Sibilla Aleramo. La debolezza degli Dei

1 Luglio 2007

Paola De Gioannis

Le esperienze personali di Sibilla che danno vita all’intera vicenda, si inquadrano nel più generale panorama culturale italiano ed europeo, vasto ed inquieto, e lo riflettono con la semplicità della giovanissima autodidatta di provincia.
Nel 1879, Ibsen pubblica Casa di bambola. Il dramma diviene immediatamente famoso perché osa rappresentare la ribellione di una moglie in un tempo in cui la donna veniva costretta, per legge, a prestare obbedienza assoluta al marito. Tradotto e messo in scena nei principali teatri d’Europa, divide critica e pubblico.
In Germania dove le opere degli artisti norvegesi non venivano legalmente tutelate, conservatori e benpensanti in alleanza con la censura, sdegnati contro quel personaggio femminile che osava opporsi alla legge comune e respingeva la sua condizione di inferiorità in nome della propria morale, modificano arbitrariamente il finale e Nora, nonostante la protesta di Ibsen, rimane accanto al marito.
Il dibattito che si sviluppa in tutta Europa intorno al problema dell’autonomia e indipendenza della donna, dimostra che i tempi sono maturi per una lotta aperta in favore dell’emancipazione.Alla donna era stato impedito di pensare.
In una notte del 1901, a Milano, Sibilla assiste allo spettacolo. Rifletterà un intero anno sul lavoro di Ibsen ed infine prenderà, sofferta e dolorosa, la decisione di lasciare il marito e il figlio per vivere con autonomia la propria vita di donna, insofferente dei falsi perbenismi di una società e di un mondo familiare violenti e meschini. Affascinata da quella donna che si schiera contro un’intera società per inseguire un’idea autonoma e compiuta di sé, un’idea che le restituisce dignità e la mantiene persona scriverà, “Il mio pensiero s’era giorno per giorno indugiato un istante di più su questa parola : emancipazione che ricordavo d’aver sentito pronunciare nell’infanzia, una o due volte, da mio padre seriamente, e poi sempre con derisione“.
E così mentre la Nora di Ibsen abbandona la sua casa di bambola e la sua esistenza di donna deprivata di ogni dignitoso senso della responsabilità individuale, Sibilla consuma l’atto, per noi tutte difficile da accettare, della separazione dal proprio figlio.
E’ la messa in discussione della famiglia come prigione silenziosa che nasconde vittime e carnefici. “Nucleo schiavistico per donne e bambini”, Sibilla è convinta che la violenza a cui il suo bambino troppo spesso è costretto ad assistere, sia per lui orribilmente distruttiva.
Il libro, infatti, corre verso l’imperativo categorico finale: riscattare la propria dignità di donna offesa, violentata, annullata per salvaguardare la speranza, anche nel figlio, di una possibile dignità maschile, “Non ricadere mai più nella menzogna. Per mio figlio più ancora che per me! Soffrire tutto, la sua lontananza, il suo oblio, morire, ma non provare mai più il disgusto di me stessa, non mentire al fanciullo, crescendolo nel rispetto del mio disonore! Come poteva la legge volere che il povero bimbo rimanesse legato al padre… violento e ipocrita… come avrei potuto dire a mio figlio, quello che egli avrebbe potuto diventare per la sua donna?”

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In Sibilla la vita sembra beffardamente riproporre il destino della madre. Il matrimonio senza amore, la gelosia animale “dopo colazione, per tema ch’io ricevessi qualcuno, venivo chiusa a chiave sino al suo ritorno”, le percosse del carnefice domestico, il tentativo di suicidio, il ricorrente desiderio di abbandono della casa del dolore, il tradimento, l’umiliazione, la profonda solitudine morale, la privazione dell’amore, lo spettro della follia, il rifugio nel sogno.
E così il padre stimato e molto amato nell’adolescenza, sciupato e mortificato l’amore della moglie, finisce per mostrarsi anch’egli per ciò che realmente è. Autoritario, insensibile, spregiudicato capitano d’industria, padrone in famiglia e in fabbrica, falso perbenista in un ambiente paesano anch’esso gretto e meschino. “Il primo grande dolore che avevo provato mi era venuto da mio padre, dalla scoperta della debolezza di un uomo che m’era parso un dio”.
Ma Sibilla, a differenza di sua madre il cui dolore approda alla malattia mentale, spezza la catena e in una rivolta emancipatrice se ne va in cerca di sé, verso un altrove che per una donna, seppure nella sofferenza, è infinitamente distante da ogni rimpianto e da ogni nostalgia per colui che ha disprezzato e sciupato il suo sentimento.
E per lei saranno altri incontri, altri amori, altri momenti creativi.

