Lo spopolamento della Sardegna

1 Marzo 2015
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Gianfranca Fois

Si discute in questi giorni, in seguito ad alcuni provvedimenti di riordino scolastico della nostra regione, su pluriclassi o chiusura di istituti scolastici.
E’ una discussione che presa di per se stessa mi sembra sterile e parziale se non si affronta seriamente il problema dello spopolamento dei paesi della Sardegna, in particolar modo di quelli delle zone interne, e su come intervenire.
Sono numerosi i motivi della rottura di quell’equilibrio tra uomo e territorio che per secoli ha caratterizzato la nostra regione, così come il resto d’Italia, sarebbe lungo e complesso affrontarne le molteplici cause. Mi limiterò perciò a individuare i motivi a noi più vicini.
Anzitutto un distorto sviluppo ha privilegiato le zone costiere a discapito di quelle interne. Nel tentativo di raggiungere a qualunque prezzo il massimo profitto, come vuole imporci una visione capitalista e neoliberista della società, si è individuata proprio nelle zone costiere, ricche di paesaggi bellissimi e facilmente vendibili a un’élite disposta a pagare l’esclusività dei luoghi, questa possibilità con conseguenti spostamenti di investimenti, interessi e attività varie. In un secondo momento c’è stata, sempre sulle coste, una sfrenata costruzione di seconde case, spesso in orribili e finti villaggi, per la media e piccola borghesia. Il risultato è che in Sardegna abbiamo migliaia di case invendute o non abitate per 9 mesi all’anno.
L’abbandono dei paesi e delle aree montane e rurali dell’interno è determinato anche dall’allontanamento dei giovani, soprattutto laureati e diplomati, cioè quelli su cui la comunità ha maggiormente investito, che per mancanza di opportunità abbandonano non solo i propri paesi ma spesso la Sardegna emigrando verso il resto del mondo.
E’ uno spopolamento che nel giro di pochi decenni potrebbe portare alla scomparsa di numerosi paesi sardi, alla desolazione e degrado di grandi estensioni di territorio. Le conseguenze sarebbero devastanti non solo per il territorio interessato ma per tutta l’economia e la qualità della vita dei cittadini sardi.
Le conseguenze di questi squilibri territoriali le stiamo già vedendo: miseria diffusa, sofferenza mentale in aumento, diffusione delle tossicodipendenze e dell’alcolismo, invecchiamento della popolazione, paesi che vedono chiudere i luoghi simbolici dello stato: scuole, uffici postali, fermate dei pullman e quindi un isolamento grave per una popolazione per lo più anziana e frequentemente priva di strumenti che la colleghino col mondo sia fisicamente che mentalmente.
Perciò il problema non è tanto pluriclassi si pluriclassi no quanto piuttosto riuscire a vedere il problema inserito in una visione più ampia e articolata che blocchi lo spopolamento, che non condanni all’isolamento e alla disperazione migliaia di persone ma valorizzi le risorse locali, tutte e sono numerose, a partire dal paesaggio ai terreni e ai boschi, dall’acqua al clima, dai monumenti ai mestieri, alle case e alla cultura. Una valorizzazione che tenga presente e coniughi saperi tradizionali e memoria della nostra civiltà con intelligenza, creatività, competenza, scoperte scientifiche e tecnologia che molte persone in Sardegna, soprattutto giovani, possiedono.
Contemporaneamente guardiamo ad altre parti del mondo dove esistono progetti di vario respiro per ripopolamento, per agricolture nuove ma non di rapina, sono idee che si possono sviluppare anche da noi, adattandole alle nostre peculiarità. Penso alle iniziative di diversi paesi della Francia, al crowdfundig di Barnraiser studiato negli USA per il finanziamento dal basso di progetti legati alla creazione di cibo di qualità e agricoltura ecosostenibile, al ripopolamento di paesi del Meridione d’Italia o di altre parti del mondo grazie alla presenza di immigrati che hanno ripreso antichi mestieri ridando così vita a comunità profondamente in crisi. Insieme cercano di superare pregiudizi, diffidenze e paura, un processo di inclusione che, nel rispetto dell’identità di ognuno, crei un ricco e fecondo scambio culturale.
Si tratta di iniziative che per avere successo necessitano del coinvolgimento delle popolazioni e anche naturalmente della pratica della solidarietà, parola che spesso è stata assente in Sardegna e è assente nel vocabolario politico attuale.
E’ solo quindi in un contesto e in una programmazione più ampia che si può trovare la soluzione del problema perché non può esistere una soluzione che veda gli stessi paesi privati contemporaneamente della scuola, dell’ufficio postale, della fermata del bus e della stazione dei carabinieri. Bisognerebbe quindi intervenire per decentrare nel territorio le diverse istituzioni in modo che nessun paese ne rimanga completamente privo.
Sicuramente esistono anche paesi isolati, mal collegati con gli altri, per questi bisognerebbe trovare altre possibilità, grazie alle nuove tecnologie ad esempio si potrebbero tenere lezioni a distanza come avviene per gli scolari di isole lontane dalla terraferma, prevedendo comunque, ogni tanto, possibilità di incontro fisico fra i bambini.
Insomma occasioni di lavoro e di intervento ce ne sarebbero tante, senza progetti faraonici che in genere non portano a niente, senza aiuti finanziari che, abbiamo sperimentato, servono a saccheggiare i soldi pubblici, ma con erogazione di servizi, interventi mirati, opera di mediazione e con un monitoraggio continuo e preciso dei progetti. Essenziale rimane comunque il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in particolar modo i cittadini.
Intanto però non sembrano esserci all’orizzonte interventi concreti né progetti alternativi di sviluppo che possano avere ricadute reali e misurabili sulle condizioni di vita della popolazione sarda.

2 Commenti a “Lo spopolamento della Sardegna”

  1. in giro con la lampada di aladin… | Aladin Pensiero scrive:

    […] Lo spopolamento della Sardegna di Gianfranca Fois sul manifesto sardo […]

  2. tonino frogheri scrive:

    a proposito di spopolamento e politiche serie x bloccarlo e invertire la tendenza apparentemente inarrestabile. ki può realmente invertire questo processo? solo le conseguenti scelte politiche. esempio concreto e ripetibile.
    sydney…….abitanti 4.119.190….non è la capitale dell’Australia…..
    melbourne…abitanti 3.592.591……non è la capitale
    brisbane……abitanti 1.763.131……non è la capitale……
    adelaide….abitanti 1.105.188……..non è la capitale

    CANBERRA…abitanti 336.400 è la capitale dell’immensa AUSTRALIA,tale scelta è stata volutamente fatta x indurre la crescita di Canberra ed evitare lo strapopolamento delle altre città.

    Provate ad immaginare NUORO capitale della Sardegna,con palazzo regionale e vari assessorati e un po di fibra ottica……..a Cagliari resterebbe soltanto il porto,il porto canale,l’aereoporto ,la capitaneria,l’istituenda nuova città metropolitana mentre spariranno tutte le altre provincie…ecc ecc …………..servirebbe altra classe politica locale………quindi è solo fantascienza il resto è aspirinetta………..

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