La rivoluzione senza solfiti

16 Giugno 2012

Piero Careddu

Il peggior vino del contadino è meglio del miglior vino industriale”  (Luigi Veronelli).
Annotazioni dal primo incontro sardo sui vini naturali: il  tre e quattro giugno scorsi Cagliari ha visto la pacifica invasione di quella strana fauna che sono i vignaioli e produttori di vini naturali.  “Vini Naturali in Sardegna” è stato un evento nato da una serie di intuizioni coraggiose di Alessandro Dettori e Gianluca Murgia, un produttore e un ristoratore appassionato, che in pochissimo tempo sono riusciti a creare praticamente dal nulla un qualcosa che, oltre a rimanere nella storia enogastronomica della nostra isola, potrebbe essere un importante punto di partenza per un’ inversione di percorso nel pensare e fare vino in Sardegna. Il lungo fine settimana è iniziato con la cena per produttori e convegnisti durante la cui preparazione abbiamo dato il nostro contributo come “cuochi ospiti”, Roberto Petza de “S’Apposentu” di Siddi, Stefano Deidda del “Corsaro” di Cagliari e io Piero Careddu come chèf della “Guardiola” di Castelsardo. 
Una cena all’insegna di una elegante informalità dove i commensali hanno avuto la possibilità di vivere l’emozione di alcuni momenti di grande cucina con le creazioni della giovane promessa Deidda e di colui che non mi stanco mai di definire il più grande cuoco sardo di ogni tempo, Roberto Petza.
Interessante, soprattutto per l’intenzione etnico-fusion, la “Millefoglie di merluzzo confittato profumato al limone, purea di melanzane al basilico e liquirizia” di Stefano che ha sapientemente miscelato elementi di sardità con tecniche di cottura moderne. Roberto invece, con la sua ormai proverbiale modestia che lo rende grande anche umanamente, ha incantato la platea con “ Crema di riso di San gavino con gelato di gamberi rossi, mandorle tostate e scorzette di limone “, un intrigante gioco di equilibri tra consistenze e temperature che ha colpito tutti.
Io dal mio canto ho proposto “Filetto di spigola al forno su crema di piselli profumata alla menta con scorze d’agrumi caramellate”  a rappresentare il mio lavoro, iniziato da anni, sulla sintesi tra stagionalità, cotture brevi e recupero identitario.
La sera della convivialità è stata solo “l’antipasto” della grande giornata che abbiamo vissuto l’indomani.
Giornata iniziata intorno alle 11 con il Convegno. Presiedeva e moderava dibattito e relazioni Romano Cannas, direttore della sede regionale Rai con la complicità di Giovanni Fancello, giornalista, scrittore di enogastronomia e storico della cucina.
Fondamentali gli interventi di Giovanni Bietti, musicista, musicologo e autore della prima Guida ai vini naturali, e di colui che viene considerato uno dei padri della biodinamica in Italia Stefano Bellotti. 
Penso di poter sintetizzare le due relazioni in pochi ma importanti punti.
Il concetto di vino naturale è ancora troppo aleatorio e indefinito.  C’è troppa confusione dovuta ad una legislazione tutta all’italiana dove, per esempio, nel biologico è permesso ancora un utilizzo esagerato e inaccettabile di prodotti di sintesi. Giovanni Bietti ha messo l’accento proprio su una definizione di vino naturale che contenga meno poesia e filosofia, utilizzate per dare pericolose sfaccettature trendy, e più concetti concreti legati a salute, territorio, ambiente.
