Le priorità per una Syriza italiana

1 Luglio 2014
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Marco Ligas

Le profonde trasformazioni che nel corso di questi anni hanno alterato l’intero sistema politico e sociale del nostro paese non sono state irrilevanti: in realtà sono cambiate profondamente e in peggio le condizioni di vita, i valori, i comportamenti e le aspettative di tanti cittadini.
Quel che colpisce è che questo processo involutivo non sembra concluso. Le scelte attuali delle diverse formazioni politiche non indicano alcuna inversione di tendenza, anzi preoccupano perché accentuano i poteri dell’esecutivo. Non è casuale che la Consulta dichiari incostituzionali le leggi elettorali attraverso le quali eleggiamo deputati e senatori e, come se niente fosse, lo stesso Parlamento dichiarato illegittimo si appresta ad approvare, attraverso una maggioranza non definita formalmente, nuove leggi che non solo non correggono le precedenti ma le peggiorano.
Purtroppo queste iniziative lasciano prevedere nuovi tentativi finalizzati alla trasformazione del nostro paese in una Repubblica presidenziale.
Paradossalmente in questo disegno un ruolo determinante viene svolto ancora da chi, sin dagli anni “90, si è impegnato nella realizzazione del progetto della P2. Non sono pochi i protagonisti di questa iniziativa, si sa come non sia possibile perfezionare un’operazione così complessa senza il sostegno di chi controlla ampi settori del potere.
E non è un caso che oggi diversi soggetti cerchino in modo esplicito un ruolo da primi attori nel tentativo di sconfiggere, possibilmente in via definitiva, i difensori della democrazia e delle sue istituzioni.
Se qualcuno avesse dubbi su questo progetto autoritario ha l’opportunità di ricredersi analizzando il ruolo sempre più marginale che viene riservato al mondo del lavoro. Il diritto ad un’occupazione e il rispetto dei diritti di chi lavora non rappresentano più un aspetto fondante della nostra Costituzione ma progressivamente sono diventati un optional; le stesse organizzazioni sindacali attraversano una grave crisi, si ha l’impressione di rivivere le esperienze più difficili paragonabili a quelle legate agli anni ”50 e “80.
È ragionevole ipotizzare una fuoriuscita da questa situazione invertendo la tendenza che fa pagare la crisi agli strati sociali più deboli? Non è facile dare una risposta positiva a questo interrogativo, è però opportuno investire impegno e intelligenze per provarci.
Se esaminiamo le scelte delle formazioni politiche, soprattutto quelle che si ritengono di centro sinistra, non possiamo non registrare pesanti contraccolpi al loro interno, e ciò rende più difficile quel lavoro di ricostruzione di una formazione che sia legata ai principi della democrazia e ai diritti del lavoro.
Fra le formazioni politiche (di centro sinistra) quella che oggi sta subendo le maggiori conseguenze della crisi è senz’altro Sel che aveva scommesso sulla sua ispirazione di sinistra. Ed è curioso, forse anche paradossale, che questo processo avvenga proprio in seguito alla definitiva trasformazione che Renzi ha provocato nel Pd.
Non voglio affrontare adesso questo tema (spostamento a destra del Pd/crisi di Sel), potremmo fare successivamente questa riflessione. Quel che mi sembra importante sottolineare è che nel nostro sistema politico possa aprirsi un varco (uso la prudenza e non parlo di voragine come fa Marco Revelli) che attende di essere riempito dalla formazione «L’Altra Europa con Tsipras».
Continuo ad essere convinto dell’ipotesi secondo la quale l’area legata ai valori della sinistra abbia nel nostro paese una base più ampia di quanto non dica il 4% raggiunto nelle ultime elezioni europee dalla lista Tsipras.
Questa supposizione e il dato del 4% raggiunto alle elezioni europee lasciano ben sperare perché si possa arrivare in tempi relativamente brevi alla costruzione di una sinistra (e perché no anche di soggetto politico) che sia in grado di affrontare i problemi vecchi e nuovi del nostro paese.
Nel lavorare per questo progetto dovremmo escludere da subito la proposta di sommatoria tra le formazioni della vecchia sinistra. Abbiamo già verificato come queste soluzioni non sono le più idonee, sinora hanno alimentato nuove scissioni anziché aggregazioni.
Dovremmo prestare maggiore attenzione ai processi di unificazione, rispettosi delle differenti identità e delle diverse storie delle persone che intendono percorrere questa strada.
Ma soprattutto dovremmo soffermarci con maggiore attenzione, come si usa dire, sulle cose da fare, sui programmi senza perdere mai di vista le realtà dove operiamo.
Non mi soffermo sui singoli temi ma in Sardegna le questioni sono molteplici: dall’energia alla presenza delle servitù militari, dall’uso del territorio sempre esposto alle speculazioni alla tutela dei beni comuni per non parlare e riparlare del lavoro che manca. Proviamoci e diamo la priorità a questi obiettivi.

1 Commento a “Le priorità per una Syriza italiana”

  1. Graziano Pintori scrive:

    Marco fa bene a tenere vivo il proposito di costruire una sinistra sulla scia della lista Tsipras.Condivido e vorrei impegnarmi su questa possibile prospettiva in antitesi alla democristianizzazione del sistema e dei metodi politici in atto.Per costruire un nuovo soggetto politico di sinistra, a mio parere, sono necessari compagni che ritengono chiusa l’esperienza con il centrosinistra e/o con il centro-sinistra. Questi modelli hanno dimostrato il loro fallimento, sono ormai fuori dal tempo, sono incomprensibili, incongruenti, anacronistici rispetto ai modi e ai metodi correnti nella politica nazionale e europea.SEL ne è la l’irripetibile dimostrazione. I temi che Marco ricorda in chiusura del suo intervento potrebbero costituire i punti di partenza da cui muovere i nuovi passi, fermo restando che non dobbiamo dimenticare che quelle questioni sono il risultato della politica voluta,progettata e imposta dalle coalizioni in cui molti di noi (ex PRC, SEL ecc. ) sono stati organicamente dei protagonisti. Ricordare questo non significa, nel modo più assoluto, fare discriminazioni su chiunque abbia vissuto certe esperienze, me compreso, ma serve per evitare il ritorno nel grande ventre delle coalizioni in cui centrosinistra e centro-sinistra non hanno più significato; tanto è che agli occhi di chi subisce gli effetti devastanti della politica economica e sociale del PD di Renzi e/o di chi l’ha preceduto non fa nessuna distinzione.La lista Tsipras è oltre.

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