisi che investe l’occidente ci costringe a registrare nuovi pericoli per quanto riguarda la tenuta dell’occupazione: già si prefigurano chiusure di fabbriche (nel Sulcis) a causa della caduta dei prezzi delle materie prime. Se queste ipotesi venissero confermate si allargherebbe l’area della disoccupazione e della povertà. Ma anche la situazione politica non è incoraggiante. Continua la litigiosità dei partiti della coalizione del centrosinistra, soprattutto del Partito Democratico. Senza una fuoriuscita da questa fase di stallo si rischia di neutralizzare rapidamente l’esito favorevole del referendum. C’è bisogno di relazioni nuove con i cittadini. Il referendum avrebbe potuto essere un’occasione per un’inversione di tendenza, per migliorare e favorire la loro partecipazione alle scelte che vengono fatte.
Chissà che l’esito positivo dei referendum non favorisca questo dialogo e non aiuti le formazioni democratiche e di sinistra nella ripresa di un impegno che risponda ai bisogni dei lavoratori.

POESIA PER IL 5.OTTOBRE 2008

Nella presente impresentabile dig-italietta asfittica e sciagurata,
i sardi assenteisti, figli e amanti dell’impronta, ichnussa,
facendo fallire il referendum,
concedono a tutti (dig-italiani e non)
un giorno di respiro.
Improntitudine.

joan

PER UNA NUOVA STAGIONE DI LOTTE.
Non c’è da essere ottimisti sulle sorti dell’Istruzione pubblica. La maggioranza della destra è netta, la sua vocazione autoritaria post-fascista evita persino, con i decreti-legge, il (relativo) rischio di una discussione parlamentare. Attacco letale verso un sistema dell’istruzione pubblica già in crisi, grazie anche al centro-sinistra sinistra: non si dimenticano le politiche di apertura alla scuola privata fatte dal governo che precedette il primo governo Berlusconi, o i gravi tagli che l’ultimo governo Prodi ebbe a fare, nonostante qualche tentativo di modernizzazione operato da un Fabio Mussi, peraltro non emancipatosi pienamente dallo spoiling system e blindato in uno stretto marcamento veltroniano fino alle sue stanze ministeriali. Particolarmente feroce l’attacco della Gelmini al sistema universitario, volto alla privatizzazione di formazione e ricerca, mentre Accademie e Conservatori rischiano di essere travolti a favore di poche strutture d’ ‘eccellenza’ con marginalizzazione di tutte le altre: così oggi, ma questa era anche l’idea di Veltroni.
Ci avviamo verso nuovi e pesanti privilegi di classe, calo qualitativo, precarizzazione dei lavoratori cognitivi presenti e futuri. Si sente parlare negli atenei cagliaritano e sassarese di non apertura dell’anno accademico o di documenti durissimi antigovernativi spesso votati all’unanimità. Ben vengano le rigidità di Rettori, Presidi e Direttori, ma solo una forte azione di base che unisca docenti, ricercatori, personale ATA e studenti e si radichi con blocco delle attività didattiche, e, se necessario, occupazioni e assemblee permanenti, potrebbe costruire l’unica possibilità di opposizione rispetto a un parlamento egemonizzato dalla destra fin dentro il Partito Democratico.
La costruzione di un programma progressista nella nostra isola potrebbe avere, fra i suoi punti qualificanti, lo sviluppo dell’Istruzione pubblica di ogni ordine e grado da parte della Regione e la costruzione di tale linea per le prossime elezioni.

11 OTTOBRE A ROMA
Vi ricordiamo l’appuntamento a Roma per l’11 ottobre.
L’opposizione è nelle nostre mani. Un’altra politica per un’altra Italia.
www.11ottobreinpiazza.org

8 Commenti a “La nuova unità”

  1. Andrea Pubusa scrive:

    Caro Manifestosardo, sia la Redazione che la Poesia di Joan plaudono al fallimento del referendum, dovuto all’assenteismo degli elettori sardi. E sembrano condividere la tattica, mutuata da quella praticata dalla CEI per il referendum sulla procreazione assistita, della nostra Giunta Regionale che non ha dato l’informazione istituzionale sulla consultazione. C’è un implicito apprezzamento anche ai silenzi del PD, che non ha dato battaglia, ma ha invitato gli elettori “ad andare al mare” (PRC invece ha assunto una posizione diversa e corretta). Anche Veltroni ha espresso plauso per la diserzione delle urne da parte dei sardi e così anche l’Unità di Soru. Un elogio dell’astensionismo e del disimpegno che segna – almeno così mi pare -una mutazione genetica delle forze progressiste. Tanto più che sui temi oggetto della consultazione (salvaguardia dell’ambiente, acqua come bene comune) si poteva dare al centrodestra una botta anche nel merito dei quesiti, dando vita ad una mobilitazione capillare del popolo del centrosinistra anche in vista delle elezioni regionali ormai imminenti. E dire che l’astensionismo sarà uno degli ostacoli alla vittoria del centrosinistra nel giugno prossimo! Incoraggiarlo sembra proprio sconsigliabile! O no? Il 5 ottobre la destra sarda ha sbattuto i denti al muro, se li è rotti e ne siamo ben felici. Ma siamo proprio sicuri che ha vinto il centrosinistra?