Profondo ed emozionante l’intervento di Stefano Bellotti. Con un linguaggio semplice e scevro da ottiche settarie e fanatiche, Stefano ha messo in luce i danni incalcolabili dell’agricoltura intensiva all’ambiente, alla salute di tutti gli esseri viventi e al futuro dell’economia mondiale, sottolineando come la biodinamica non sia un metodo stravagante ed esoterico ma un’insieme di pratiche legate al buon senso e al rapporto di scambio tra uomo e terra. Una terra che, se la tratti bene, ti restituisce tutto con gli interessi in forma di salute e benessere.
La querelle tra i vini cosiddetti convenzionali e i naturali non può e non deve essere ridotta a considerazioni puramente stilistiche. E’ arrivato il momento di urlare al mondo che bere vino convenzionale equivale, nella stragrande maggioranza dei casi, a bere veleni dannosissimi per la salute e per l’ambiente. Basti pensare che i lieviti selezionati, utilizzati in fase di fermentazione da tutte le aziende convenzionali, sono degli OGM a tutti gli effetti. Beviamo organismi geneticamente modificati ad ogni sorso di vino “moderno” che deglutiamo: il tutto autorizzato dalle attuali leggi vigenti.
Ha chiuso i lavori l’intervento-spettacolo dell’istrionico Luca Gargano, titolare della Velier di Genova principale azienda distributrice di vini naturali in Italia. Luca, improvvisando alcune esilaranti gag, ha sottolineato quanto sia importante riportare il vino ad una dimensione di pura convivialità liberandolo dai recinti dei ridicoli accademismi in cui è stato rinchiuso negli ultimi 30 anni.”
Dopo il convegno si è dato il via all’esposizione dei vignaioli.
Non sono riuscito ad assaggiare un solo vino che non fosse piacevole e di livello molto alto. Conferme dai nostri Dettori di Sennori e Manca di Nurri.  Il  Dettori rosso 2009 è il solito condensato di sapori e personalità con un equilibrio tra alcool e corpo che dopo un decennio faccio ancora fatica a spiegarmi. Meraviglioso il  nuovo Billuchè  di Gianfranco Manca, un accattivante melange di Nuragus, Vermentino e Trebbiano, leggermente frizzante. Straordinario il nuovo rosato da Cannonau di Giovanni Montisci da Mamoiada: corpo, profumi e carattere per un grande vino da pesce.
Ancora un rosato dalla neonata Meigamma di Villasimius, unica bottiglia per ora in produzione: uvaggio di Cannonau con piccola percentuale di Muristellu; un vino facile, fresco, elegante e decisamente estivo. E poi le conferme di Altea Illotto con i loro Nasco e Carignano, e di Sedilesu con le importanti interpretazioni di Cannonau barbaricino in chiave bio. 
Fermo restando che non sono riuscito ad assaggiare tutto per motivi di etilometro vorrei spendere due parole sull’incantevole SP68 di Arianna Occhipinti: davvero una poesia in forma di vino bianco; da uve Moscato d’Alessandria un vino da mettere a tavolo con decine di variabili e possibilità ma che ho immaginato istintivamente con un zuppa di pesce piccante e profumata. 
Grandiosi i bianchi del friulano Radikon e in ginocchio davanti a Le Vie Clos 2009 del grande  Nicolas Jolie. 
Ci siamo lasciati con la speranza che questo atto di coraggio di Luca e Alessandro non rimanga un bell’episodio da ricordare ma si ripeta già a partire dal prossimo anno con quei due o tre piccoli correttivi che potrebbe dargli un taglio di caratura internazionale.