24 Commenti a “Sibilla Aleramo. La debolezza degli Dei”

  1. rita scrive:

    sibilla può essere ancora oggi eletta portabandiera di tutte le donne che grazie al suo esempio dovrebbero sollevare il capo e dire no ad ogni tipo di violenza anche solo psicologica che subiscono talvolta proprio nell’ambito familiare.mai piu’ subire.queste sono le storie da raccontare.brava,brava paola

  2. stefy scrive:

    spendido racconto ancora di grande attualità. Esempio da seguire.Raccontato con molta semplicità e umanità.Brava

  3. francesca scrive:

    bravissima.Chi tratta questi argomenti è meritevole di elogio perchè ancora oggi la dignità della donna è troppe volte calpestata e queste letture possono aiutare a ritrovarla

  4. manu scrive:

    ottimo esempio di carattere e forza.Speriamo sia esempio per molte.Un plauso all’autrice del pezzo

  5. luciana pirastu scrive:

    Brava Paola, con il tuo articolo su Sibilla Aleramo hai riportato in luce la questione femminile non soltanto come fatto individuale ma come problema sociale e culturale. Un richiamo importante in un’epoca di riflusso e di involuzione delle tematiche femminili, contaminate dalla cultura di mercato che si serve del corpo delle donne per vendere materassi e pop-corn, proponendo maggiorate e veline come punti di riferimento.
    Sveglia compagne, questa non è emancipazione ma un degrado che toglie rispetto alla donna e la espone alla violenza dilagante.
    Luciana Pirastu

  6. gabriela scrive:

    sicuramente Sibilla Aleramo è un esempio di coraggio dato che,soprattutto ai suoi tempi, ribellarsi ad una situazione familiare violenta era difficile non solo psicologicamente,ma anche e soprattutto materialmente date le limitazioni cui le donne erano soggette in ogni campo ed è importantissimo per noi donne non dimenticarlo non solo per apprezzare ciò che abbiamo, ma per pretendere sempre di più, per superare gli stupidi ricatti morali ed i sensi di colpa di che ci vuole bollare “o buona moglie e madre, o donna realizzata”,per arrivare ad un giusto equilibrio capendo che una persona deve poter scegliere di essere ciò che vuole senza predestinazioni di nascita,sesso ecc…!ogni scelta ha la sua dignità e soprattutto la sua individualità,perchè noi donne abbiamo il brutto vizio di sentirci degradate ed offese dalle scelte di altre donne solo perchè appartenenti alla stessa categoria?!se una ragazza decide di usare il proprio corpo e sculettare per guadagnarsi da vivere,è una sua

  7. gabriela scrive:

    scelta e rappresenta se stessa,non me e tutte le donne del pianeta e non c’è niente di più maschilista del dire che l’esporre il corpo ci espone alla violenza,sembra quasi un’assoluzione per chi la commette!la soluzione non sta nel reprimere la sensualità,che è quanto di più naturale ci sia nella donna,ma nell’educazione,i figli di oggi saranno i mariti ed i padri di domani e noi donne in quanto madri dobbiamo insegnargli a dare e pretendere rispetto,le figlie di oggi saranno le mogli di domani e dobbiamo insegnargli a dare e pretendere rispetto,non a sopportare per paura del giudizio altrui…….la strada però è ancora lunga,troppo spesso siamo nemiche di noi stesse, cerchiamo colpe in chi è vittima e siamo ostili con chi non lo è….

