La scuola con gli studenti

16 Giugno 2015
scuola
Carlo Sanna

Già quest’autunno con la presentazione delle linee guida della “Buona Scuola” era facile notare come si parlasse troppo poco di studenti: il ddl 2994 oltre a confermare questa preoccupazione va ben oltre.

Questo Disegno di Legge è infatti la piena espressione dell’idea non solo di scuola, ma soprattutto di società verso la quale si sta pericolosamente tendendo: una società profondamente diseguale, con spazi di democrazia ridotti, con una chiara volontà di smantellare il sistema di diritti e di tutele e contemporaneamente mortificare qualunque soggetto in grado di rappresentare le componenti sociali e difenderne le istanze. Muovendosi sulla base di questa idea di fondo, questo Governo detta e impone i tempi al Parlamento ed al Paese, promuovendo in prima battuta la bontà della riforma della scuola attraverso consultazioni fittizie, concentrando l’attenzione altrove in un secondo momento, per poi presentare un ddl costruito intorno all’urgenza della stabilizzazione dei precari e forzare la sua approvazione. 

Ciò che realmente rappresenta il ddl 2994 è perfettamente organico con l’idea di società sopracitata, ma drammaticamente disorganico e scollegato rispetto alle reali esigenze della scuola italiana. In Sardegna ciò è, se possibile, ancor più evidente: abbiamo una Legge Regionale sul Diritto allo Studio datata 1984 ed una dispersione scolastica del 25,8% (più alta d’Italia e ben distante dagli obiettivi della strategia Europa 2020); ogni anno circa ¼ degli studenti sardi si allontanano dal ciclo di istruzione, gran parte di loro perché non ha i mezzi sufficienti per portarlo a termine. È evidente come il tema prioritario sia quello del Diritto allo Studio: la necessità che gli studenti e le famiglie possano essere in grado di scegliere qual è il percorso di studi migliore senza dover includere in questa scelta la propria situazione economica e la provenienza geografica, e che la scuola sia realmente accessibile a tutti. Il ddl affronta questo argomento con una delega in bianco, confermando il netto distacco del Governo dal Paese reale, dai suoi problemi e dalle sue necessità e la sua volontà di proseguire su una strada già tracciata e la cui direzione non è sindacabile.

Altra questione trattata è quella dell’Alternanza scuola-lavoro, che viene estesa ai licei e potenziata, ma c’è da stare attenti: anche qui la grande necessità è quella di tutelare gli studenti che affrontano questo percorso, evitare che si trasformi in sfruttamento, certificare che le attività svolte siano realmente formative ed attinenti al percorso di studi. La “carta degli studenti e delle studentesse in A.S.L.” di cui parla il testo non rassicura su questi fronti, il semplice fatto che per la sua stesura vada “sentito il parere del Forum delle Associazioni” non è sufficiente; il rischio è che l’attività formativa dello studente consista nello spostare le cassette di frutta nei magazzini durante l’estate, come qualche mese fa diceva il Ministro Poletti.

Una grande menzogna che viene raccontata da Settembre, quando furono diffuse le linee guida, è il fatto che questa riforma contenga una proposta di Didattica innovativa. Da un lato infatti lo stampo complessivo ricorda molto le “Tre I” di morattiana memoria, dall’altro – nonostante l’aspetto positivo del potenziamento di alcune materie come il Diritto, l’Economia, la Storia dell’Arte, la Musica – è totalmente distante dall’esigenza di ristrutturare la didattica in una scuola che ha un serio bisogno di modificare i propri metodi e tempi d’insegnamento.

Ciò che poi viene fatto in materia di governance preoccupa tantissimo i docenti, ma anche noi studenti restiamo perplessi: abbiamo già vissuto in questi anni un progressivo aumento dei poteri del Dirigente Scolastico, ed abbiamo constatato che la gestione verticistica ed aziendalistica della scuola non è affatto la soluzione ai suoi problemi ma che al contrario gli istituti nei quali si rispetta la collegialità degli organi e la partecipazione di tutte le componenti della vita scolastica, sono spesso quelli più innovativi, più attivi, più efficienti. Inoltre il sistema di valutazione – inteso ancora come dicotomia premio/punizione – e la “chiamata diretta” stonano profondamente con la parola “autonomia” che tante volte compare nel testo approvato il 20 Maggio dalla Camera. Per di più, un Dirigente con più poteri è anche obiettivo di maggiori pressioni esterne: anche se non presenti direttamente all’interno del Consiglio d’Istituto, i soggetti esterni al mondo della scuola potranno esercitare una maggiore influenza sulle scelte di governance, e addirittura di didattica.

Questo si lega strettamente con gli articoli sui finanziamenti presenti nel ddl, dai quali traspare chiaramente quell’idea perversa di istruzione e di società di cui parlavo all’inizio. Quest’autunno il mondo della scuola rabbrividì nel leggere la pagina 124 del documento, che recitava: “le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze della nostra scuola”. All’interno del ddl, questo concetto si sostanzia negli articoli 17-18-19, ampiamente emendati (soprattutto il primo dei tre, relativo al 5×1000) ma comunque portatori di un messaggio dalla pericolosità drammatica: nel momento in cui il Governo scrive la pagina 124, produce gli articoli, e dichiara la necessità di “responsabilizzare la società civile ai problemi della scuola pubblica”, si sta autoesonerando dalle sue responsabilità nei confronti della scuola pubblica stessa. Ancor più esplicitamente, da un lato sta venendo riconosciuto che la scuola pubblica italiana abbia dei gravi problemi ed una forte necessità di essere finanziata ulteriormente, dall’altro si sta dicendo che la risoluzione di questi problemi può non essere più una preoccupazione del Governo. In altre parole stiamo rischiando che la scuola in Italia possa non essere pubblica e le sue crescenti difficoltà possano non essere più una responsabilità politica.

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