La zattera dei sogni

16 Giugno 2017

Disegno di una bambina siriana

Maria Grazia Pippia

L’articolo di Maria Grazia Pippia sul progetto La zattera dei sogni sui temi dell’immigrazione e dell’inclusione andato in scena sotto forma di rappresentazione teatrale, al Teatro Ferroviario. (Red)

Il tema dell’immigrazione, sta ormai diventando oggetto di discussione della quotidianità di ognuno di noi. Da una parte la voglia di accogliere, di integrare chi lascia la propria terra, dall’altra la dialettica populista di alcuni soggetti politici e non, che fomentano l’odio e la demonizzazione verso l’altro.

E’ di fondamentale importanza che si usi ogni mezzo per combattere questo processo di “dividi et impera” che sta creando delle vere e proprie guerre tra poveri. Molte piccole realtà si stanno muovendo in tal senso. A Sassari, dopo il successo dell’iniziativa promossa dal Fronte Indipendentista Unidu nella scuola di San Donato, intitolata “Diversi ma uguali”, dove i bimbi con lavoretti e poesie hanno espresso il loro pensiero sulla questione integrazione, anche un altro istituto ha pensato di portare in scena, attraverso il canale della rappresentazione teatrale, un progetto che ha preso spunto da storie reali di immigrati che si sono raccontati, chi con testimonianze dirette, chi, come nel caso di una bambina siriana, con disegni.

La scuola elementare in questione è l’istituto comprensivo di Li Punti (quartiere della periferia di Sassari), la classe la quinta D. Una delle maestre, Maria Gerolama Baldino ha deciso di trasporre in scena i delicati temi dell’immigrazione e dell’integrazione. I bambini sono stati seguiti in questo percorso anche dal maestro Beniamino Pistidda, elemento esterno alla scuola, ma insegnante di tecnica teatrale, soprattutto specializzato nei musical. Tutto ha avuto inizio dalla necessità di contrastare ciò che, sempre più, nei social sta dilagando come espressione di odio puro, di negazione del diritto umano alla vita, da parte di menti spesso deboli che gracchiano una presunta superiorità razziale.

Sono state ascoltate le testimonianze di diversi giovani che hanno vissuto la guerra sia direttamente che indirettamente: un ragazzo siriano ha raccontato le vicissitudini della sua famiglia, sebbene lui si trovasse già in Italia al momento dello scoppio del conflitto in Siria; un ragazzo iraniano che è scappato dal suo paese proprio perché, a causa dell’Isis, la situazione ha iniziato ad assumere risvolti drammatici; un ingegnere di Gerico che ha raccontato invece di come i palestinesi subiscano, giorno per giorno, il sopruso di Israele: come si intrufolano nelle loro case, il fatto che per compiere le normali azioni della quotidianità, come uscire di casa per andare a scuola o a lavoro, ad esempio, devono passare attraverso una sorta check point, o in estremis, scavalcare abusivamente il muro per poter uscire.

Inoltre, i bambini, hanno avuto modo anche di assistere, grazie ad uno spettacolo promosso dall’associazione “Ponti e non Muri”, al racconto di Gabriella “Gabo”, una volontaria d’istanza in Siria, che ha portato la testimonianza di Sheradzane, una bambina che attraverso l’arte del disegno, ha creato una sorta di narrazione sulla sua esperienza di vita (dando così un’idea complessiva di tutto il calvario che deve sopportare un profugo per salvarsi dalla guerra), dall’inizio dei bombardamenti alla fuga via mare verso la Grecia, per giungere infine al filo spinato messo al confine con la Macedonia e alla permanenza presso il campo profughi di Idomeni. Una piccola anima che si è ritrovata a dover esser adulta prima del tempo e che, a più riprese, ha conosciuto il senso più profondo della parola “muro” sia in modo metaforico che materiale, reale.

In calce al racconto di Sheradzane, gli alunni hanno fatto una capillare ricerca su internet per intercettare i luoghi colpiti dai conflitti e il viaggio che molti profughi hanno dovuto per scappare da essi, tracciando il percorso su una cartina. Sono state raccolte anche foto di come Gerico e Aleppo sono attualmente e una delle alunne ha anche scaricato l’intervista fatta ad un ragazzo del Gambia che, per necessità scenica, è stata modificata traslandola al femminile. Rielaborata l’intervista quindi, come ultimo step, si è deciso di dare allo spettacolo il nome de “La zattera dei sogni”. Quel sogno che ogni essere umano che scappa da situazioni di guerra ha, nell’approdare in terre di pace. Durante lo spettacolo, verrà recitata una preghiera africana e, in seguito, i bambini canteranno diverse canzoni che hanno come minimo comun denominatore la figura del clandestino. Singolare sarà l’interpretazione del testo di una nota canzone, che vede come protagonista un politico italiano, simbolo dell’intolleranza dilagante, che infatti tratta con sarcasmo le persone che approdano nelle nostre coste. A concludere, ci sarà un messaggio di pace, dove una bimba di origini cinesi abbraccerà tutti i suoi compagni di classe, come simbolo di pace e speranza in un mondo più giusto e perché l’accoglienza sia intesa come tale e non come una forzatura meramente dettata da leggi internazionali.

Un progetto importante, poiché non è stata chiesta una sola lira alla scuola, ma ognuno ha provveduto con le proprie forze ad autofinanziare il lavoro. La scelta adottata da molti insegnanti, di educare i bambini all’inclusione è giusta, saranno poi loro infatti a spiegare alla generazione passata, quella nostra, che per essere fratelli non occorre avere legami di sangue, ma condividere un gioco, un sorriso e un abbraccio.

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