  2. Redazione scrive:

    Caro Andrea, la nostra posizione vede una sconfitta della destra, ma non certo una vittoria della sinistra, per la quale ci si augura, come è facile leggere, una ripresa del dialogo. Ribadiamo quanto scritto prima del referendum, riconoscendo due possibilità lecite, ambedue ben motivate: votare no alla cancellazione di norme fatte, sia pure con alcuni errori, per la tutela del paesaggio; astenersi sia per far naufragare l´attacco della destra sia per lo snaturarsi di questa nobile forma di democrazia diretta fagocitata dalle lotte fra apparati politici. Nessuno ha invitato ad andare al mare, e chi lo ha fatto non raccoglie la nostra simpatia, che non va neppure a quegli ambienti del PD o sardisti o ex socialisti, ai quali noi non siamo mai stati vicini, che hanno cercato di far naufragare in maniera non certo limpida il piano paesaggistico. Ad ognuno il suo. Crediamo che anche tu sbagli – e ci sembra una posizione curiosamente integralista – ad assimilare uno dei nostri pareri a quello della Cei. Conoscendoti però, siamo sicuri che, dopo aver scritto frettolosamente il commento che ci hai inviato, ti sarà passata la vena polemica che a volte ti investe e tu stesso avrai considerato una stupidaggine questa affermazione. Vedi Andrea, è senz’altro più opportuno dedicare la nostra attenzione a quel che dovrebbero fare le formazioni della sinistra, noi stessi inclusi, per ritrovare una strada comune che ci consenta di invertire la deriva che stiamo vivendo.

  3. Andrea Pubusa scrive:

    No, la mia non è una frettolosa affermazione né una stuppidaggine: chi invita “ad andare al mare” è un tardivo seguace di Craxi, e chi invita all’astensione, anziché dar battaglia, è un seguace del “credo” manifestato da Ruini a nome della CEI in occasione del referendum sulla procreazione assistita. Con una differenza, tuttavia, che la Conferenza episcopale aveva nell’astensione l’unica arma per non perdere (come poi ha confermato il risultato), mentre il centrosinistra sardo il 5 ottobre ha avuto l’occasione per infliggere al centrodestra e a Pili una sconfitta “di merito” devastante, anche in vista delle prossime regionali. Per ritrovare la strada comune ed invertire la deriva bisogna avere il coraggio di affrontare l’avversario sopratutto quando lo si può battere.
    E’ curioso poi che voi non vediate che lo snaturarsi del referendum nasce dalla scorrettezza istituzionale di chi non informa (Giunta regionale) e dall’insipienza politica di chi non usa lo strumento, anche quando può tornargli politicamente utile. In conclusione, io non credo che
    “i sardi assenteisti, figli e amanti dell’impronta, ichnussa,
    facendo fallire il referendum,
    concedono a tutti (dig-italiani e non)
    un giorno di respiro” (firmato Joan oggi; Ruini ieri). Credo e temo esattamente il contrario, e cioé che a forza d’essere invitati a stare a casa, ci rimarranno anche quando vorremmo che si recassero al seggio, come alle scorse elezioni politiche.

  4. Redazione scrive:

    Andrea, dobbiamo ammettere che la tua confidenza con la CEI ci sorprende e preoccupa, ma ce ne facciamo una ragione e andiamo oltre. Noi lamentiamo una profonda crisi della democrazia referendaria, e, visto che siamo in tema di clericalismo e integralismo, ribadiamo che l´assassino – forse non l´unico – è la sua riduzione da confronto tematico laico a rissa partitica.
    Figurati se non ci sarebbe piaciuta una sconfitta politica devastante della destra con una forte partecipazione orientata sul no: peccato che quella parte della cosiddetta sinistra che invitava al voto (tranne Rifondazione Comunista) non abbia dato una precisa, pur giustamente critica, indicazione per il no contro Pili e Berlusconi
    Sai che non è sufficiente dire: andrò a votare; ci sono fondati dubbi che qualcuno – magari ispirato da qualche sana e democratica attitudine edilizia – avrebbe pure votato Sì.

    P.S. forse perchè distratti, non ci siamo accorti se democraziaoggi abbia dato un’indicazione di voto.