  8. luciana pirastu scrive:

    No Gabriela, non credo che l’esposizione del corpo e lo sculettamento siano espressione di un’acquisita libertà da parte della donna. Anzi penso che la donna, per sentirsi libera, non abbia bisogno di ricorrere all’esibizionismo. Questo non significa reprimere la sessualità. In un mondo dove più che l’essere conta l’apparire, certi comportamenti, falsamente liberatori, sono indotti da una società violenta che tende a far leva più sugli istinti che sull’intelligenza. La società dei consumi, che ci induce ai falsi bisogni, con l’ausilio della pubblicità, ha trovato nel corpo femminile un formidabile strumento per smerciare ogni genere di prodotto, mentre l’ideologia di mercato propone modelli di donne non competitivi con l’uomo sul piano dei diritti e della parità.
    Parliamo di educazione familiare ma anche di cultura sociale perchè viviamo in un mondo complesso dove la persona viene troppo spesso mortificata.La cultura maschilista è quella dei maschi in giacca e cravatta che impongono

  9. luciana pirastu scrive:

    la donna come oggetto sessuale ad uso e consumo di un pubblico guardone e disimpegnato.
    Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla nuove schiavitù contrabbandate come nuove libertà.

  10. gabriela scrive:

    io credo invece che la possibilità di scegliere se esporre o meno il proprio corpo sia indice di libertà,tant’è vero che nei paesi più maschilisti(definiamoli così) la prima imposizione fatta alle donne è quella di coprirsi!il poter mostrare il corpo è stata invece una delle prime conquiste del femminismo come per dire”ecco questa sono io,decido io cosa far vedere e come gestirlo”!ciò che ha reso la donne oggetto sessuale per troppo tempo è stato il vederla come”preda” e l’uomo come cacciatore,la donna in attesa di essere scelta come moglie!oggi l’utilizzo del corpo,naturalmente entro i limiti del buon gusto,ci permette di lanciare messaggi,di corteggiare, di non avere più un ruolo passivo!non è una minigonna ad esporci alla violenza,visto che gli stupri non sono atti di incontenibile ed istintiva passione o desiderio,ma atti di sopraffazione ed umiliazione concepibili solo da esseri “intelligenti” frustrati,malati o come meglio li vogliamo definire!se fosse la sovraesposizione del

  11. gabriela scrive:

    corpo a generare le violenze,nei paesi islamici ad esempio non dovrebbero avvenire,ed invece purtroppo sono all’ordine del giorno…..
    non è il corpo della donna in se a far vendere i prodotti,ma il messaggio che veicola,cioè il sesso,così come un bel ragazzo attira la mia attenzione su un determinato prodotto,questo rende gli uomini oggetti sessuali femminili?!chissà,magari lo sono pure,non dimentichiamoci che è pieno di ragazzi androgini,schiavi dell’apparire e della bellezza,se come tu dici è una schiavitù spacciata per libertà,beh,allora direi che mai ce n’è stata una più paritaria!il maschilismo da combattere è secondo me ben più sottile e subdolo e poggia su radici molto più antiche di quelle dell’odierna commercializzazione del sesso!

  12. luciana pirastu scrive:

    Coraggio donne, tutte al mercato delle carni a venderci per un tanto al chilo e mostriamo, mostriamo il più possibile le nostre grazie per i buoni affari degli sponsor ed i picchi dell’audience. Il messaggio è sottile, subliminale e ci induce a diventare vittime consenzienti di un sistema volgare che fa avanzare nuovi valori, quelli dell’effimero e del denaro. L’industria della bellezza è in pieno sviluppo, i seni al silicone di sesta misura vanno per la maggiore, che bello, così ci sentiamo libere di apparire mentre i burattinai in doppiopetto tirano i fili di noi marionette e chi fanno agire secondo i loro disegni occulti, che poi tanto occulti non sono. La donna diventa sempre più fasulla, sempre più oggetto e i maschi che comandano spianano la strada a questa nuova divisione dei ruoli: L’uomo al potere la donna, nuda, a portata di materasso.
    Che dite, tutto questo non toglie dignità alla figura femminile? Forse questo non tende a distoglierla dalle battaglie che contano?

  13. luciana pirastu scrive:

    Parlo delle battaglie per la parità, per il rispetto della persona, per la libertà di poter mettere a frutto il nostro potenziale di intelligenza e di ricchezza interiore “alla donna per secoli è stato impedito di pensare”.
    Certo, chi vuole mostrarsi lo faccia pure anche se questa non mi sembra espressione principe della libertà.
    Gli stupri, purtroppo, avvengono ovunque, questi non sono determinati soltanto da fattori di degenerazione individuale ma dalle società che per secoli hanno subordinato e schiavizzato la donna. Nel mondo civilizzato questi fenomeni dilaganti sono favoriti dai guasti creati da una pubblicità violenta,asservita al mercato, che toglie dignità e rispetto alla persona.

