La giornata della memoria

1 Febbraio 2011

stiglitz

Alfonso Stglitz

Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, si commemora la “Giornata della Memoria” istituita dal parlamento italiano con la legge 211 del 20 luglio 2000. Come ogni anno si rinnova il dibattito sulla utilità di questa Giornata, dibattito per certi versi stimolante per altri banale. Banale quando basato sul consueto ‘benaltrismo’, per il quale ci vorrebbe altro da realizzare, ovviamente in un indefinito tempo, come azioni quotidiane che meritevoli hanno il “pregio” di diluire e rendere meno visibile il messaggio. Stimolante quando viene collegato alle tematiche oggetto della commemorazione come bene ha fatto recentemente Furio Colombo con un articolo sul tema, leggibile nel suo blog (www.furiocolombo.it). Che c’entra questo con la tematica del lavoro e dei suoi diritti? Il rapporto è molto stretto per un aspetto che è meno noto, leggendo capirete il perché, e sul quale la Giornata della memoria può utilmente richiamare l’attenzione: l’olocausto, con il suo insieme concentrazionario, fu sostanzialmente un immenso sistema economico capitalistico finalizzato alla produzione continua di oggetti economici. La stessa organizzazione dello sterminio fu costruita secondo i sistemi di una autentica catena di montaggio, con la parcellizzazione delle competenze e delle responsabilità, che andavano dal capo supremo all’addetto ad aprire i rubinetti per la fuoriuscita del gas. Quella della catena di montaggio non è solo una figura retorica, ai campi di concentramento e di sterminio era collegata, infatti, un’autentica filiera economica che iniziava nel momento del sequestro dei beni di coloro che sarebbero stati deportati, cui seguiva il sequestro dei pochi beni portati con se nel tragico viaggio ferroviario verso i campi, vestiti, scarpe, occhiali ecc. Qui la filiera economica prendeva due strade la prima era quella dei non abili al lavoro che venivano soppressi, senza perderne il valore economico: i denti d’oro estratti alle vittime prima dell’esecuzione o dopo, i capelli delle donne utilizzati per la produzione industriale del feltro. La seconda strada era quella degli abili utilizzati per esperimenti medici o per la realizzazione di produzioni industriali belliche. Sarebbe interessante, ma non ne ho la competenza, un’analisi dei brevetti ancora in atto su quegli esperimenti. Ma era soprattutto un altro il sistema economico principale: un insieme di fabbriche alle quali venivano affittati a bassissimo prezzo gli schiavi da sfruttare fino allo sfinimento, sicuri di un continuo ricambio di manodopera e dell’assenza di pensionamento; i non più abili venivano soppressi e reinseriti nell’altro sistema di sfruttamento economico dei corpi. Forse questo è il tema ancora da sviscerare in modo più approfondito, anche se più difficile perché si va a toccare industrie, managment, gruppi di potere che dopo la guerra non pagarono, se non in minima parte e certamente non in quanto strutture economiche. Noto è il caso dei Krupp, grandi produttori di materiale bellico e tranquillamente transitati nel dopoguerra. Meno noto è quello della IG Farben industria della famiglia Deutz, che produceva ad Auschwitz petrolio sintetico e gomma ricavati dal carbone e lo Zyklon B, il tristemente famoso gas usato per lo sterminio.  Nel dopoguerra ha continuato a produrre agenti chimici per l’utilizzo in campo militare, ma questa volta per gli americani, poco schizzinosi nell’utilizzo dei “sopravvissuti” nazisti; in fin dei conti all’epoca della Guerra Fredda gli ebrei erano considerati tendenzialmente comunisti. Una ripulitura dell’impresa portò alla sua ripartizione in varie componenti i cui nomi sono a noi più noti: Agfa, BASF, Bayer, mentra un’altra parte è oggi diventata, tramite varie vicissitudini la Aventis. L’ultimo esempio che voglio fare è quello che ha riguardato un sardo, Cosimo Orrù, medaglia d’oro della resistenza, morto in campo di concentramento nazista, al quale quest’anno il suo Comune, San Vero Milis, ha voluto dedicare una lapide di ricordo; frutto del lavoro per la Giornata della Memoria, che il Centro di documentazione comunale a lui dedicato sta portando avanti da dodici anni non solo in campo divulgativo ma anche nell’importante percorso di ricostruzione degli avvenimenti. Cosimo Orrù, magistrato, azionista e membro del CNL, dopo il suo internamento nel 1944 a Flossemburg viene trasferito a Litomerice, dove morirà nel 1945, poco prima della liberazione. Cosa fu mandato a fare in quest’altro campo? A lavorare nelle fabbriche della Auto Union, per la produzione di motori, in particolare quelli dei carri armati. Ma chi era la Auto Union? Era una fabbrica di famose auto da competizione; i più vecchi di noi ricorderanno sicuramente Tazio Nuvolari, grande pilota che nel 1938 vinse un Gran Premio su una di queste auto. Durante la guerra svolse il suo ruolo di industria meccanica per il regime. Cosimo Orrù morì in questo sistema schiavistico, producendo motori. Chi è l’Auto Union? Oggi più modestamente si chiama Audi. Tutte queste imprese avranno fatto i conti con quel passato? In questo sistema di sterminio organizzato secondo i puri principi capitalistici il materiale umano era composto da ebrei, omosessuali, zingari, testimoni di Geova, pentecostali, politici, disabili, popolazioni inferiori. Un elenco impressionante anche perché sono ancora oggi costantemente oggetto di aggressione mediatica, fisica e soprattutto vittime del senso comune. In tempi di riduzione dei diritti dei lavoratori e delle minoranze può servire da campanello d’allarme; ricordiamoci che gli inizi sono sempre banali ed è sulla banalità che si costruiscono i sistemi di sfruttamento; quando diventa “normale” ridurre i diritti, sarà normale abolirli man mano che la produzione necessita di crescere.
Tutto sommato credo che la Giornata della Memoria faccia ancora il suo mestiere.

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