  5. Stefano Deliperi scrive:

    ma lo si vuole capire una buona volta o no che quando le proposte referendarie sono prive di effetti pratici, ambigue, vigliacche gli elettori hanno anche il sacrosanto diritto di non raccoglierle? E non per questo sono cittadini qualunquisti, stupidi, bisognosi di “educazione democratica”. Forse una maggiore apertura mentale gioverebbe. Personalmente sono stufo di progressisti, ambientalisti, terzomondisti, solidaristi, consumeristi, amici dei kurdi e quant’altro ancora che, poi, di fatto si ritrovano a continuare a fare il gioco di speculatori immobiliari e imprenditori della disinformazione. La strada di Colaninno è lastricata di (ex) “comunisti”. Renato Soru ha, nella sua azione di governo, più difetti che giorni in un anno, alcuni suoi corifèi sono addirittura inguardabili, ma c’è chi, senza accorgersene, fà di tutto per renderlo un gigante. Un po’ di benevolenza per il povero, semplice, “popolo” degli elettori…

  6. joan (Giovanni Oliva) scrive:

    Non ho intenzione di difendere la poesia per il 5 ottobre 2008.
    Nella mia famiglia si racconta di uno zio, che portava il mio stesso
    nome, purtroppo morto giovanissimo, amico di tutti i ragazzi di
    strada, lui figlio di una famiglia per bene. Svuotava la dispensa di
    casa, si dice, per distribuire a tutti.
    Quando in famiglia c’era qualche discussione animata lui aveva un
    argomento definitivo per difendere le sue idee (magari un po’
    stravaganti): ” l’a dit Pubusa” (Sì “l’ha detto Pubusa” scusate per la
    traduzione). Pubusa era un suo amico fraterno, depositario
    evidentemente delle ragioni più convincenti.
    Riguardo a quanto ha detto Andrea Pubusa contro la “poesia”, non posso che dichiararmi quindi totalmente disarmato per rispondergli.
    Se l’ha detto Pubusa, ha ragione lui.
    Fraternamente.
    Joan

  7. Sandro Roggio scrive:

    Andrea Pubusa sorvola sul fatto rilevante che questo referendum voluto da Pili, cioè da un pezzo della CdL più altri, fosse del tutto campato in aria. Non avrebbe prodotto alcun effetto invalidante del PPR, come è stato spiegato da molti che ne sanno più di me (che comunque “a buon senso” ci sono arrivato facendo come si dice 2 + 2). Serviva ad altro il referendum. E lo ha capito la stragrande maggioranza dei sardi, più intelligenti di quanto s’immagina Pili ( e forse Pubusa) che a votare non sono andati consapevolmente. I numeri, nonostante l’appello di B., ci dicono tutto. Dicono che a chiamate al voto tanto strumentali si può rispondere con l’astensione senza sentirsi colpevoli – a sinistra – di “rinunciare alla lotta”, solo perché il confronto è utile. Elogio dell’astensione ? Se il quesito è un imbroglio o un passatempo mi posso astenere senza vergogna come l’altra sera a cena: miei cari amici discutevano ancora, con piglio referendario, se il vino rosso con il pesce si sposa. Andrea Pubusa ha una fiducia grande nella capacità delle forze politiche di chiamare al voto. Non si è accorto che i cittadini decidono da sé. A dieci chiamate estemporanee ad esserci rispondono con venti pernacchie. Se poi si vuole dire che di temi ambientali se ne doveva parlare prima, sono del tutto d’accordo. A me non è capitato di leggere in questi anni di dibattiti su PPR ecc. promossi da partiti o da intellettuali di sinistra. A voi ?
    La prossima lezione di democrazia ?

  8. Elio Pillai scrive:

    Sinceramente tutta questa polemica mi sembra un tantino esagerata. Premetto che io non sono andato a votare per una scelta mia personale. Poi, che l’intelligenza dei sardi si misuri sull’astensione del voto,mi sembra un po eccessivo.Le stesse cose le diceva Berlusconi sugli Italiani dopo il voto del 13/14 aprile.”chi ha votato PDL è intelligente e chi non l’ha votato è un coglione!”E va beh.
    Mi pare di aver capito che Andrea ponesse due ordini di problemi:
    nel primo lamenta che la regione non ha dato un adeguata informazione istituzionale sui quesiti referendari,e su questo punto ha ragione. L’informazione è un aspetto oggettivo del problema di cui si deve far carico l’istituzione.Oppure andiamo a simpatia?Chi governa decide cosa divulgare e cosa no e su cosa informare? Forse qualcuno magari è convinto che sia cosi’!Questa non fa parte della cultura di sinistra.
    Sul secondo punto Andrea sostiene che avremo dovuto affrontare il nemico in piazza chiamando alle urne il popolo di sinistra invitandolo a votare no.
    Questo è un suo parere personale , come personale è la scelta dell’astensione. Ognuno è libero di fare,compreso i partiti,quello che vuole ,anche sbagliare.
    Invece c’è una terza posizione che non emerge come dovrebbe.Il referendum sul ppr si sarebbe potuto evitare se la regione avesse votato in consiglio la legge urbanistica?
    Se questo è vero stiamo osannando gli aspetti peggiori dei sardi,la testardagine e l’ottusita’.Ma non è una novita’.

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