  14. Maria Bonaria scrive:

    L’articolo di Paola De Gioannis, ricco di contenuti, crea motivo di riflessione.
    Il vivace dibattito che ne è scaturito mostra che la questione femminile è cosa sentita dalle donne eriportano alla mente le battaglie storiche per l’emancipazione e per la liberazione della donna.
    Il richiamo giunge a proposito nel momento in cui quelle lotte hanno perso mordente mentre la cronaca registra un aumento di delitti e violenze a danno delle donne. Molti risultati sono stati ottenuti ma molte resta ancora da fare in una società malata che va inseguendo nuovi valori: quelli del profitto e del potere, un potere che non riesce a mascherare il proprio maschilismo.
    A mio parere la libertà per la donna non significa soltanto poter disporre del proprio corpo, avere rispetto, considerazione nella famiglia e nella società. Significa anche uguale retribuzione a parità di lavoro, pari opportunità nelle carriere, significa eliminare le discriminazioni sul lavoro per le donne che vogliono avere figli.

  15. Maria Bonaria scrive:

    La battaglia delle giovani del sessantotto , per riappropriarsi del proprio corpo, è stata travisata da una parte ottusa di opinione pubblica. Nel frattempo si assiste all’estendersi di una cultura impreditoriale che tutto sacrifica alla legge del guadagno e tende a snaturare l’essenza di quella conquistata con l’impadronirsi dell’immagine della donna a scopo strumentale.

  16. vanna medau scrive:

    Ancora una volta la donna viene percepita come una parte e non come un tutto.La libertà sessuale, la libertà di mostrarsi e provare piacere nel farlo, la libertà di esprimere senza costrizioni questo aspetto della propria sensualità, di comunicare ed esprimere la propria femminilità mostrandone ed esibendone gli attributi, non va confusa con la libertà di essere ” persona” uguale all’uomo che rivendica la stessa libertà di “essere” di amare , lavorare , pensare e decidere.Tutte queste libertà sono ancora “costrette” da un maschilismo più subdolo e arrogante del passato, che si serve , senza scrupoli,proprio di questo desiderio delle donne di mostrare la propria femminilitò senza false ipocrisie.Ecco il gioco è fatto la trappola è scattata e le donne ci sono cascate.Le ragazze di oggi vanno in discoteca come i loro fratelli, fanno le cubiste ,esibiscono il loro corpo con fierezza , poi, però,non conoscono la contraccezione(libertà di essere madre quando lo decido io) e se rimangono

  17. vanna medau scrive:

    incinte sacrificano se stesse alle “gioie della famiglia” ricalcando ancora una volta lo schema della donna sposa e madre esemplare.,salvo poi concludere tragicamente l’esperienza materna.Essere donna emancipata è altra cosa.Credo che parlare di donne come Sibilla Aleramo ci serva per riprendere in mano le nostre storie interrotte.La pausa che il movimento femminista e femminile si è presa in questi anni, tessendo trame individuali, va conclusa per riallacciare i fili di una rivendicazione di genere e di persona, altro dal maschio e dai suoi modelli femminili ancora oggi imposti.Ri-incontriamoci per discutere, parlare ,condividere e lottare ancora insieme.

  18. gabriela scrive:

    sinceramente non vedo una situazione così tragica,anzi se mi guardo indietro vedo che negli ultimi cento anni le donne hanno fatto passi da gigante,abbiamo ottenuto diritti che prima ci erano negati,abbiamo intrapreso con successo carriere prima esclusivamente maschili dimostrando che il termine “sesso debole” è del tutto gratuito!mi rendo conto che ci sono ancora molte disparità,che spesso dobbiamo faticare il triplo per avere i medesimi riconoscimenti degli uomini,che ci tocca fare le “iene”per essere rispettate e che rispetto ad altri paesi siamo indietro di secoli,ma mi rendo anche conto che è difficile cambiare in pochi anni una mentalità radicata da secoli e noi ci stiamo riuscendo,ma se noi per prime ci giudichiamo male tra noi solo perchè c’è chi fa scelte differenti da quelle che faremmo noi come possiamo pretendere rispetto dagli altri?!perchè giudicare male chi fa la cubista,la velina e dare per scontato che dietro c’è una persona vuota,schiava dell’apparire,

