Magliari in Regione

16 Novembre 2013
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Marco Ligas

Ricordo che nell’immediato dopoguerra, ancora negli anni cinquanta, spesso capitavano nelle nostre case dei venditori di tessuti, venivano chiamati magliari. La merce che vendevano era scadente però, anche grazie ad una discreta loquacità, la presentavano di ottima qualità. Acquistatela, dicevano alle persone che trovavano nelle case, è molto conveniente e potete averla a un prezzo irrisorio, è quasi regalata. Non perdete l’occasione. … E così andava avanti la trattativa che il più delle volte si chiudeva con un nulla di fatto.
Perché questo riferimento legato ai ricordi della mia infanzia?
Perché riflettendo su ciò che succede oggi in Regione, soprattutto sull’operato del Governatore Cappellacci, non posso fare a meno di trovare delle analogie con le attività dei magliari: l’ispirazione era/è comune, cioè convincere gli interlocutori anche con l’inganno. Qualche esempio.
La Giunta regionale ha adottato recentemente un nuovo Piano paesaggistico usando lo stile che le è consueto, presentandolo come un’occasione eccellente perché la Sardegna possa risolvere i problemi dell’occupazione e dello sviluppo; questi due obiettivi rappresentano ormai un tandem inseparabile: chiunque decida di realizzare le speculazioni più indecenti parla di riforme, sviluppo e occupazione.
Cappellacci non si sottrae a questa moda, per un verso parla di tutela e valorizzazione dell’identità paesaggistica dell’isola e immediatamente dopo indica e assume nel nuovo Piano paesaggistico le strutture residenziali previste nelle leggi regionali degli ultimi anni, quelle sul Piano casa e sul golf, approvate durante la sua presidenza.
Il riferimento alla legge sul golf è ricorrente nei suoi progetti, non si capisce se il golf sia l’attività sportiva da lui preferita o quella che gli consente di consolidare i rapporti clientelari con i costruttori degli impianti: chissà forse entrambe le cose anche perché le elezioni si avvicinano e il sostegno di chi è impegnato nell’edilizia è sempre utile, mai sottovalutare l’opportunità di un voto di scambio.
Ma Cappellacci sbaglia nelle sue decisioni unilaterali; lo stesso Ministero per i beni culturali è già pronto ad impugnare il nuovo Piano perché prevede un incremento notevole di nuove costruzioni e non tutela affatto né valorizza, come lui sostiene, l’identità paesaggistica dell’isola.
C’è inoltre un aspetto procedurale che il governatore ha sottovalutato forse perché, seguendo l’esempio del suo leader, ritiene che chi vince le elezioni non abbia il dovere di rispettare le leggi. L’irregolarità del Piano della giunta riguarda la mancata pianificazione congiunta tra ministero e regione. Cappellacci non si preoccupa di queste irregolarità, anzi in queste occasioni scopre una vocazione indipendentista: vuole fare da solo senza i vincoli dello Stato!
Un altro esempio, anch’esso propagandistico: riguarda la rivendicazione della zona franca fiscale e doganale integrale che però impone la modifica del nuovo codice comunitario. Cappellacci, anche stavolta, non spiega come superare le difficoltà che l’Unione Europea porrebbe sull’estensione delle zone franche e come lo stesso governo italiano, ammesso che voglia farlo, potrebbe svolgere un ruolo teso al superamento delle attuali barriere.
Non dice niente di tutto ciò rendendo sempre più evidente come, con queste trovate, intenda portare avanti la sua campagna elettorale nel tentativo di convincere gli elettori, anche con l’inganno come facevano i magliari, della bontà delle sue proposte.
Nel carniere introduce molti obiettivi, non costa niente poi attribuire ad altri, istituzioni o avversari politici, le responsabilità per il loro mancato raggiungimento.
Nella campagna elettorale del governatore non potevano mancare i riferimenti sulla moralità. Le vicende ultime sull’uso dei finanziamenti pubblici ai gruppi consiliari gli hanno offerto l’occasione per intervenire anche su questo tema, e naturalmente era d’obbligo il disappunto per le truffe che sono emerse e che hanno portato all’arresto di alcuni consiglieri regionali del suo gruppo.
Peccato che gli interventi sulla moralità appaiano poco credibili: proprio in questi giorni si è avuta notizia che l’attività estrattiva nella miniera aurifera(!) di Furtei sia cessata da cinque anni e che in questo intervallo di tempo non siano stati realizzati gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale. Eppure la Regione sarda ha una partecipazione del 10% nella società concessionaria, perciò poteva far valere la sua autorità. Ma così non è stato. Non va sottovalutato che l’attuale governatore per alcuni anni è stato direttore della società titolare delle concessioni minerarie a Furtei. Sarà per questo che la Regione Sardegna non ha mostrato la diligenza necessaria per imporre alla società concessionaria i lavori per la bonifica ambientale?
Che dire. Non sarà il caso di rivalutare i magliari?

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