Lupi perde il pelo ma non il vizio

1 Ottobre 2008

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Marcello Madau

La lunga battaglia su Tuvixeddu, come abbiamo più volte sottolineato, non è solo archeologica: essa, pur basata sulla straordinaria necropoli punica, assume una più ampia dimensione spaziale e concettuale riconducibile alla definizione di paesaggio culturale, come riconosciuta e normata nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e definita dalla Convenzione europea del paesaggio approvata nel 2000 a Firenze. Ma Tuvixeddu è anche e soprattutto una grande questione urbanistica, ed in Sardegna, in questa fase, credo sia la madre di tutte le battaglie. La situazione nazionale, purtroppo, non autorizza molti ottimismi e offre piuttosto elementi di forte preoccupazione.
Non è indifferente al destino del sistema dei beni culturali e paesaggistici la definizione di ambiti e competenze delle norme urbanistiche: il Partito delle Libertà (mai nome fu più beffardo, per la dimensione neo-fascista del suo concetto di Stato e di società) ripresenta in questa legislatura il disegno di legge Lupi, contro il quale ci fu fra il 2005 ed il 2006 una levata di scudi e una mobilitazione di urbanisti, architetti, uomini di cultura di varia professione e militanza capeggiata proprio da Eddyburg. Chi si interroga sulle cause e le radici della sconfitta della sinistra, non trascuri di riflettere sull’esemplare percorso bipartisan del disegno di legge.
Esso prevede, molto in sintesi (ma rimandiamo anche noi, come ‘Carta’, alla vasta documentazione raccolta da Eddyburg), che l’organizzazione dello spazio debba essere volta per volta definita, territorio per territorio, mediante processi di pianificazione negoziata con i soggetti privati, con ovvio prevalente ruolo dei grossi gruppi immobiliari. Insomma, la fine della pianificazione urbanistica pubblica, la sconfitta della priorità di indirizzi e norme di tutela generali alle quali in ogni caso riferirsi. Il modello ‘accordo di programma’, i cui frutti avvelenati si stanno percependo proprio con Tuvixeddu, ha già avuto modo di mostrare la sua carica eversiva rispetto alle norme nazionali di tutela pianificata del territorio. Voglio ricordare che ciò emerse in Sardegna, in maniera esemplare, ai tempi della grande battaglia del Master Plan Costa Smeralda. E anche allora, nella compagine di centro-sinistra guidata da Federico Palomba, lo stesso fronte progressista aveva al suo interno elementi (legati in particolare al Partito Socialista, ex-dc e anche lobbies politiche ed economiche di area PDS) che, attraverso il grimaldello dell’accordo di programma, cercavano di aggirare le norme di tutela, allora 300 metri, dei paesaggi costieri.
Oggi quando parliamo del caso di Tuvixeddu non dobbiamo evitare di inquadrarlo nel contesto in atto, nel tentativo che esso rappresenta di portare a norma l’eccezione e di portare ad eccezione le norme di tutela. Tuvixeddu e il suo accordo di programma rappresentano l’idea che la pianficazione urbanistica debba essere ‘composta’ attraverso la concertazione con i poteri forti dell’edilizia, ben occultati da disinvolte mediazioni linguistiche come sussidiarietà, partecipazione, governance.
Preoccupa del disegno di Legge Lupi non solo la sua sostanza, ma anche la trasversalità delle forze che in vario modo rappresentano la speculazione e la loro prevalenza rispetto al territorio come bene comune, fatto che emerge nella scomposizione degli schieramenti di centro-sinistra rispetto al Piano Paesaggistico Regionale.
Preoccupa la sussunzione ad atti di interesse particolare e locale dei processi di individuazione dei beni culturali e ambientali del territorio, e la loro possibile subordinazione a pianificazioni urbanistiche parcellizzate. A ciò si aggiunga, come moltiplicatore di rischio per l’immenso patrimonio sardo, l’ormai definita riduzione a soprintendenza unica degli uffici periferici della Sardegna, con magistrale continuità fra Rutelli e Bondi. Riappare, come un vizio non curabile, la norma del silenzio-assenso, già tentata nei vincoli ed ora riproposta in modo sostanzialmente identico per la concessione dei permessi edificatori.
Se le città attendono l’assalto, non di meno il territorio rurale sardo, dove si concentra la più grande e densa rete di beni culturali e ambientali italiana e forse del mondo, corre un rischio mortale.

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