L’indifferenza

16 Febbraio 2015
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Marco Ligas

Cambiano i nomi delle operazioni di soccorso per i migranti ma non cambiano i risultati. L’ultima tragedia del mare avvenuta al largo di Lampedusa ha ribadito l’inadeguatezza di queste operazioni. Si chiamino Mare Nostrum o Triton non migliora la sorte di chi scappa dal proprio paese oppresso dalle guerre e dalla fame.
È da anni che diverse Associazioni del volontariato (da Amnesty International a Emergency, dalla Caritas alla Fondazione Migrantes) chiedono al governo italiano e all’Unione Europea una politica responsabile sull’immigrazione, ma le risposte che vengono date sono sempre le stesse, caratterizzate dalla demagogia, dalle promesse non mantenute, dal disimpegno.
Si dice che i costi per affrontare efficacemente questo fenomeno sono rilevanti, e così questa diventa una buona attenuante perché ciascun paese scarichi sugli altri le proprie inadempienze. Naturalmente di costi elevati non si parla quando si sostengono le spese per la fabbricazione di armi usate poi dai paesi amici che conducono le guerre umanitarie. Per le stesse ragioni non si parla delle speculazioni e dei profitti derivanti dalle attività produttive legate al materiale bellico, continuamente in crescita e sempre più devastante.
La vita dei migranti è considerata meno importante, e poi perché subire nei nostri paesi la loro presenza ingombrante?
Così si fa ben poco per contrastare e colpire le attività criminali di coloro che organizzano la loro fuga su imbarcazioni malandate e del tutto inadeguate ad affrontare i pericoli della navigazione nel Mediterraneo. Eppure anche su queste attività non mancano le informazioni su chi programma le fughe il cui esito è ampiamente prevedibile.
L’incuria delle istituzioni è tale che non vengono neppure programmati quei percorsi, sia per mare che per terra, che potrebbero consentire ai migranti l’arrivo in Europa evitando ulteriori perdite di vite umane. Né tanto meno vengono consolidate le operazioni di ricerca e di soccorso in mare, anche quando vengono segnalate da qualche peschereccio.
Il buon senso e la responsabilità di chi governa imporrebbero come priorità assoluta la tutela del diritto alla vita delle persone; ma per far ciò sarebbe necessario affrontare il fenomeno dei flussi migratori in modo assai più responsabile e partecipato, non come un accessorio che può essere accantonato quando prevalgono altre esigenze.
Siamo in grado di praticare questi comportamenti?
Purtroppo, se valutiamo i contegni delle forze politiche, la risposta è negativa. E non è necessario approfondire questo aspetto talmente eloquenti sono i fatti.
Ma l’apatia e l’indifferenza verso le condizioni di vita di milioni di persone non riguardano soltanto le istituzioni e le forze politiche che le hanno invase, hanno coinvolto progressivamente anche le singole persone. E non è sbagliato sostenere che l’indifferenza per quel succede attorno a noi si diffonde inesorabilmente.
Mi viene in mente una frase famosa di Martin Luther King: “La nostra vita comincia a finire il giorno che diventiamo silenziosi sulle cose che contano.”
È questo il tratto caratteristico della nostra epoca? Se è così non accettiamolo, contrastiamolo con determinazione e cerchiamo di diventare protagonisti del cambiamento al di fuori di qualsiasi calcolo personale.

Nell’immagine: archivio disegni napolimonitor.

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