8 Commenti a “La rivoluzione senza solfiti”

  1. Marco Tebaldi scrive:

    Ben vengano iniziative che promuovono diverse espressioni di pensiero.
    Ben vengano poi tutti coloro che ritengono di avere delle prerogative da sottoporre al giudizio di chi ascolta e degusta.
    Ma fate sapere a tal Bellotti che affermare che i lieviti selezionati “sono degli OGM a tutti gli effetti” è una manifestazione di purissima ignoranza.
    Dire poi che bere vini convenzionali equivale a “bere veleni dannosissimi per la salute e per l’ambiente” è poi un insulto a tutti i produttori seri ed una forma idiota di auto promozione che evoca assurde visioni nel consumatore, allontanandolo dal consumo di vino tout court. Certa gente andrebbe rinchiusa!

  2. Piero Careddu scrive:

    Gentile Dottor Tebaldi,
    noi piccoli uomini che portiamo avanti le nostre pacifiche battaglie per la salute dei nostri simili e per dei vini veri che raccontino storia e territorio, siamo abituati al livore di voi enologi che non esitate, nella cieca difesa del vostro operato, ad affacciarvi ai confini dell’insulto. Ed è proprio il suo livore che le impedisce di leggere in maniera corretta quello che scrivo: non mi pare che si possa evincere da nessuna riga dell’articolo un qualcosa che permetta di attribuire al “tal Bellotti”, come lo appella lei, la frase che l’ha tanto scandalizzata (le suggerisco di informarsi su Stefano giusto per allargare i suoi orizzonti di wine-maker). Inoltre non mi sono mai sognato di affermare che tutti i vini convenzionali sono carichi di veleni, ho scritto semmai, e confermo, che lo sono una grande maggioranza. Poi, caro Dottore, si tratta di metterci d’accordo sul significato di veleno. Lei da questo punto di vista è sicuramente più elastico di me e magari ritiene una sostanza chimica, solo perché autorizzata da leggi deliranti, non dannosa per chi beve il prodotto finito. Riguardo ai lieviti selezionati, incasso la qualifica di ignorante ma ribadisco che dei microorganismi allevati in laboratorio per pilotare e falsare l’identità di un vino e del suo terroir sono per me, e non solo per me, ogm a tutti gli effetti. Per il resto lascio a lei la libertà di insultare senza argomentazioni e di decidere che chi fa controinformazione vada rinchiuso.

  3. Marcello Madau scrive:

    Mi rendo conto che il tema suscita passioni e posizioni serrate. Intanto non pensiamo che Bellotti, e nessuno, tanto meno da queste colonne, debba essere rinchiuso. Auspichiamo perciò l’abbandono di questi toni.
    Il tema dei lieviti ogm è piuttosto controverso. Ci sono Stati che li permettono, altri che – a mio parere correttamente – hanno deciso di non impiegarli, ovvero di impiegare solo lieviti ‘ogm free’. Per parlare con parole semplici, se a rigore un organismo geneticamente modificato implica una modifica della sua sequenza genetica mediante l’inserimento di DNA di un altro organismo, è ugualmente vero che l’intervento laboratoriale sul DNA di un lievito come modifica deve essere considerata. Senza contare la necessità di proteggere – e qua entriamo nel campo della biodiversità – la territorialità di un vino e la sua tradizione biologica.
    Credo che il fenomeno dei vini OGM riguardi soprattutto gli Stati Uniti d’America. La questione non è inesistente, e lo testimoniano le molte iniziative di importanti realtà vinicole in diverse parti d’Europa per combattere il fenomeno degli OGM nella produzione del vino.

  4. Marco Tebaldi scrive:

    Caro Careddu, se le affermazioni di cui sopra non sono attribuibili al Bellotti, come mi era sembrato leggendo la sua invettiva, me ne scuso con lo stesso.
    Detto questo, mi permetta di spezzare una lancia in difesa della categoria degli enologi, cui mi onoro di appartenere, nonostante lei li abbia tutti indistintamente tacciati di cecità collettiva (migliaia di nuovi ciechi!) che difendono il proprio operato basato su lunghi anni di studio ed approfondimento sperimentale. Fino a prova contraria, siamo assai titolati a disquisire della materia, anche con parole semplici, se corrisposti da serena intelligenza. La invito poi a meglio comprendere i concetti di OGM e di veleno, evitando di coniarne di nuovi, all’insegna della controinformazione.
    Confido nella bontà della sua spigola al forno, dall’aria assai invitante…