  19. gabriela scrive:

    dei soldi facili,che sia vittima inconsapevole di chissà quale occulta macchinazione maschilista?non si può invece pensare che sia una scelta consapevole,che non si faccia usare,ma in realtà usi certi meccanismi per ottenere ciò che vuole?!non tutte possiamo e dobbiamo fare le manager,i medici o altro,gli uomini non si sentono degradati dagli spogliarellisti o dai calciatori che di certo non brillano per cultura e ahimè in molti casi neanche per intelligenza,anzi li idolatrano e li imitano!per me non c’è niente di più antifemminista che cercare il rigore e la perfezione per essere accettati,perchè significa annullarsi per adattarsi ad un mondo fatto da altri(quasi tutti uomini),perchè significa che neanche noi ci piaciamo per quello che siamo!il vero femminismo è pretendere rispetto e parità pur con mille differenze,anche non rinnegando le piccole frivolezze come il trucco ed i tacchi,così come gli uomini non rinunciano alle loro!
    se c’è disinformazione sulla contraccezione è

  20. gabriela scrive:

    perchè nelle famiglie il sesso è sempre un argomento tabù,anche se,essendo io una ragazza di oggi,posso assicurare che c’è molta meno ingenuità di quello che si pensa fra le ragazze!non crederò mai che una ragazza a 15anni non sa come si evita una gravidanza,solo che molte volte si fanno le cose senza pensare che non è tutto una favola e che le conseguenze di certe azioni sono per la vita,come lo è un figlio……

  21. Filo scrive:

    Concordo con le tante cose dette e, particolarmente, col bellissimo articolo di Paola e con le riflessioni di Luciana, quando affermano che l’emancipazione e la libertà non possono ridursi, come spesso succede, all’esibizione e alla mercificazione del proprio corpo. Stiamo assistendo a una nuova forma di schiavitù. Tutto ciò è molto triste e pericoloso anche per i messaggi che si trasmettono alle nuove generazioni. Emancipazione per me significa conquistare valori, diritti, comportamenti capaci di garantire la propria identità, la propria soggettività, la propria libertà. In concreto emancipazione significa pari opportunità nella scelta del lavoro, libertà di scelte personali, di vita e professionali. La donna si emancipa per i valori e i diritti conquistati, per la libertà di affermare pienamente se stessa nella società.Giusto, l’emancipazione non è mai un dato acquisito per sempre, ma è una conquista che richiede un impegno incessante. Non bisogna mollare.

  22. vanna medau scrive:

    E’ vero che le donne hanno fatto negli ultimi quarant’anni passi da gigante , ma se il Finantial Time intitola la prima pagina del suo inserto di venerdì, dedicato interamante alla condizione della donna in Italia “Naked ambition”una ragione ci sarà .L’anomalia della condizio0ne femminile nel nostro paese , rispetto al resto dell’Europa e non solo,è evidente a tutti gli stranieri tranne che a noi.Siamo mediamente più istruite dei maschi , più brillanti negli studi , ma i posti di comando sono sempre e quasi esclusivamente maschili . Poche le donne in Parlamento ,pochissime le ministre:, pochi gli asili nido e le scuole materne per le donne che vogliono lavorare e se non sopperiscono le nonne si rinuncia. Son in aumento le gravidanze tra le minorenni , ma nella scuola italiana non si fa educazione alla sessualità. Ma ..qui sta il bello , è bastato che si parlasse di Sibilla Aleramo per ridare voce a donne di diverse generazioni .La rassegnazione è dunque finita?

  23. rita scrive:

    e brava paola.èbastata una piccola scintilla per scatenare un incendio. bene ogni commento è gradito e valido.adesso paola vuoi scrivere qualche altro pezzo cosi che un’altra “battaglia”(in senso positivo),ci permetta di capire meglio il nostro vario modo di pensare??. sicuramente non ti mancano le idee .aspettiamo

  24. aldyn Peppe scrive:

    Solo oggi ho l’accasione di leggere questo splendido articolo di Paola,l’argomento molto interessante riguarda l’emancipazione della donna e la sua libertà nei riguardi dell’uomo , della famiglia e dei figli. se non leggessi la data direi che è stato scritto pochi giorni fa,infatti ancora oggi l’argomento è oggetto di varie discussioni , soprattutto in questi ultimi anni con i vari feminicidi la donna è ancora schiava della gelosia dell’uomo e non riesce a spezzare questa catena che la lega all’uomo padrone.

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