  5. Piero Careddu scrive:

    Caro Dottor Tebaldi, siccome il regolamento di questa testata non consente più di due commenti a pezzo io non voglio continuare questo scambio polemico; prima di tutto perchè lei non potrebbe rispondermi e la cosa non mi piace e in secondo luogo perchè non è nostro obbiettivo alimentare polemiche sterili.ma avviare riflessioni e scambi costruttivi. Certamente l’obbiettivo del mio pezzo non era quello di criminalizzare una categoria professionale, quella degli enologi, dentro la quale mio onoro avere numerosi amici. Amici con i quali mi scontro spesso senza che rispetto e stima subiscano la minima scalfitura. Mi sembra importante informare chi ci legge che lei è il pricipale ideatore e fautore del progetto “FREEWINE no sulfites in paradise”, un sistema tecnologico molto innovativo per azzerare l’utilizzo di solfiti aggiunti nel vino. A questo punto lancio una proposta a lei e alla direzione di questa testata: ospitare un suo intervento dove ci racconta le sue idee su vino, salute, ambiente e dove spiega le finalità e le metodologie del FREEWINE. Grazie comunque per la sua attenzione.

  6. Sieghard Vaja scrive:

    Da enologo e appassionato consulente di cantine a vocazione biologica, posso comprendere la Vostra visione dell’enologia.
    Premetto che chi veramente ama la vite e fa vino difficimente si può sottrarre ad ambire ad un operato più sano e sostenibile.
    Gli additivi enologici permettono la sicurezza della produzione anche in condizioni avversi; altrimenti bisogna essere coraggiosi e “saltare” l’annata.
    Da una cultura “addizionale” di prodotti sintetici e anche naturali, si dovrà passare ad una “sottrattiva”, cioè tecnologica.
    Fare niente o niente di positivo non può essere pensiero naturale. Rivediamo perciò cosa possa essere positivo nell’arte di fare vino del 21 secolo.
    Ridurre o eliminare la presenza di solfiti o meglio di tutti i conservanti può essere una di queste esigenze. Confermo la validità della mia esperienza “Freewine” prima citata.
    Confrontandosi – produzione vs consumatori – si potrà definire la nozione standartizzata del “naturale” poiché già di per il vino deriva da un processo regolato da fenomeni naturali, eccetto l’uomo che lo accompagna, lo sogna e lo idealizza.

  7. Salvatore Cherchi scrive:

    E bravi Marco e Piero,conosco bene entrambi e so la passione che hanno per i vini il territorio e l’ambiente, grande incontro!!
    Marco, quando vieni in Sardegna andiamo a trovare Piero..

  8. Sofia Carta scrive:

    Ciao Piero, e grazie per aver ricordato quella meravigliosa manifestazione. Sono stata estremamente colpita dal convegno la mattina, ed ascoltare il Docente di Astronomia che ha incrociato con scioltezza detti popolari a costellazioni e manovre pratiche in cantina è stato affascinante, avrevi voluto ascoltarlo per ore ed ore. Ilmomento di Gian Luca è stato sicuramente d’impatto, un personaggio direi, ma di lui ne avevo già ben sentito parlare..
    Ho avuto occasione di degustare tante buone cose, alcune mi hanno lasciato un pò perplessa, naturalmente opinione personale (non tutti i vini devono per forza piacere a tutti, atrimenti sarebbe troppo semplice) ed ho fatto delle bellissime conoscenze con produttori che mettono anima e cuore dentro una bottiglia. Mi ha colpito molto il Merlot di Radikon 1999, avrei potuto star davanti al bicchiere lungo tempo a sentire la poesia dei profumi (nascosta da Luca Gargano…), ho scoperto la Georgia Our Wine col suo Rkatsltell ed il Saperavi, la Slovenija con lo Spumante naturale con sedimento, (quello che si apre ‘a testa in giu), grandissima riconferma di pensiero per Paolo ed Alessandro Dettori, per Giovanni Montisci, e tanto di cappello per il suo Rosè. Grande scoperta il Bianco dei colli Trevigiani frizzante Az. Agricola Costadilà… Entusiasmante l’Amphora. Organizzazione ben studiata, location accogliente fresca e pulita, ottimo menu….. spero si rifaccia presto, ma stavolta a Centro Sardegna sarebbe perfetto….

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